giovedì 4 dicembre 2008

Le Piramidi di PONTASSIEVE.


In Italia, si sa, abbondano luoghi misteriosi, posti leggendari e monumenti carichi di storia e di racconti inquietanti ad essi correlati. Eppure, di recente si stanno diffondendo delle notizie che, per via della loro assoluta originalità, se confermate darebbero adito a una completa ristesura dei libri di archeologia.

Una di queste notizie ci é giunta da un nostro lettore, Stefano Menghetti, che di recente ci ha spedito delle foto, da lui scattate in Toscana, nei pressi di Pontassieve. Nella mail, Menghetti ci faceva notare come, in un sito raggiungibile percorrendo la strada provinciale per Rosano (partendo da Firenze sud), ad un chilometro circa prima di Pontassieve, sul lato destro, si possano vedere queste tre colline dalla forma piramidale. Queste insolite 'colline' dalla forma piramidale, in effetti, sono di grandezza differente, a scalare, proprio come le tre famosi piramidi di Giza, in Egitto. Le strutture piramidali di Pontassieve, sono orientate di lato verso nord-est, con una angolazione quasi precisa di 45 gradi, contrariamente alle piramidi di Giza che sono invece orientate con il lato esattamente parallelo al Nord.

L'interessante mail di Menghetti ci spinse a condurre le prime verifiche del caso, e a studiarne la validità. Ecco cosa é emerso dalle nostre indagini


Iniziano le ricerche

Come Prima cosa abbiamo verificato se esistesse una letteratura sull'argomento, che al momento ci risulta assente (se qualcuno avesse dei riferimenti bibliografici, saremmo grati della notifica). A quanto ci risulta, spesso nel mondo vengono segnalate possibili strutture piramidali, le quali però, se si esclude il Sudamerica e l'Egitto (o alcune zone particolari, come le isole Canarie), sono spesso di scarso rilievo. In Cina si è a lungo parlato della possibile origine architettonica di alcune colline a forma piramidale, o delle strutture piramidali subacquee di Yonaguni, in Giappone. Di recente, ha fatto molto scalpore un articolo della Pravda, che annunciava la scoperta di gigantesche piramidi, molto simili a quelle egiziane, scoperte nella zona di Lugansk. Gli scienziati russi sono giunti alla conclusione che circa 5000 anni fa, sul territorio dell'attuale Ucraina, viveva una civilta' fortemente sviluppata.

Ma in Italia di piramidi non se ne parla quasi mai, se si esclude delle piramidi di terra nel bresciano, che però sono di dimensioni ridotte, e sono visibilmente composte di pietra calcarea. L'unica piramide verificabile sul nostro territorio, a tutta prima, sembrerebbe proprio la piramide Cestia di Roma (all'interno della quale, a detta di alcuni archeologi, succederebbero eventi strani, come la misteriosa e inspiegabile apparizione, in determinati momenti, di una nebbiolina verdastra).

Abbiamo allora cercato di capire se esistevano civiltà antiche nella zona del Pontassieve. Con nostra sorpresa, abbiamo in effetti scoperto che, come risulta da numerosi reperti archeologici, il territorio di Pontassieve ha subito, prima dei Romani, anche il dominio degli etruschi. Il fatto di sorgere nel punto in cui Sieve e Arno confluiscono, infatti, sembra aver avuto importanza non solo strategica e militare, ma anche alchemica. Al centro di un crocevia importantissimo, tra Firenze, Arezzo e gli Appennini (con Ravenna e l'Adriatico appena dietro le montagne), Pontassieve oggi è famosa nel mondo per via dei suoi vigneti e ai suoi vini.
Cercando bene, emerse che nei pressi di Pontassieve, non solo c'erano stati gli Etruschi: sembra addirittura che li si sia sviluppata una civiltà addirittura antecedente, quella dei 'Ligures' Magelli o Mugelli, che lasciarono tracce del loro passaggio.
Cercammo l'origine del nome "Mugello", e scoprimmo che si perdeva nel tempo: tradizionalmente si fa riferimento ad un'antica tribù ligure di Magelli o Mugelli che vi si sarebbe insediata prima degli etruschi (Procopio da Cesarea ne "La guerra Gotica" cita il Mugello come il luogo dove si ritirarono i Goti scacciati dall'assedio di Firenze). Il nome (Mugiello, Mucello, Muciello, Mucale) fa la sua comparsa ed è usato in modo continuativo attorno al IX-X secolo. Esso non corrisponde sempre a confini precisi, vi si comprende, di volta in volta, San Godenzo, il Falterona, la Consuma (Mugello orientale), la Val di Sieve propriamente detta (basso Mugello); frequentemente è usato il termine "Alto Mugello" con riferimento ai tre comuni di Marradi, Firenzuola e Palazzuolo.

Cercammo dunque della documentazione sul misterioso popolo dei Mugelli, e scoprimmo che nella non lontana Bilancino (Barberino di Mugello, FI) nell’area destinata all’invaso artificiale, scavi condotti dalla Soprintendenza col finanziamento del Commissariato al Bilancino della Regione Toscana, avevano portato in luce resti di un vasto accampamento stagionale all’aperto abitato dai cacciatori del Paleolitico superiore datato col metodo del C14 a circa 25.000 anni da oggi. All’epoca il paesaggio – secondo quanto indicano le analisi dei pollini e dei carboni – era caratterizzato da praterie con scarsa copertura arborea ed in prossimità dell'accampamento erano presenti aree paludose. Dell'insediamento, situato al piede della collina presso il fiume Sieve, si è conservato per un'estensione di circa 120 mq, un suolo d'abitato dove sono state individuate officine litiche (zone per la scheggiatura e/o per la lavorazione della selce e del diaspro) ed aree di combustione (focolari di struttura ed uso diversificati). I reperti consistono in strumenti litici ed abbondantissimi scarti di lavorazione in diaspro locale e selce: l'industria è riferibile alla fase culturale denominata "Gravettiano a Bulini di Noailles", dal nome dello strumento tipico (un bulino su troncatura con incavo di arresto) e si distingue nel panorama culturale finora noto in Italia, trovando confronti puntuali solamente in siti coevi della Francia. Una piccola parte dei materiali è esposta al Centro di Documentazione Archeologica di S. Agata (Scarperia, FI).

Esisteva dunque una comunità nella zona fin dal Paleolitico, segno che evidentemente era possibile ipotizzare, nel sito in questione, la presenza di manufatti archeologici o addirittura strutture architettoniche molto antiche, paragonabili - come datazione cronologica - appunto agli egizi, o anche a civiltà precedenti.

Abbiamo cercato allora se in Italia c'era qualche connessione con popolazioni più antiche e il culto delle piramidi. I Celti, così come gli Etruschi, avevano un grande rispetto per il sottosuolo, e i loro riti funebri erano molto complessi, ma non erano usi costruire strutture architettoniche titaniche, nè avevano la piramide come emblema sacro. Possibile che si trattasse di qualcosa di più antico dei Celti e degli Etruschi? Fu allora che ci imbattemmo nel caso delle piramidi di Montevecchia.

Le piramidi di Montevecchia

"Un enigma alle porte di Milano. All’interno del Parco del Curone, in provincia di Lecco, individuate tre colline modellate asportando la roccia e non create a blocchi sovrapposti ad incastro, come quelle di Giza". Così inizia un interessante articolo a firma di Leonella Zupo, la quale, dalle pagine di Mondointasca.org, ci spiega la genesi di uan incredibile ricerca.

"Nel 2001 l’architetto Vincenzo Di Gregorio ha individuato la presenza di atipiche costruzioni a forma piramidale di roccia calcarea, perlopiù ricoperte da vegetazione, tanto antiche quanto misteriose per un “bizzarro” parallelismo. Se infatti, com’è noto, esiste un rapporto numerico fra le tre piramidi della piana di Giza e le stelle della cintura di Orione, sembra esservi un rapporto identico fra Orione, Giza e le Piramidi di Montevecchia. Strano, ma vero! Lo abbiamo scoperto durante una visita–studio condotta nel mese di febbraio da Danilo Bergaglio, organizzata dall’Istituto di Ricerche Cosmòs di Milano nell'ambito del ciclo "Riconoscere le Energie". A quanto pare, dal giorno della scoperta le ricerche condotte da Di Gregorio e da altri studiosi e ricercatori, che sulle sue orme hanno cominciato a interessarsi all’argomento, hanno portato a interessanti novità. Le colline piramidali sono tre e sono poste su un asse obliquo da Nord-Ovest a Sud-Est. Ciò significa che sono ruotate di novanta gradi in senso orario rispetto alle altre tre più celebri piramidi egizie di Cheope, Chefren e Micerino.
Tuttavia la proporzione e la posizione delle tre piramidi, l’una in rapporto alle altre, risulta essere identica: le costruzioni della piana di Giza, così come quelle presenti nel Parco del Curone, avrebbero un’inclinazione – dal vertice alla base – di circa quarantatre gradi. In entrambi i casi le piramidi sono state costruite in pietra, con la differenza che in Egitto le piramidi sono costituite da pesanti blocchi assemblati tra loro, mentre a Montevecchia le strutture sembrano essere state ricavate modellando le colline e asportandone il materiale in eccesso. L'intera zona è all'interno del perimetro del parco e interessa un costone collinare posto proprio dietro la collina di Montevecchia; le Piramidi di Monte (sono denominate di Montevecchia ma in realtà sono più vicine a Monte, una piccola frazione di Rovagnate) si presentano con il lato ad Ovest ricoperto da tonnellate di terra, probabilmente accumulatasi nel corso del tempo. Alcuni ricercatori ipotizzano un unico artefice sia per le piramidi egizie sia per quelle lombarde, anche se non escludono la possibilità di una ripresa iconografica delle stesse. Se si prende in esame la zona del Parco del Curone, si scopre che in questo luogo sorge il sito archeologico più antico della Lombardia: qui sono stati trovati reperti dell’uomo di Neanderthal, antichi più di sessantamila anni. Prima della conquista romana la zona fu abitata da altri popoli, specie di stirpe celtica, anche se in realtà i Celti non erano soliti costruire opere simili e quindi le piramidi potrebbero essere molto più antiche. Qualche anno fa sono state scattate foto aeree a cura della Regione Lombardia sull’area che corrisponde al Parco di Montevecchia e della Valle Curone, immagini suggestive, fatte di verde e pianura, verde e colline, verde e “piramidi”, appunto. Tre tumuli di terra allineati, tre colli non molto elevati. E l’occhio attento degli osservatori archeologi e naturalisti non s’è lasciato sfuggire quell’allineamento che dall’alto è risultato evidente."

Esistono quindi, in alcune zone d'Italia, tumuli antichissimi, risalenti addirittura alla preistoria, di tipo piramidale, ottenute forse scavando delle colline composte da materiale facilmente lavorabile come tufo o pietra calcarea dolce. Ma da chi, e perché? Possibile che, nel caso delle piramidi di Pontassieve, non esistesse una letteratura capace di aprire qualche spiraglio sulla ricerca?

Fu in quel mentre, quando le nostre ricerche si erano focalizzate sulle possibili tracce di storie antiche rimaste nel tessuto mitologico e folkloristico locale, che ci imbattemmo nella leggenda del Drago della Fortezza di San Martino, a San Pietro a Sieve.

La leggenda del Regolo

La Fortezza di S.Martino domina l’intero abitato di San Piero a Sieve e il corso della Sieve, nonché le principali vie di accesso e di transito, che insieme alla Villa di Cafaggiolo e al Castello del Trebbio è parte dei principali luoghi medicei del Mugello. Costruita dai Medici a baluardo e monito sulla via di Firenze, su disegno di Baldassarre Lanci, venne iniziata sotto Cosimo I il 30 giugno 1569 e ultimata, alla fine del secolo, da Ferdinando I a cura di Bernardo Buontalenti (l’autore del Forte Belvedere in Firenze), subentrato alla scomparsa del Lanci. L’imponente costruzione consta di una cinta muraria lunga oltre un miglio concepita in modo da rendere sempre vulnerabile il nemico che vi si accostasse. Gli ampi bastioni potevano comodamente contenere numerose bocche da fuoco anche di grosso calibro (cannoniere e fuciliere sono tuttora oggetto di meraviglia per il visitatore). All’interno del fortilizio, nel suo punto più alto, protetto da una ulteriore serie di baluardi, sorge il “mastio”, cuore della difesa, detto “il cavaliere a cavallo”, che ospitava le abitazioni del comandante e degli uffiziali, il corpo di guardia ed una cappellina preesistente, mentre la truppa era alloggiata in accoglienti casermette. Completavano l’audace costruzione, capacissime cisterne, mulini a vento, magazzini di ogni genere, fucine per la fusione delle armi e quant’altro potesse servire a dare al complesso una lunga autonomia in caso di assedio (sembra addirittura che una scala sotterranea consentisse di raggiungere il corso della Sieve anche con i cavalli, per assicurare l’approvvigionamento idrico).

Nel 1570 un bando granducale concedeva l’uso gratuito di appezzamenti di terreno all’interno delle mura a coloro che vi avessero costruita una casa per fini agricoli (in occasione dell’ultimo conflitto bellico la fortezza è stata per i Sanpierini un valido rifugio antiaereo). Acquistata dai Borghese prima e dai Bargellini poi, oggi il complesso è di proprietà privata e le visite non sono di facile realizzazione, resta comunque estremamente interessante una passeggiata intorno ai bastioni. Dalla valle offrirebbe un maestoso spettacolo se venisse sfoltita la fitta vegetazione che infesta il terreno circostante e nasconde i poderosi bastioni.

Intorno alle antiche mura della Fortezza aleggia da sempre un’antica leggenda tramandata dai Sanpierini di padre in figlio. Si dice che durante lo scavo delle fondamenta delle ciclopiche mura, in una notte di tempesta, alla luce di un tremendo fulmine, qualcuno vide precipitare dal cielo come un enorme drago che sprofondò nelle viscere della terra, proprio là dove si stava scavando. Si trattava forse del Basilisco, o Regolo, leggendario Re dei Serpenti che uccideva con lo sguardo. Da allora si narra di strani fenomeni, mai spiegati, che si susseguirono all’ombra del fortilizio.

Fra tutti il meno sgradevole, era il circolare fra i bottegai del paese di certe monete, indubbiamente d’o-ro, dalla misteriosa provenienza. Cosa assai strana, visto il tenore di vita degli abitanti di allora. Il fatto che dette monete venissero, per così dire “spacciate” prevalentemente da giovani fanciulle e avvenenti spose e che, allo stesso tempo, fosse aumentato il numero delle nascite di splendidi bambini, rigorosamente maschi, insospettì gli uomini del posto e in particolare i giovanotti che avevano notato un certo via vai di queste donzelle per la via del Poggio, per poi rincasare, a tarda sera, visibilmente soddisfatte. Una sera, alcuni di loro decisero di svelare l’arcano e, presane di mira una, la seguirono, di nascosto, fino alla Fortezza. Giunta ai piedi dei bastioni, la ragazza sostò per tirare il fiato, ma subito si levò nell’aria un canto dolcissimo che le accarezzò le orecchie e l’anima:

“Oh non temere bella fanciulla, io sono il Regolo, son fatto di nulla”, mentre tutto intorno l’aria si colorava di mille luci colorate.

A questo punto i giovanotti, non si sa se per la paura o per la rabbia, saltarono su, e allora quel turbine di luci meravigliose si colorò di rosso sangue e la musica dolcissima divenne un tuono dal fragore così forte da essere udito in tutta la valle. I ragazzi non capirono più nulla, si ritrovarono a correre a gambe levate giù per il Poggio e schizzarono ognuno in casa propria senza nemmeno darsi la buona notte (che per loro buona non fu di certo).

Per un po’ di tempo in paese si farfugliò del gran tuono e di una ragazza scomparsa, di oscuri delitti ed insane passioni e di una misteriosa creatura che si nascondeva nella Fortezza. Poi, col passare del tempo, le chiacchiere si attenuarono e di monete d’oro non se ne videro più, anche se c’è chi è pronto a giurare che qualcuna ce n’è ancora, segretamente passata in dote di madre in figlia. E c’è chi sostiene che sotto i bastioni della Fortezza, nascosto da qualche parte, ci sia ancora il Regolo pronto ad insidiare qualche sprovveduta fanciulla che di notte si avventuri da sola da quelle parti. Per questo, nell’ultima settimana di maggio, a San Piero a Sieve, i quattro Rioni che compongono il Comune, si sfidano in un Palio fra le cui prove ce n’è una chiamata “Cerca del Regolo”.

La leggenda del Regolo o Serpente nascosto, sempre nella zona del Sieve, è di un interesse fondamentale. Forse non è nata in epoca medievale, ma prima, ed è probabilmente il perdurare della nozione che là sotto, nei meandri antichi della terra dove la luce del sole non giunge, si annida qualcosa. La presenza delle monete d'oro fa pensare a incredibili tesori nascosti, come nelle migliori tradizioni (siano esse quelle del Graal o dei tesori dei Faraoni), le stesse monete sembra possiedano una manifattura e una stampigliatura antichissima e incomprensibile, e le donne che giungono i questi posti antichi e sinistri, vengono 'insidiate' da presenze incorporee, proprio come nella migliore tradizione sumera degli incubus e dei succubi, o per fare un paragone più moderno, con le abductions aliene. Di fatto, nascono bambini 'bellissimi', insolitamente perfetti per la mentalità medievale, e quando la gente del luogo si riversa nei meandri della fortezza (forse temendo di essere stati banalmente cornificati), scoprono la presenza di entità incorporee e di sfere di luci volteggianti. Per i più potrebbe sembrare una fantasia medievale, ma come sempre, quando la memoria popolare ricorda qualcosa, vale la pena di indagare. Sotto sotto si cela sempre qualcosa.

John Keel, giornalista e scrittore, famoso ricercatore dell'ignoto, autore tra l'altro di "The Mothman Prophecies", afferma che da sempre alcune strane creature hanno accompagnato il destino dell'uomo. Confuse o prese per dèi, diavoli o creature angeliche nel corso dei secoli, Keel sostiene che oggi le percepiamo come mostri, alieni o entità paranormali, quando sono in effetti solo una componente naturale nella nostra natura umana. Essi sono ciò che sono, al di là del nome che possiamo dargli, ed esistono, forse non in questa realtà, ma tra le realtà. E a volte si affacciano sulla nostra, come è successo il 27 novembre 1993.

Le pantere nere di Pontassieve

Torniamo a Pontassieve: fu proprio qui che, tra il 27 novembre e il 9 dicembre 1993, avvennero degli inquietanti avvistamenti di animali insoliti. I giornali, come d'uso, classificarono la cosa con la presenza di due grossi animali neri, presumibilmente cani neri o addirittura pantere fuggite da qualche fantomatico circo. Ma vediamo gli estratti delle cronache di quegli anni:

"Una giovane coppia mentre si recava da un amico ha illuminato coi fari dell'auto nel mezzo di una strada sterrata un animale nero dal pelo scurissimo e lucido, la testa rotonda e una lunga coda sinuosa a "s", della taglia di un cane lupo. Con un balzo e' sparito nel vicino bosco. Dell'avvistamento sono stati subito avvisati i carabinieri. Gia' due giorni prima una impronta "strana" era stata scoperta nella stessa zona.
Nuovo avvistamento la mattina del 9 dicembre tra Pontassieve e Fiesole. Ma questa volta i felini sono due. La dottoressa Elvira Terminio mentre si stava recando in auto al lavoro ha notato una coppia di animali completamente neri, la testa tonda, la coda lunga e morbida. Hanno attraversato correndo la strada. Il primo aveva un collare al collo, rosso. Poi con un balzo sono spariti nella macchia. Nei prati circostanti sono state rilevate numerose impronte che secondo il Prof. Gilberto Tozzi confermerebbero la presenza delle pantere. Nella zona da qualche giorno i cani da guardia sarebbero insolitamente agitati, specialmente di notte, e i gatti sarebbero spariti dai cortili.
Anche se in seguito le autorità cercarono di calmare gli animi giustificando gli avvistamenti con la presenza di cani selvatici, negli anni le segnalazioni di grossi animali scuri che girano indisturbati nelle campagne non è andato affatto scemando. In sudamerica, da anni si parla di 'chupacabras', creature insolite che di notte compiono razzie nei pollai e talvolta attaccano anche l'uomo. Il problema è che, spesso, la gente afferma chiaramente che le 'bestie' in questione non avevano fattezze zoomorfe, ma mostruose, quasi aliene, e assolutamente non paragonabile a nulla di noto. Segnalazioni di questo tipo sono ormai centinaia nel mondo, così come i riferimenti di azioni, da parte di queste creature, assolutamente incredibili. Centinaia di polli uccisi in una sola notte, recinti di tre metri scavalcati, orme profondissime nel fango, animali trovati completamente dissanguati e comportamenti di estrema intelligenza fanno scivolare lentamente i dossier di queste creature più nell'archivio degli X-Files che in quelli della Guardia Forestale. Eppure, i mass media oggi non ascoltano, non registrano, non scrivono e non riportano le testimonianze, le paure, le frasi - almeno non tutte - di chi si è trovato di fronte delle creature uscite da anfratti profondi, antichi di secoli, che qui in Italia si trovano un pò ovunque. Anche vicino a casa propria.

ALESSIA SERAFIN

Torneremo a riportare eventuali ulteriori sviluppi sulle piramidi toscane. Chi ha informazioni a riguardo, può contattarci quando vuole. Ma state attenti a non avventurarvi all'interno di certi luoghi se non avete la giusta esperienza professionale, può essere pericoloso. (In basso: comparazione tra le tre piramidi di Cheope, in Egitto, e quelle italiane di Pontassieve - immagini ottenute con GoogleEarth).