ROMA - Il leader di Al Qaida Osama bin Laden sta preparando un nuovo attacco contro gli Stati Uniti, che sarà "molto più grande dell'operazione dell'11 settembre" 2001 e che ha lo scopo di "cambiare il volto del mondo politicamente ed economicamente". E' quanto scrive oggi, in una corrispondenza dalla capitale yemenita Sanaa, il quotidiano in lingua araba Al Quds al Arabi - pubblicato a Londra - che ne riferisce nel suo sito online citando una "fonte vicina alla leadership di Al Qaida nello Yemen".
TEHERAN - Barack Obama segue le orme di George W. Bush, e quindi si sta incamminando su "una strada sbagliata". Le dure parole pronunciate oggi dal presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, sembrano già rendere molto più difficile una distensione con gli Usa, alla quale aveva fatto pensare giovedì un messaggio di congratulazioni senza precedenti del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad al presidente eletto statunitense. Ieri Obama, nella sua prima conferenza stampa dopo la vittoria elettorale, ha detto di ritenere "inaccettabile" che l'Iran possa dotarsi di armi nucleari, così come il suo "sostegno" a "organizzazioni terroristiche" che, ha affermato, "deve cessare". Il presidente eletto, ha detto Larijani, citato dall'agenzia ufficiale Irna, ha "ripetuto le affermazioni quotidiane dell'attuale amministrazione e ciò significa indirizzarsi sulla strada sbagliata del passato". A gettare benzina sul fuoco ci pensano oggi anche i principali quotidiani conservatori di Teheran, che accusano Obama di avere scelto come suoi principali collaboratori in maggioranza "sostenitori di Israele". Il giornale Jomhuri Eslami se la prende soprattutto con il nuovo capo di gabinetto, Rahm Emanuel, titolando: "Luce verde di Obama al regime sionista con la nomina di un ebreo a capo del suo staff". Keyhan, voce gemella nel campo ultraconservatore, dice che "la maggior parte degli uomini di Obama sono filo-israeliani". E, a proposito di Emanuel, afferma che suo padre era "uno dei dirigenti dell'organizzazione terrorista sionista Irgun". Quella a cui apparteneva anche il defunto primo ministro israeliano Menachem Begin, attiva ai tempi del mandato britannico sulla Palestina. Il presidente del Parlamento iraniano ha avvertito Obama che il 'cambiamento', su cui il presidente americano eletto ha basato gli slogan della sua campagna, "non significa solo un cambiamento di colore o superficiale". "Se gli americani vogliono cambiare la loro situazione nella regione - ha affermato Larijani - devono mandare i giusti segnali ai popoli di quest'area del mondo". Due giorni fa Ahmadinejad, con una iniziativa insolita vista l'assenza di relazioni diplomatiche tra Iran e Usa da quasi 30 anni, aveva mandato un messaggio di congratulazioni a Obama, nel quale però gli chiedeva un cambiamento di linea rispetto all'amministrazione Bush. Nella conferenza stampa di ieri il presidente americano eletto ha detto che il messaggio sarà attentatamente analizzato e che sarà inviata a Teheran "una risposta appropriata". Obama, che alcuni mesi fa aveva accennato alla sua volontà di avviare un dialogo diretto con l'Iran e che per questo era stato accusato di "ingenuità" dal candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain, ha successivamente corretto il tiro, dicendosi favorevole all'adozione di sanzioni internazionali più severe contro Teheran e rifiutandosi di escludere a priori un'azione militare. Ma senza negare la possibilità di trattative dirette con la Repubblica islamica.