lunedì 10 novembre 2008

OSSERVATORI DELLA TERRA?

Gli astronomi dell’University of Florida propongono un metodo all’apparenza estroso per individuare altre forme di vita: capire come la Terra possa apparire agli “astronomi extraterrestri” in modo da avere un modello per cercare pianeti simili.
GAINESVILLE, Florida – Nel corso dell’ultimo ventennio, grazie ai moderni e potenti strumenti che scrutano sistematicamente le profondità dello spazio, gli “astronomi terrestri” hanno scoperto più di 240 pianeti, ma nessuno di questi sembra essere nelle condizioni di ospitare forme di vita simili alla nostra.
Ma cosa accadrebbe se al contrario fossero gli “astronomi extraterrestri” i cacciatori di altre forme di vita al di fuori del proprio pianeta? Anche armati di telescopi più grandi e potenti dei nostri “moderni” strumenti ottici, riuscirebbero attraverso la vastità dello spazio ad individuare la Terra come probabile fonte di vita?
Questo interrogativo è stato analizzato da 5 astronomi della University of Florida e le conclusioni di questa ricerca sono state pubblicate in un articolo apparso nell’edizione on line di Astrophysical Journal di fine dicembre 2007. La risposta, secondo gli autori, è un qualificato "sì."
Con un telescopio spaziale più grande e potente dell’ “Hubble Space Telescope” puntato direttamente sul nostro sole, gli "ipotetici osservatori" della Terra monitorando per 24 ore il periodo di rotazione, dovrebbero essere in grado di individuare gli oceani e quindi la possibilità per il nostro pianeta di ospitare vita.
"Non è indispensabile che la Terra venga visualizzata con la risoluzione di una foto, perché anche se apparisse come un singolo pixel", ha detto Eric Ford, uno dei cinque professori di astronomia autori dell’articolo, "potrebbe essere loro sufficiente ad identificare il nostro pianeta tra quelli che probabilmente contengono nuvole e oceani di acqua liquida".
Questa ricerca può sembrare estrosa, ma si pone un serio obiettivo: per Ford e i suoi colleghi, la risposta sta nel capire come la Terra possa apparire agli “astronomi extraterrestri” in modo da avere un modello per cercare pianeti simili.
Un progetto che dovrebbe diventare realizzabile nei prossimi decenni grazie all’aiuto di telescopi più potenti, ha detto Enric Palle, l'autore principale dell’articolo e astronomo dell’ l'Instituto de Astrofisica de Canarias.
Individuare pianeti “abitabili” rimane un’impresa difficile, questi non possono trovarsi né troppo vicini nè troppo lontani dalla loro stella, perchè o la sua superficie si scalda o si congela troppo.
La maggior parte dei pianeti trovati finora sono molto più grandi della Terra, il che significa che sono simili a Giove, un luogo decisamente inospitale, un gigante gassoso privo di una vera e propria superficie con l’atmosfera composta in gran parte da idrogeno ed elio.
Una sfida: analizzare la luminosità di un pianeta per individuare se la sua superficie e l’atmosfera sono “ospitali per la formazione di vita”.
Gli astronomi hanno considerato anche che nonostante l’ausilio di un potentissimo telescopio, individuare quali elementi chimici caratterizzano l’atmosfera di un pianeta è impegnativo, soprattutto se simile alla Terra, che con il suo sistema nuvoloso in continuo mutamento metterebbe in seria difficoltà gli osservatori alieni.
Sulla base dei dati recuperati da osservazioni satellitari della Terra, Ford ei suoi colleghi hanno creato un modello computerizzato della luminosità della Terra, mostrando come su scala globale la nuvolosità è notevolmente variabile ma coerente - gli astronomi extraterrestri che osservano la Terra per alcuni mesi potrebbero essere in grado di riprodurre un modello - un po 'come guardare le macchie su una palla che gira, a tratti la macchia è visibile e poi sparisce. Queste condizioni, potrebbero far dedurre agli "astronomi extraterrestri” che questi mutamenti sono causati da condizioni meteorologiche, come le nuvole, e nonostante alcuni pianeti inabitabili sono estremamente nuvolosi, la ripetuta presenza e assenza di nubi indica attività meteorologica.
"Venere è sempre coperto e nuvoloso. La luminosità non cambia mai", ha detto Ford. "Marte non ha praticamente nessuna nube. La Terra, d'altra parte, presenta un sacco di mutamenti"; probabilmente anche gli osservatori alieni potrebbero essere in grado di dedurre la presenza di continenti e di oceani sul nostro pianeta, proprio grazie ai cambiamenti della luminosità che sono stati riscontrati e analizzati durante il periodo di osservazione.
La ricerca tornerà utile per la progettazione della prossima generazione di telescopi spaziali, in modo che siano in grado di fornire una descrizione sommaria delle capacità richieste per lo studio delle superfici di pianeti simili alla Terra.
Gli altri autori dell’articolo sono Montañés-P. Rodríguez e M. Vazquez, dell” Instituto de Astrofisca de Canarias, Spagna, e Sara Seager, del Massachusetts Institute of Technology. L'IAC e l’University of Florida sono partner nella costruzione del Gran Telescopio Canarias, un telescopio di 10 metri, sito nelle isole Canarie, i cui lavori inizieranno quest’anno.
La ricerca è stata finanziata in parte dalla borsa di studio Ramon y Cajal, da una borsa di studio di Hubble e University of Florida e da un finanziamento della NASA.