La mente che si apre ad una nuova idea non torna
mai alla dimensione precedente. - Albert Einstein.
Il silenzio totale è la perfezione. Il silenzio è necessario al suono per esistere, ed è come un’immensa tela aurea sulla quale dipinge il pennello armonico del nostro mondo tridimensionale. I suoni che conosciamo vengono prodotti da molti elementi presenti in natura - le onde sulla spiaggia, il vento tra gli alberi, le lamine che vibrano insieme all’interno delle canne della cornamusa, una batteria e la sua bacchetta, il pizzicare delle corde di una chitarra e così via.
Un detto Zen domanda: “Qual’è il suono prodotto dal battito di una sola mano?” Nella tradizione sanscrita questo suono è conosciuto come Anahata Nada, che significa “Il Suono non Prodotto” o il “Non Suono”. Questo concetto ovviamente intende un suono non prodotto in nessuno dei modi che ho citato poc’anzi, e che nelle tradizioni sanscrite esso è descritto come il Suono dell’Universo, il suono dell’Energia Primordiale.
Una antica tradizione afferma che il suono che più di tutti rispecchia il “non suono” è il suono dell’AUM (OM), che secondo i Veda, è la parola più sacra di tutte emanata direttamente dall’Universo, mentre secondo gli Indù si tratta di un mantra di incalcolabile potenza spirituale. Ma l’AUM non è di per se la definizione de “il suono non prodotto”, ma è il suono che conduce all’Anahata Nada. Infatti questo potentissimo mantra è composto da quattro elementi: A, U, e M, mentre il quarto elemento è il silenzio che si frappone tra l’inizio e la fine di ogni suono udibile. Perciò l’obbiettivo vero di intonare l’AUM non è la recitazione del mantra in se, ma l’esperienza di percepire quel “suono non prodotto”, il silenzio. Il medesimo principio si rispecchia quando andiamo alla ricerca di quello spazio che “sostiene” l’Universo e le sue galassie: il “vuoto” (o il non-essere) è necessario per l’esistenza di tutto ciò che vediamo e che non vediamo.
Nella tradizione sanscrita tutto ciò che viene visto e non visto, udito e non udito, odorato o non odorato, assaggiato o non assaggiato, sono manifestazioni di pura energia. Questa energia è il contenitore di tutte le cose, ed è l’apparente sorgente elusiva alla quale è stato dato molti nomi, tra i quali Dio, l’Io, Brahman o Natura Divina. E poi ancora, l’Assoluto, la Realtà Suprema, la Realtà Ultima, la Verità, e l’Io della filosofia Vedanta.
La nostra interfaccia con il mondo materiale, si manifesta attraverso i nostri sensi e il risultato della loro intepretazione, per mezzo dei processi cognitivi intrapresi dalla nostra mente. Ad un livello più concreto, noi tendiamo a vedere le cose prettamente nella loro forma materiale, e non come energia manifesta in molti differenti modi. Categorizziamo le forme del creato con delle etichette, nominando questa forma come una Roccia, quell’altra come una Rosa, un’altra come acqua e un’altra ancora come Essere Umano o un Animale. Un’altra di queste forme di cui siamo in cerca, è ciò che abbiamo etichettato come AMORE.
“Un’erbaccia è un fiore che non è mai stato amato”
Esistono oltre cinquanta definizioni della parola “amore” in un qualsiasi vocabolario, ma nessuna di esse accosta il suo significato a “Dio”. Definendo l’amore in molti modi differenti, noi definiamo la nostra percezione di ciò che consideriamo come “amore”, ma se invece fossimo noi stessi a divenire quell’amore, tutte le apprenti differenze proposte dal “catalogo” percettivo dell’Universo svanirebbero nel nulla, e cominceremmo così a vedere le cose come realmente sono. Mentre la classificazione delle cose appare essere utile per la loro rispettiva identificazione e collocazione in uno spazio fisico, all’interno di un mondo tridimensionale creato da una Mente Intelligente, questa però è anche la maggiore barriera all’identificazione di noi stessi con tutte le cose del creato che provengono dalla stessa Sorgente, e ciò include i nostri veicoli biologici. Siamo sempre stati parte di questa Sorgente ed è solamente la manifestazione della nostra forma attuale agganciata all’interferenza delle nostre menti, che porta all’illusione che ogniuno di noi sia una persona “separata” dal resto di noi.
Non ho redatto questo essay per suggerire un cammino di base sanscrito, poiché un cammino implicherebbe di per se una “distanza”, e la distanza ci separa dalla nostra destinazione: l’Io, Dio, Brahaman. Intraprendere un cammino religioso, finisce per trasformarci in una di quelle persone intente a fare ginnastica sopra una pedana mobile - uno può camminare in eterno e mai raggiungere la destinazione desiderata.
Dalle Api preziosi suggerimenti “acustici”
Proprio in questo periodo, mentre sto andando avanti con le mie personali ricerche sulla fisica del suono e le sue possibili applicazioni pratiche in natura, mi è stato suggerito dall’amico e collega Roger Gould-King, di osservare in un documentario del National Geografic un fenomeno naturale assolutamente interessante, anche se a dire il vero la cosa più eccitante l’avrei scoperta soltanto qualche ora più tardi. Il documentario trattava nello specifico di come le api riescono a prelevare i granuli di polline dal fiore, che di solito in molte specie sono incastrati come chicchi di riso in un minuscolo fuscello. Se visto con occhio clinico ed interessato, la danza che ne scaturisce è qualcosa di assolutamente affascinante. L’ape si posa delicatamente sul petalo in prossimità del centro del fiore, e per mezzo di una specifica vibrazione delle ali ne trasferisce il relativo moto meccanico sull’intera superficie. Inizialmente pensai trattarsi di un semplice fenomeno di risonanza meccanica, ma chiedendo informazioni più dettagliate circa questo argomento, il fenomeno della risonanza non dipende solo dalla superficie ma anche dalla densità. Mi è stato suggerito perciò della difficoltà della propagazione di questo transfer meccanico su un fiore, per via della densità degli atomi di cui è composto (in prevalenza di acqua). In realtà il suono stesso emesso dall’ape, avrebbe più che altro la capacità di eccitare lo stato vibrazionale e rotazionale della molecola, perciò in questo caso non si tratterebbe di risonanza, ma di assorbimento del moto vibrazionale. Quando l’ape incomincia questo “concerto”, è possibile udire molto chiaramente un “cambio di tono”, assai differente da quello emesso durante la comune fase di volo. Un vero e proprio aumento della frequenza del battito delle ali, che genera quel tipico “bzzz”, ma leggermente più elevato e più “brillante”.
Assolutamente estasiato da questo processo, del resto come lo sono da tutto ciò riguarda la fisica del suono, non ho perso tempo a fare immediatamente un test. Dopo aver registrato il documentario a qualità piena, che riproponeva più e più volte durante l’arco del programma il suono enormemente amplificato emesso dalla piccola ape, ho immediatamente campionato l’onda sonora ed ho testato lo spettro di una fondamentale che emergeva da quel bzzz … indovinate un pò quale picco di frequenza armonica ne è emerso? Un bellissimo LA=432 Hz, lindo lindo come Dio l’ha fatto. Ma che bella coincidenza, ho pensato! Con questo però, non voglio assolutamente suggerire che le api al momento di prelevare il polline, emettano tutte questo tipo di frequenza, io ho eseguito il test solo su quell’ape che agiva su quel tipo di fiore, anche se più volte ripresa in tempi diversi durante tutto l’arco del documentario, e tutte le volte il risultato resta il medesimo. Chiaramente la sincronicità di questo evento, che mi riguarda molto da vicino, credo meriti un indagine ancora più approfondita.
in via del tutto speculativa, trovando corrispondenze di questa frequenza sonora in miriadi di altre cose presenti in natura, e non solo, potrei quasi arrivare ad affermare, per ipotesi che la 256 Hz (DO) e la 432 Hz (LA) possano davvero avere una diretta correlazione armonica con l’atomo dell’idrogeno, come è stato suggerito da Ananda Bosman, ma affronteremo l’argomento nel dettaglio più avanti.
432 Hz, I Plessi Energetici orientali e la Proporzione Aurea.
Tutto il sistema chiamato “vita” è formato da una catena spinta ad auto-bilanciarsi per convivere in sinergia, e continua a farlo tutt’ora, nonostante la politica di decimazione dell’ambiente intrapresa dall’uomo. Questo clima di interdipendenza fra le specie, è l’unico medium di rilievo davvero capace di sugellare sin dalle fondamenta l’armonia tra il piano fisico e quello spirituale, di ogni forma di vita dipendente l’una dall’altra. L’eradicazione delle specie genera un danno irreparabile che la natura cerca di compensare come può, e normalmente questo cammino porta spesso ad ulteriori estinzioni di altre specie, poiché il link della loro rispettiva catena fondamentale tra la vita materiale e quella spirituale è stato distrutto.
Nel concetto matematico, la catena fondamentale che lega i numeri alla natura, è rappresentata dalla Proporzione Aurea. Un fenomeno che non manca mai di stupire migliaia di studiosi e matematici in tutto il mondo.
0,1,1,2,3,5,8,13,21,34,55,89,144,233,377 e così via.
In altre parole, 5+8=13, 8+13=21, 21+13=34 ecc.
Se si dividono due numeri qualsiasi presenti in questa catena, se ne ottiene la Proporzione:
89/144=0.618, oppure, 144/89 = 1.618, e, 144/233 = 0.618.
Good so far?
Questa proporzione, conosciuta in svariati modi come “La Sezione Dorata” o la “Proporzione Divina”, può essere identificata ovunque in natura. E’ rappresentata da un rettangolo dove l’altezza, comparata alla lunghezza, è della medesima proporzione della lunghezza comparata alla somma dell’altezza e della lunghezza: “il piccolo sta al largo, come il largo sta al tutto”. Questa sequenza divina appare sia nella genetica che nella geometria, nella chiocciola delle conchiglie e nella formazione vegetale delle piante e in altre forme di vita, inclusa la proporzione del corpo umano.
Se si assegna il valore di 1.00 alla distanza tra il mento e la corona del cranio umano, allora 0.618 di questa distanza corrisponderà esattamente alle varie locazioni dei plessi energetici orientali (chakra) della testa.