lunedì 15 dicembre 2008

11 SETTEMBRE 2001: IL NEMICO INTERNO.


ARTICOLO DI PABLO AYO (ANNO 2006)

Nella costituzione giuriamo di difendere il paese "da tutti i nemici esterni ed interni": ma cosa succede se a diventare nemici sono i nostri rappresentanti eletti? A che ordini obbediremo? La risposta è che c'e' una coscienza in ogni soldato, in ogni americano, in ogni essere umano.
- Scott Ritter, ex Marine, ex ispettore ONU in Iraq

È l’11 Settembre 2006: ben cinque anni sono passati da quel tragico giorno in cui, negli Stati Uniti, 2.986 persone trovarono la morte negli attacchi contro le Torri Gemelle e il Pentagono, e nell’esplosione del volo United 93, caduto nella Pennsylvania. L’onda emozionale causata da questo odioso misfatto, convinse la popolazione degli Stati Uniti a sostenere la decisione di Bush a entrare in conflitto contro l’Afghanistan (accusato di finanziare e sostenere i terroristi coinvolti), e poi contro l’Iraq di Saddam Hussein.
Ora, dopo cinque anni, l’America continua un braccio di ferro contro l’Iran per l’uso del nucleare, appoggia Israele nei suoi attacchi contro i guerriglieri Hezbollah di Libano e Siria, incita l’Onu a mandare migliaia di soldati dall’Europa per mantenere sullo scacchiere le posizioni consolidate, e trova sostegno in questa politica globale nel suo alleato di sempre, il Regno Unito.

Fin qui, il copione presentato dai governi e dai mass media. Ma basta uno sguardo indiscreto, seppur furtivo e breve, dietro la cortina di notizie presentate a gran voce da giornali e tv, per scoprire qualche piccola defaiances.
Negli stessi minuti dell’attentato, una prima velocissima analisi degli esperti dei servizi segreti avevano indicato Osama Bin Laden come “possibile mandante degli attacchi terroristici”. Attenzione alle parole usate dalla CIA e riportate dai media: “possibile” mandante. Non “sicuro”.
Il Primo Ministro britannico Blair, in quei giorni concitati seguenti l’attentato, ebbe a dire: "Non ci ritireremo, non ci fermeremo fino a quando il terrorismo non sarà sradicato. Per farlo, per distruggere la rete terroristica legata a Osama Bin Laden, dobbiamo distruggere la rete di Stati e governi che la appoggia''.
Il discorso sulle prime apparve logico e quanto meno giustificato. Ma ancora oggi, a 5 anni di distanza dagli attentati, nel sito ufficiale dell’FBI, alla lista dei Most Wanted, Osama bin Laden viene ricercato “in connessione con le esplosioni del 7 Agosto 1998 dell’ambasciata americana di Dar Er Salaam, Tanzania, e di Nairobi, Kenia, dove morirono oltre 200 persona. Inoltre, è sospettato di aver partecipato ad altri attacchi terroristici in tutto il mondo.” Nessuna indicazione su prove che lo coinvolgano con l’11 Settembre o con gli attentati che vi accaddero. Ma allora, perché perseguitare i Talebani afghani, rei di aver protetto e sostenuto Osama bin Laden? Qual è la connessione diretta tra le due cose?
Tempo dopo, una volta annientati i feroci guerrieri talebani (che rammentiamolo, all’epoca della guerra fredda erano alleati degli USA perché combattevano contro i Russi), fu il momento dell’Iraq di Saddam Hussein, responsabile secondo l’intelligence USA/UK di possedere armi di distruzione di massa. Inoltre, il segretario di stato USA Condoleeza Rice sostenne allora che esistevano prove del coinvolgimento di Saddam con gli attentati dell’11 Settembre, le cui prove a tempo debito sarebbero state rese pubbliche.
La guerra in Iraq (detta anche seconda guerra del Golfo) iniziò ufficialmente il 20 marzo 2003 con l'invasione dell'Iraq da parte di una coalizione formata inizialmente da Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Polonia. Essa fu preceduta da una lunga ostilità armata (iniziata con la Prima guerra del Golfo del 1990-91) fra l'Iraq del dittatore Saddam Hussein e molti altri stati (USA in primis). Le truppe della coalizione prevalsero facilmente sull'esercito iracheno, tanto che il 1º maggio 2003 il presidente americano Bush proclamò concluse le operazioni militari su larga scala. Il 13 Dicembre dello stesso anno Saddam Hussein venne arrestato dai militari USA, a Tirkit.
Anni dopo, le armi di distruzione di massa di Saddam non sono mai state rinvenute, e si contano ormai a decine i rapporti pre-bellici degli ispettori ONU che sostenevano la non necessità di un intervento armato in Iraq. Ancora il pubblico attende dalla Rice o da altri esponenti dell’amministrazione Bush le prove che collegherebbero Saddam all’11 Settembre.

Poi, emergono le notizie inquietanti dalla BBC, che rivelano come l'amministrazione Bush avesse preparato dei piani per la guerra e per il petrolio iracheno prima degli attacchi dell'11 settembre, scatenando una battaglia politica tra i neo-conservatori e Big Oil. I giornalisti della BBC rivelano che quando il presidente George Bush annuncio' che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e le forze alleate avrebbero iniziato a bombardare Baghdad, alcuni manifestanti sostennero che gli USA avevano un piano segreto per il petrolio iracheno, una volta che Saddam fosse stato sconfitto.
Ora emerge che esistevano ben due piani, conflittuali tra loro, che scatenarono una guerra politica (tenuta nascosta) tra i neo-conservatori al Pentagono ed un misto di dirigenti "Big Oil"(1) e "pragmatisti" del dipartimento di stato statunitense. "Big Oil" sembra aver vinto. L'ultimo piano, ottenuto da Newsnight proprio dal dipartimento di stato statunitense, era stato redatto, come abbiamo appreso, con l'aiuto dei consulenti dell'industria petrolifera americana. Alcuni "interni" hanno rivelato a Newsnight (programma serale della BBC) che la pianificazione inizio' "nel giro di qualche settimana" dalla prima entrata in carica di Bush nel 2001, molto prima degli attacchi dell'11 settembre agli USA. Il consulente di industrie petrolifere iracheno Falah Aljibury afferma che prese parte ai meeting segreti in California, a Washington e in Medio Oriente. Ha descritto un piano del dipartimento di stato per attuare un golpe. Aljibury ha anche detto a Newsnight di aver intervistato dei potenziali successori di Saddam Hussein per conto dell'amministrazione Bush. Il piano sostenuto dall'industria era stato scartato a favore di un altro progetto segreto, steso appena prima dell'invasione nel 2003, che prevedeva la vendita di tutti i campi di petrolio. Il nuovo piano fu scritto dai neo-conservatori con l'intento di usare il petrolio iracheno per distruggere il cartello dell'Opec mediante degli aumenti massicci di produzione. Secondo Robert Ebel, alla vendita fu dato l'ok durante un meeting segreto tenuto a Londra da Ahmed Chalabi poco prima dell'ingresso statunitense a Baghdad. Ebel, un ex analista petrolifero della CIA, ed ora insegnante al centro per gli studi strategici internazionali di Washington, volò al meeting di Londra su richiesta del dipartimento di stato, come ha rivelato a Newsnight. Aljibury, che un tempo era il canale tra Ronald Regan e Saddam, richiese i piani per la vendita del petrolio iracheno, spinse in questa direzione il consiglio governativo insediato dagli USA nel 2003, aiutò ad istigare l'insorgenza e gli attacchi sulle forze d'occupazione statunitensi e britanniche.
"Gli insorti fanno cosi'... Vedi, immagina di star perdendo il tuo paese e di star perdendo le tue risorse, che finiscono nelle mani di una banda di ricchi miliardari intenzionati a comandarti e a rendere miserabile la tua vita" ha detto Aljibury dalla sua casa vicino a San Francisco
"Vediamo un aumento dei bombardamenti sulle installazioni petrolifere e sugli oleodotti, basati sul presupposto che la privatizzazione stia arrivando".

Philip Carroll, l'ex direttore generale della Shell Oil USA, prese il controllo della produzione petrolifera irachena a nome del governo statunitense un mese dopo l'invasione e sospese il piano di vendita. Carroll ci ha detto di aver chiarito a Paul Bremer, il capo dell'occupazione statunitense che arrivo' in Iraq nel maggio 2003, che non ci sarebbero dovute essere privatizzazioni delle risorse petrolifere irachene o degli impianti finche' lui fosse rimasto in carica. Il successore scelto di Carrol, un dirigente di Corroco Oil, ordino' un nuovo piano per la creazione di una compagnia petrolifera statale, proprio come voluto dall'industria. Ari Cohen, della neo-conservatrice Heritage Foundation, ha dichiarato a Newsnight che era stata persa un'opportunita' per privatizzare i giacimenti petroliferi dell'Iraq. Sostenne che il piano era un mezzo degli USA per sconfiggere l'Opec e che l'America avrebbe dovuto andare avanti con quella che lui stesso ha definito una decisione "priva di cervello".
Carroll colpi' ancora, dicendo a Newsnight "Sarei d'accordo con quest'affermazione. Privatizzare sarebbe una decisione priva di cervello. Solo una persona persona priva di cervello l'avrebbe pensata. Nuovi piani, ottenuti da Newsnight e da Harper's Magazine grazie all'atto statunitense sulla liberta' d'informazione, richiedevano la creazione di una compagnia petrolifera statale, come voleva l'industria statunitense. In base all'inchiesta di Harper's, l'istituzione di questa compagnia ebbe termine nel gennaio del 2004 sotto la guida di Amy Jaffe dell'istituto Baker in Texas. L'ex vice-segretario di stato James Baker e' ora un legale. Il suo studio, Baker Botts, sta rappresentando ExxonMobil e il governo saudita.

In altri termini, esisteva una precisa volontà da parte dell’amministrazione Bush di mettere le mani sul petrolio di Saddam e di distruggere il cartello dell'Opec, assicurando agli Stati Uniti un’egemonia planetaria globale indiscussa nel settore energetico. Il piano sarebbe perfezionabile, mettendo le mani sull’Iran, quinto produttore mondiale di petrolio e il secondo tra i membri dell'Opec: stiamo parlando di un paese capace di produrre 800.000 barili di greggio al giorno.
Se i giornalisti della BBC hanno ragione, ed esisteva un piano preciso per dare agli Stati Uniti l’egemonia mondiale energetica ben prima dell’11 Settembre, e tale piano aveva solo bisogno di un pretesto per essere attivato, come si giustificano allora la mancanza di prove contro Saddam Hussein e contro Osama bin Laden? Possibile, pensera qualcuno, che gli Stati Uniti abbiano organizzato una messinscena di stampo internazionale con l’attentato dell’11 Settembre? Qualsiasi persona razionale in un primo momento penserà che il tutto è di dimensioni troppo titaniche per essere stato architettato e inscenato a tavolino. Eppure, chi volesse perder tempo ad analizzare le prove reali e non la messinscena creata dai media, inizierà inevitabilmente a nutrire sospetti sempre più forti, che possono essere sintetizzate da una frase di Adolf Hitler: “Più una bugia è grande e più il popolo ci crederà”.


Autoattentato: termine noto ai servizi segreti

"Non posso credere che se lo siano fatti da soli", "Non si può arrivare a tanto". Queste sono alcune delle obiezioni legittime che chiunque dalla mente sana opporrebbe all'idea della cospirazione governativa. Ma in questo caso stiamo parlando di esperti di intelligence e della Difesa, gli stessi che in caso di guerra ti ordinano di bombardare e sparare missili sui tui stessi soldati in mischia col nemico, e le definiscono “perdite accettabili”. In senso militare, una “perdita accettabile” è quando, in uno scontro, una perdita subita è molto inferiore alle perdite del nemico, o al valore di un qualcosa che deve essere conquistato. Per questi esperti della difesa, le vite umane sono considerate quotidianamente come una moneta, necessaria per ottenere benefici di vario tipo. Militari e politici hanno una visione diversa di ciò che è giusto e di ciò che utile, da quella che hanno le persone "comuni", i civili. E, come disse qualcuno, l’opporto di “civile” non è “militare”, ma “incivile”. Analizzando i libri di storia, scopriamo che gli Stati Uniti non sono nuovi a certo tipo di manovre per legittimarsi ad entrare in guerra, mantenendo così, si noti bene, l'appoggio della cittadinanza e della stampa mondiale, dipingendo ogni guerra come santa e giusta. Menzogne consapevoli, usate strumentalmente per ingannare la gente, sono state usate per l’aggressione USA contro Cuba nel 1898, per l’intervento americano nella prima guerra mondiale, e per l’intervento in Vietnam. Le conseguenze di queste menzogne di guerra sono state: terribili perdite umane, soppressione dei diritti civili, restrizioni della libertà, disastri economici.

Il pretesto per l’entrata in guerra degli USA contro Cuba fu l’affondamento della nave americana Maine. All’epoca gli abitanti di Cuba, Porto Rico e delle Filippine si erano sollevati contro l’ormai debole impero spagnolo. L’allora magnate della stampa Randolph Hearst, equivalente dell’odierno Rupert Murdoch, desiderava una guerra per poter vendere più giornali e favorire gli sciovinisti di casa. Gli spagnoli furono ben presto dipinti come barbari violentatori e anche peggio. In nome della democrazie e della libertà Hearst e fanatici guerrafondai come Teodoro Rooselvet chiedevano un intervento americano. Il presidente repubblicano William McKinley, eroe personale dell’attuale mestatore della Casa Bianca Karl Rove, inviò acconciamente la nave da battaglia Maine nel porto di Avana. All’improvviso ci fu un’esplosione e la nave affondò con 250 marinai. La colpa fu addossata alla Spagna, e così Hearst ebbe la guerra che voleva. Gli americani, che avevano appena conquistato, annettendole, le Hawai, si presero anche Puerto Rico, e installarono dei regimi coloniali a Cuba e nelle Filippine. Di recente, la nuova tecnologia subacquea ha dimostrato che il Maine affondò per un’esplosione interna. Analisi scientifiche definitive hanno dimostrato che gli spagnoli non potevano aver causato l’affondamento. Molto probabilmente l’esplosione che fece affondare la nave era stata provocata da una caldaia difettosa o dalla riservetta delle munizioni, in ogni modo non poteva essere stata nè una mina nè un siluro spagnoli. La guerra Ispano-americana, con le sanguinose stragi che ne derivarono, era fondata su una montatura.

Lo stesso si può dire per l’intervento USA nella prima guerra mondiale. Nel 1915, mentre i tedeschi esercitavano il blocco della Gran Bretagna, fu affondata la nave passeggeri americana Lusitania, durante il suo tragitto da New York a Liverpool. Ci furono più di mille morti, tra cui molti americani. Il presidente Wilson subito si mise a strillare che i tedeschi avevano violato le leggi internazionali. Come aveva fatto Hearst anche Wilson dipinse i tedeschi come “barbari”, selvaggi, spietati e assetati di sangue. I tedeschi si difesero dicendo che il Lusitania trasportava armi, e che erano nel loro diritto di affondarla. In America molti si opposero alla guerra, temendo che i soli a trarne vantaggio sarebbero stati solo i banchieri e gli industriali, e che la guerra avrebbe impedito cose più importanti come la formazione dei sindacati, la lotta alla povertà e al il predominio di un capitalismo di rapina. Di fronte a una maggioranza anti imperialista Wilson fece ritirare le truppe dal Messico e nel 1916 si presentò alle elezioni come “candidato della pace” sotto lo slogan “Ci ha tenuti fuori dalla guerra.” Ma nel 1917, riesumando i sanguinosi ricordi del Lusitania, Wilson riuscì a trascinare gli Stati Uniti nel conflitto. I morti americani furono più di 100.000. Con la scusa della guerra le autorità incendiarono o fecero saltare le camere del lavoro del Partito Socialista e le sedi di sindacati radicali come gli Industrial Workers of the World. Wilson fece carta straccia della costituzione e fece imprigionare, deportare o uccidere migliaia di organizzatori. Eugene V. Debs, l’amato leader del movimento sindacale americano, fu gettato in prigione. La sinistra ideologica fu schiacciata. L’intervento americano fu decisivo nel far volgere a favore della Gran Bretagna e della Francia l’esito della guerra. Ma la retorica idealistica di Wilson sulla Società delle Nazioni e su una pace equilibrata cadde nel caos. Gli alleati chiesero delle riparazioni tali da provocare la nascita del movimento nazista che provocò stragi ancora maggiori nella seconda guerra mondiale. Wilson fu colpito da un infarto e lasciò un paese in rovina. Recenti esplorazioni subacquee attorno al Lusitania hanno trovato che la sua stiva era piena di armamenti illegali. Proprio come avevano reclamato i tedeschi, la nave aveva violato le leggi internazionali. Come McKinley anche Wilson aveva ingannato l’America portandola a un intervento bellico sulla base di “informazione spionistica errata.”
Altri pretesti sono stati creati artificiosamente per l'entrata in guerra nella 1° conflitto mondiale (altra nave, stavolta mercantile, affondata da un u-boot tedesco a cui era stato fatto filtrare appositamente, vero o non vero, che trasportasse armi segrete per l'Inghilterra), per l'entrata in guerra nel 2° conflitto mondiale (pare che Pearl Harbor non fosse stato un attacco "di sorpresa", ma che l'altro Roosevelt, Franklin Delano, avesse parlato personalmente con Yamamoto, il quale lo aveva chiaramente minacciato di attaccare la sua flotta a Pearl Harbour, almeno una settimana prima che ciò accadesse.
Con il Vietnam avvenne la stessa cosa, all’epoca i fautori della guerra fredda dichiaravano che si trattava della battaglia principale per evitare un effetto domino nella lotta mondiale contro il comunismo. Gli USA annullarono le elezioni del 1956, che avrebbero consentito a Ho Chi Minh di controllare un Viet Nam unificato, però i guerriglieri nazionalisti erano già pronti a strappare all’Occidente il Sud del Vietnam. Secondo la versione ufficiale americana, nel 1964 i Vietnamiti del Nord avrebbero assalito due navi americane che navigavano nel golfo del Tonkino. L’incidente servì a Lyndon Johnson, che stava facendo campagna elettorale a favore della pace, per convincere il Congresso ad approvare un intervento militare incondizionato. Nel 1967 nel sud-est asiatico c’erano 550.000 soldati americani. Copia speculare della guerra nelle Filippine il VietNam può essere considerato la più grande tragedia moderna degli Stati Uniti. Divise un’intera nazione, si alienò una generazione, avvelenò la politica americana, e seminò nel paese un gruppo di imbroglioni senza scrupoli, diede inizio anche al declino dell’economia americana. La “Grande Società”, vagheggiata da Johnson, fu distrutta, e gli americani divennero tutti sensibilmente più poveri. Probabilmente l’incidente del golfo del Tonkino non è mai accaduto. Secondo l’allora segretario alla difesa, John McNamara, i vietnamiti non hanno mai tirato un colpo contro le navi americane, la Maddox in particolare. Comunque, anche se lo avessero fatto, si sarebbe trattato di un attacco militare di nessun significato militare. Come per il Maine e il Lusitania, l’attacco del Tonkino non è stato nient’altro che un pretesto menzognero per iniziare una guerra.

Come vedete, la storia parla chiaro: è una abitudine ben consolidata e di vecchia data, per gli americani, ideare a tavolino un ‘casus belli’ che, da una parte, esaspera e fomenta gli animi dei cittadini statunitensi, e dall’altra crea consenso nella comunità internazionale contro il vile che ha colpito per primo, e a tradimento. Ma è andata proprio così l’11 Settembre 2001? Possibile che uno scenario che ha coinvolto New York, Washington e la Pennsylvania, miliaia di persone e diverse compagnie aeree, l’intero apparato di difesa degli Stati Uniti, sia fittizio? Si pensa che, se ciò fosse vero, sarebbero emerse di sicuro delle indiscrezioni, errori, discrepanze nei fatti e nelle testimonianze, dati non corrispondenti nei rapporti e via discorrendo. E in effetti, è proprio così.


Le domande di Jim Marrs

Jim Marrs in America è un giornalista di Ft. Worth, Texas, molto noto in America, dato che è proprio dal suo libro-indagine sull’omicidio di John Kennedy, “Crossfire” (fuoco incrociato), che il regista Oliver Stone ha tratto il film denuncia “JFK”. In seguito agli attentati dell’11 Settembre, Marrs ha svolto alcune indagini personali, giungendo alle seguenti conclusioni:

“Superficialmente tutto è sembrato abbastanza chiaro. Secondo la versione ufficiale, circa 19 terroristi mediorientali suicidi, col cuore gonfio di odio nei confronti della libertà e della democrazia americane, hanno dirottato quattro aerei di linea, ne hanno fatti schiantare due contro le torri gemelle del World Trade Center di New York ed un terzo contro il Pentagono. Il quarto a quanto viene riferito è precipitato nella Pennsylvania occidentale dopo che i passeggeri hanno tentato di contrastare i terroristi.
Tuttavia sono emersi molti quesiti inquietanti, fra cui:

- Perché i militari americani stavano predisponendo piani di guerra contro l'Afghanistan già da mesi prima degli attentati dell'11 settembre? Stavano soltanto cercando qualche evento che spingesse il pubblico americano, generalmente disinteressato, verso una guerra, come avvenuto in passato?

- Come è possibile che documenti cartacei che incriminavano bin Laden siano stati trovati infatti presso il WTC mentre le scatole nere degli aerei - progettate per resistere ad eventuali incidenti - erano danneggiate al punto da risultare inutilizzabili?

- Perché anche a distanza di giorni e persino di settimane dagli attentati al WTC agli operatori video è stato proibito di riprendere o fotografare le macerie da determinate angolazioni, così come lamentato dal corrispondente della CBS Lou Young, il quale ha chiesto: "Cos'hanno paura che vediamo?"

- Perché, come riferito dal New York Times del 16 ottobre, la relazione della polizia di New York al FBI è stata spedita con l'imballaggio "rischio per la sicurezza"? La sicurezza di chi è a rischio? Quella del FBI? Cos'è che il FBI non vuole che il Dipartimento di Polizia di New York sappia?

- Un piano terroristico palesemente sofisticato, che ha implicato almeno 100 persone e una preparzione di almeno cinque anni, come ha fatto a sfuggire ai nostri servizi di intelligence, in particolare CIA ed FBI? E perché, invece di destituire i responsabili di questo fallimento dell'intelligence e di ristrutturare completamente queste agenzie, stiamo raddoppiando il loro budget?

- Perché la Torre Sud del WTC è crollata per prima, quando non era così estensivamente danneggiata quanto la Torre Nord, che è bruciata per quasi un'ora e mezza prima di crollare?

- Perché molti testimoni affermano di aver sentito ulteriori esplosioni all'interno degli edifici? E perché la distruzione delle torri è sembrata più una implosione controllata che un tragico incidente?

- Perché il Direttore del FBI Robert Mueller ha ammesso che la lista dei nomi dei dirottatori potrebbe non contenere i loro nomi reali? Non deve forse chiunque mostrare una foto di identità per richiedere la carta d'imbargo? Che fine hanno fatto le normali misure di sicurezza?

- Perché c'è stata una discrepanza di 35 nomi fra le liste dei passeggeri pubblicate e il resoconto ufficiale dei morti su tutti e quattro i voli sfortunati? Il cronista di internet Gary North ha riferito che i "nomi pubblicati non collimano in nessun caso con il totale elencato per il numero delle persone a bordo". Qual è il motivo di questa discrepanza?

- Visto che nessuno di questi passeggeri elencati aveva un nome dal suono arabo coma ha fatto il governo a sapere quali erano i dirottatori?

- Perché i numeri dei sedili dei dirottatori, comunicati tramite una conversazione con cellulare dalla hostess di bordo Madeline Amy Sweeney al Controllo del Traffico Aereo di Boston, non coincidevano con i numeri dei sedili occupati dagli uomini che il FBI afferma siano stati i responsabili?

- Visto che il Mistero degli Esteri dell'Arabia Saudita ha comunicato che cinque dei presunti dirottatori non si trovavano a bordo degli aerei della morte e di fatto sono tuttora in vita, mentre è stato riferito che un sesto uomo della lista è vivo ed in buona salute in Tunisia, perché questi nomi si trovano ancora sulla lista del FBI?

- Perché su nessuna delle liste passeggeri non era riportato nemmeno uno dei nomi dei dirottatori citati? Se hanno usato tutti quanti degli pseudonomi, come ha fatto il FBI ad identificarli così in fretta?

- Perché uno dei dirottatori citati si è portato un bagaglio per un volo suicida e lo ha poi lasciato nella sua macchina all'aeroporto assieme ad un foglio che lo incriminava?

- Secondo il New York Times, per quanto riguarda le indagini complessive sugli attentati di settembre, verso la fine di ottobre le autorità americane hanno riconosciuto che la maggior parte dei loro promettenti indizi per scovare i complici e parte dei loro sospetti di lunga data relativi a svariati indiziati si sono chiariti; dal momento che sono state arrestate più di 800 persone e sono state ricevute da parte della popolazione più di 365 mila segnalazioni come mai, nella più grande indagine criminale nella storia degli USA, non è venuto fuori nulla di rilevante?

- Perché delle quasi 100 persone tuttora ricercate dal FBI nessuna viene considerata uno dei principali indiziati?

- Perché stiamo bombardando l'Afghanistan, quando apparentemente nessuno dei dirottatori elencati era afgano bensì erano arabi provenienti da vari paesi mediorientali? Visto che l'Iraq era coinvolto nell'attentato al WTC del 1993, perché non stiamo bombardando quello stato "canaglia"?

- Come hanno fatto i terroristi ad ottenere i segretissimi codici e segnali della Casa Bianca e dell' Air Force One - pretesto per sballottare il Presidente Bush per tutto il paese l'11 settembre? Ciò costituiva la prova del lavoro di un infiltrato oppure, come riportato da Fox News, la prova che l'ex dipendente del FBI ed agente doppiogiochista Robert Hanssen aveva consegnato una versione aggiornata del software trafugato Promis ai suoi manipolatori Russi i quali, a loro volta, lo hanno passato a bin Laden? Forse che questo software, che durante l'amministrazione Reagan venne sottratto ad una società americana da funzionari del Dipartimento di Giustizia presieduto dal Procuratore generale Ed Meese, permette ad esterni la libera penetrazione dei nostri computer più segreti?

- Se l'aereo del Volo 93 della United Airline è precipitato in seguito ad un'eroica lotta dei passeggeri con i dirottatori, perché dei testimoni hanno parlato di un secondo aereo che lo seguiva, di detriti infuocati che cascavano, di nessun cratere profondo e di relitti sparsi per un'area di sei miglia, cose che indicano un'esplosione in volo?

- Perché i notiziari hanno descritto passeggeri del Volo 93 mutilati e a cui è stata tagliata la gola con dei taglierini, mentre la rivista Time del 24 settembre ha riportato che uno dei passeggeri ha chiamato a casa col cellulare per riferire che "Siamo stati dirottati, ma ci stanno trattando gentilmente"?

Le sacrosante domande di Marrs, pubblicate in Italia da Nexus (edizione italiana nr.36), non hanno ancora trovato risposta. Al contrario, altri interessanti quesiti si sono affastellati nel dossier riguardante l’11/9.

Se qualcuno può obiettare che Marrs è un ricercatore indipendente, andrebbe osservato che le critiche a quanto avvenne quel fatidico giorno di settembre giunsero anche da personaggi di un certo rilievo, professionisti nei campi dell’avionica, dei settori militari, di intelligence e del controspionaggio. Uno di essi è Andreas von Bülow, ex ministro tedesco della tecnologia.
Il 13 gennaio 2002 il giornale berlinese «Der tagesspiegel» pubblica con rilievo la seguente intervista ad Andreas von Bülow. «Dopo gli orrendi attentati dell’11 settembre», attacca von Bülow senza esitare, «constato che l’intera opinione pubblica viene forzata a credere a una versione che credo sbagliata» E segnala: «Ci sono in USA ventisei agenzie di controspionaggio che costano trenta miliardi di dollari l’anno: più dell’intero bilancio tedesco per la Difesa. E non sono state capaci di prevenire gli attacchi (…) Non un sospetto, prima. E per sessanta decisivi minuti, le agenzie militari e di intelligence hanno lasciato a terra i caccia; però quarantotto ore dopo l’FBI presenta una completa lista dei dirottatori suicidi. Ma dieci giorni dopo risulta che sette di loro sono ancora vivi. E perché i capi dell’FBI non spiegano queste contraddizioni? Da dove veniva la lista, e perché era falsa?Se fossi nei panni del responsabile dell’indagine, io terrei informato regolarmente il pubblico». Il che non è avvenuto e non avviene in USA, sottolinea l’ex ministro tedesco. Poi torna sullo strano profilo dei «suicidi». «Si lasciano dietro tracce come una carica di elefanti. Fanno pagamenti con le loro carte di credito, danno i loro veri nomi agli istruttori di volo. Si lasciano dietro auto noleggiate con manuali di volo in arabo. Portano con sé, nel loro viaggio verso il suicidio, ultime volontà e lettere d’addio, che cadono nelle mani dell’FBI perché le hanno messe nel posto sbagliato, con indirizzi sbagliati. Andiamo! Sono segnali lasciati sul percorso come in una caccia al tesoro per bambini». Von Bülow non esita a parlare di «lavaggio di cervello collettivo» a cui «le democrazie di massa vengono sottoposte». «L’immagine del nemico come comunista non funziona più; deve essere sostituita con l’Islam. Non è un’idea mia. Essa viene da Zbigniew Brzezinski e Samuel Huntington, due strateghi che formano l’intelligence e la politica estera americana. «Già a metà degli anni ’90, Huntington (uno dei fondatori del CFR: Council on Foreign Relations) diceva: “la gente in USA e in Europa ha bisogno di un nuovo nemico da odiare, ciò rafforzerà la loro identificazione con la propria società. Brzezinski, il cane matto, già consigliere di Jimmy Carter, teorizza il diritto esclusivo degli Stati Uniti a impossessarsi delle materie prime del mondo, anzitutto greggio e gas. E questo coincide perfettamente con i desideri dell’industria degli armamenti, delle agenzie d’intelligence, del cosiddetto “complesso militare-industriale”. «(…) Posso affermare questo: la progettazione dell’attacco è stato un capolavoro dal punto di vista tecnico e organizzativo. Dirottare quattro grossi aerei di linea in pochi minuti e lanciarli sui bersagli entro un’ora con complicate manovre di pilotaggio! Questo è impensabile, senza l’appoggio, e per anni, di apparati segreti dello Stato e dell’industria». Ma queste sono le cose che dicono i teorizzatori di complotti!, esclama l’intervistatore. Von Bülow replica: «Ah sì, sì: in questo modo coloro che preferiscono seguire la versione ufficiale e politicamente corretta ridicolizzano così chi pone certe questioni. Chiunque dubita delle versione ufficia, non ha le rotelle a posto» Eppure von Bülow non è un complottista paranoide. Nel 1993, è stato relatore per la SPD (il Partito Socialdemocratico tedesco) nella commissione parlamentare d’inchiesta sulla Stasi, la polizia segreta della Germani Orientale. E’ in quella veste che l’ex ministro s’è fatto un’idea precisa dei «servizi» occidentali. «Né dal BND (il servizio segreto tedesco-occidentale) né dalla CIA abbiamo avuto altro che ostacoli. Nessuna informazione, nessuna collaborazione. Niente»

Le prove generali prima dell’attentato

Tra il febbraio 2000 e il giugno 2001 il NORAD, North American Aerospace Defense Command, mise in opera una serie di esercitazioni e manovre sulla difesa aerea “contro-terrorismo”.
Le manovre hanno coinvolto velivoli a reazione pilotati a distanza, piccoli aerei pilotati per simulare i missili cruise e velivoli dirottati con un profilo d’attacco a bassa quota verso grandi città. Per queste simulazioni vennero impiegate molte risorse umane, tecnologiche e finanziarie. Venne messo a punto un software speciale per poter integrare i dati dei radar appartenenti a differenti servizi. Attacchi simulati su Savannah, in Georgia e su Panama City, in Florida, vennero visualizzati su sofisticati diagrammi messi a punto specificamente nei quali una combinazione di drones a reazione e microjet monoposto rappresentavano missili cruise e aerei suicidi che attaccavano a bassa quota. Il primo giugno 2001, giorno decisivo per la simulazione, il capo di Stato Maggiore diramò “l’Aircraft Piracy order CJCSI-3610.10” a tutti gli equipaggi degli aerei militari per “resistere ai dirottatori con tutta la forza necessaria incluso l’utilizzo delle armi da fuoco.” Copie di questo ordine vennero inviati anche a Donald Rumsfeld, Colin Powell, George Tenet, Robert Mueller e al National Security Council, ma apparentemente il Consigliere Condoleza Rice, durante la sua testimonianza davanti alla Commissione d’Inchiesta sull’11 settembre, non se l'è ricordato! Ma analizziamo in maniera specifica come si svolsero i fatti inerenti l’attacco al Pentagono, l’edificio militare più sorvegliato e sicuro del mondo.

Motori, ali e carburante: i pezzi mancanti del Pentagono

L'11 settembre 2001, poco meno di un'ora dopo l'attacco al World Trade Centre, il Pentagono viene colpito. La versione ufficiale afferma che a colpire il Pentagono sia stato il terzo aeroplano dirottato. Ecco una consecuzio temporis che rende l’idea della tragedia:

9.45: il Pentagono è colpito.
10.28: "si diffonde la voce di un'autobomba esplosa davanti al dipartimento di Stato a Washington che provoca un incendio."- la Repubblica
alle 10.32 l'«ABC News» parla del dirottamento del volo di linea ma non dice nulla circa il suo ritorno a Washington in coincidenza con l'attacco terroristico;
poco dopo la Fox TV, diramando la notizia dell'attentato, parla di un apparecchio dell'US Air Force (“Minute by Minute with the Broadcast News”);
11.36: "un funzionario del dipartimento di Stato smentisce che una autobomba sia esplosa davanti alla sede del ministero."la Repubblica
L'attribuzione ufficiale dell'attacco al volo civile AA 77 non è stata immediata. Le uniche dichiarazioni ufficiali sulla natura dell'apparecchio utilizzato nell'attentato appartengono a fonti militari del Pentagono stesso, e ancora oggi non sono suffragate da alcun documento probatorio. La fonte stessa dell'informazione, come dichiarato dal “Los Angeles Times”, fu un ufficiale che parlò a condizione di rimanere anonimo.

Danielle O'Brien, controllore di volo dell'aeroporto di Dulles, disse allora: «Per la velocità, la manovrabilità, il modo in cui ha eseguito la virata, ognuno di noi nella sala radar, tutti controllori di volo esperti, pensava si trattasse di un aereo militare». Un altro testimone oculare, abitante al 14° piano di un edificio di Pentagon City, affermò: «sembrava poter trasportare otto-dodici persone (…) faceva il rumore stridente di un caccia». Lon Rains, direttore di “Space News”: «ero convinto che fosse un missile. È arrivato così veloce che non sembrava davvero un aeroplano».

In seguito all'attentato il Pentagono rilasciò alcune immagini dell'esplosione catturate da una telecamera di sicurezza dell'edificio; tuttavia nelle immagini è visibile chiaramente soltanto l'esplosione. Il 16 Maggio 2006, grazie alla forte pressione del gruppo Judicial Watch, il Pentagono pubblica sul proprio sito Internet altri due filmati di pochissimi fotogrammi a bassa definizione catturati da altre due telecamere di sicurezza. I video mostrano una forte esplosione "preceduta da una nuvola bianca che, per gli esperti, rappresenta la scia lasciata dall'aereo toccando il terreno sul prato fuori dall'edificio. Nei fermo-immagine si intravede quello che appare essere il 'naso' del Boeing. " la Repubblica. Le immagini "saranno analizzate dagli esperti e non dovrebbero contenere rivelazioni clamorose ma, secondo il Pentagono, potrebbero mettere a tacere le mille teorie di complotto che hanno condizionato a lungo la dinamica dello schianto del volo dell'American Airlines." Corriere della sera. Tutta la problematica attualmente oggetto di discussione e interpretazione riguarda la forte discrepanza tra le dichiarazioni e le ricostruzioni ufficiali dei comandi militari, e le numerose foto di dominio pubblico che testimoniano dei danni subiti dall'edificio del Pentagono in seguito all'attentato.

Nel sito Luogocomune.net, è presente una dettagliata ricostruzione dello scenario dell’attentato al Pentagono, tramite le foto fatte da un Marine e diffuse via internet prima che l’Intelligence USA potesse fermarle. Le foto mostrano la scena quando il muro era ancora in piedi.

“Le foto in questione sono state scattate dal caporale dei marines Jason Ingersoll, fotografo del Pentagono, e furono inizialmente messe in circolazione, insieme a tutte le altre, dallo stesso Dipartimento della Difesa. Sulla loro autenticità non è mai stata sollevata la minima obiezione, nè nessuno si azzarderebbe mai a ritoccarle, visto che esistono in rete moltissime copie degli originali.
In reatà, ecco a destra le misure effettive del Boeing 757: l'apertura alare è di circa 38 metri, la ali di coda superano i 15 metri di larghezza, e la pinna verticale misura circa 14 metri da terra. L'aereo pesa, a pieno carico, circa 100 tonnellate. Utilizzando come riferimento il modello di autopompa accanto alla parete, che è lungo 12 metri, è stato possibile costruire un'unità di misura approssimativa, per misurare in qualche modo la larghezza della sezione crollata. Risultano circa 20 metri - uno più uno meno - e cioè la metà circa dell'apertura alare del 757. Ma per quanto sia già molto difficile immaginare un 757 che scompare in quel poco spazio, ricordiamo che quello che abbiamo visto finora era il Pentagono "del giorno dopo". Nella prima delle 3 foto di Ingersoll di cui parlavamo, Il piano terra è coperto dal getto d'acqua, mentre si vede la facciata, praticamente intatta, che presenta solo un foro di una certa dimensione nella zona centrale. Nella seconda invece il foro è coperto dal fumo, mentre il piano terra si vede molto meglio: le macerie fuoriescono fra le colonne - o pareti portanti - che sembrano essere rimaste tutte in piedi. Il prato è intatto, i grandi rulli di cavo elettrico erano già presenti prima dell'impatto, e dell'aereo non si vede un solo pezzo. Sotto infine la terza foto di Ingersoll, che copre tutta la parte inferiore dell'edificio, mentre ne mostra con più chiarezza quella superiore. La facciata risulta praticamente intatta, con moltissime finestre che conservano addirittura intatti i vetri e gli infissi. Utilizzando le tre foto, abbiamo fatto un fotomontaggio con la parte migliore di ciascuna, per avere un'idea complessiva di come risultasse la facciata del Pentagono dopo l'impatto. Semplicemente, l'aereo non c'è. Anche volendo supporre che un motore si sia infilato in quel buco, mancano sempre 96 tonnellate di aereo, fra cui il secondo motore. (Notare la posizione dei grandi rulli di cavo elettrico, al centro, e la posizione della recinzione metallica, sulla destra, proprio sopra le luci dell'auto della polizia: serviranno in seguito da punto di riferimento).Rulli elettrici, calcinacci, e nient'altro. Teoricamente lì in mezzo, fra una colonna e l'altra, dovrebbero essere passate le ali dell'aereo, insieme alla fusoliera, mentre non si capirebbe assolutamente dove sia finita la coda, che è alta da sola quasi quanto l'edificio stesso. Contro quale parte della parete avrebbe sbattuto la coda? E i motori? Dove hanno sbattuto? Dove sono andati a finire? Inizialmente, chi difendeva la versione ufficiale sosteneva che l'intero aereo si fosse completamente disintegrato, come "polverizzato" contro la "solidissima" parete del Pentagono, a causa della forte velocità. Ma in realtà, le leggi della fisica dicono una cosa un pò diversa: fra due oggetti che si scontrano, si rompe prima quello più fragile, ma se la solidità di un aereo non è sufficiente ad abbattere un edificio, l'aereo si spezza in più parti e rimane al suo esterno. Ma perchè mai di fronte ad una casa ipoteticamente "più dura" delle altre dovrebbe frantumarsi in pezzi microscopici e sparire del tutto? Una volta che un'ala ha ceduto all'impatto, ad esempio, ha ceduto e basta. Rotola dove vuole lei, rimbalza e si rompe secondo la dinamica di quell'evento, ma sempre all'esterno rimane. Anzi, più dura è la parete, più probabilità ci sono che le varie appendici si stacchino di netto, casomai. Quando un aereo si schianta contro una montagna, che è la cosa più dura che si possa immaginare, per caso si vaporizza e scompare completamente alla nostra vista? A giudicare dalle foto rinvenibili su internet, sembrerebbe proprio di no. Fino al Settembre 2002, non era mai esistita una versione ufficiale riguardo a cosa fosse avvenuto di preciso al Pentagono, anche perchè le scatole nere "non sono mai state trovate". A quel punto però, probabilmente preoccupate dal fatto che i dubbi si stavano allargando a macchia d'olio in Internet, le autorità hanno deciso di offrire la loro risposta ufficiale anche a questo quesito. Allo scopo, è stata commissionata alla prestigiosa Purdue University dell'Indiana una sofisticata simulazione al calcolatore dello schianto, in cui la tesi della "polverizzazione" (che cominciava a vacillare seriamente) è stata completamente smentita, per fare posto ad una teoria completamente diversa.” (Da Luogocomune.net)

Riportiamo a questo punto gli interrogativi che David Ray Griffin elenca nella sua analisi sui fatti qui trattati.

“Un pilota in grado di effettuare l'acrobazia che portò il Boeing a schiantarsi – da più di 2000 metri d'altezza – in netta rotta di collisione sulla facciata inferiore dell'edificio governativo, avrebbe potuto tranquillamente scegliere un bersaglio molto più devastante, centrando con molta facilità il tetto e causando molte più vittime. Come scrive il “Los Angeles Times”: «l'ala ovest era l'unica ala del Pentagono dotata di sistema antincendio automatico e ristrutturata con una fitta maglia di pilastri e travi d'acciaio (e finestre antideflagrazione) per resistere alle esplosioni di eventuali bombe. Nell'area più colpita normalmente avrebbero lavorato 4.500 dipendenti, mentre quel giorno, a causa dei lavori non ancora terminati, non ne erano presenti più di 800» (LAT, 16 settembre 2001). Tra le vittime si contò un solo generale; tutti gli altri erano civili, molti dei quali operai addetti ai lavori edili.


Quei piloti scarsi che superarono gli esperti

Nila Sagadevan, ingegnere aeronautico e pilota qualificato di aeromobili, ha una sua visione del discorso sui piloti arabi che si sarebbero specializzati al volo guidando dei piccoli aerei commerciali.
“C’è qualcuno che continua a sostenere che i “mitici” dirottatori del 9/11, benché sia stato provato che fossero troppo incompetenti per pilotare un piccolo Cessna 172, tuttavia riuscirono ad acquisire la straordinaria abilità loro necessaria per pilotare dei jet di linea, addestrandosi tramite simulatori di volo.Una comune concezione sbagliata che hanno i non piloti sui simulatori è che sia “facile” utilizzarli. Sono sì relativamente facili da usare se lo scopo è fare qualche virata pazza e divertente in cielo aperto. Ma se lo scopo è eseguire una qualsiasi manovra, anche con la minor precisione possibile, la missione diventa immediatamente abbastanza scoraggiante. E se il fine è dirigere un aereo verso una specifica locazione geografica, distante centinaia di chilometri, mentre si vola a oltre 800 km all'ora, a 9.000 metri di altezza, allora la sfida diventa quasi impossibile per un pilota non addestrato. E questo è precisamente ciò che i quattro dirottatori, che non erano in grado di pilotare un Cessna intorno all’aeroporto, si suppone abbiano realizzato con jet commerciali ad alta velocità, pesanti più di 100 tonnellate, l’11 Settembre. Per una persona non abituata alla complessità pratica del pilotaggio, un moderno simulatore di volo può rappresentare un’esperienza confusa e disorientante. Questi complicati mezzi di addestramento non sono nemmeno paragonabili ai videogame che uno vede nelle sale giochi e nemmeno alle versioni software disponibili per computer. Nei simulatori professionali, il pilota è completamente alla mercé di un insieme di complessi strumenti di navigazione e di volo per ricevere le indicazioni sullo status dell’aereo (altitudine, direzione, velocità, stato, etc.) Nel caso di un Boeing 757 o 767 il pilota avrebbe avuto di fronte un pannello EFIS (Sistema di strumentazione elettronica di volo) costituito da 6 grossi monitor LCD multifunzionali intervallati con pacchetti di “complicata” strumentazione assortita. Quando si vola “ciechi”, cioè senza riferimenti a terra, serve un pilota molto navigato per interpretare, e quindi applicare, queste informazioni in modo intelligente. Se uno non è in grado di tradurre le informazioni velocemente, in modo preciso ed accurato (e per farlo serve un pilota esperto di volo strumentale), allora viene a trovarsi nella condizione di ZERO SITUATIONAL AWARENESS. (cioè il pilota non avrebbe indizi su dove si trova in relazione alla Terra). Un volo in queste condizioni è definito come “IFR” o Norme di Volo Strumentale.
E la regola IFR n. 1 è: Mai staccare gli occhi dalla tua strumentazione, perché è tutto ciò che hai!
Corollario alla Regola n. 1: Se non sei in grado di interpretare la strumentazione in modo veloce, preciso, disciplinato e completo sei praticamente morto. Registrazioni da tutto il mondo sono pieni di rapporti di un numero qualunque di buoni piloti, piloti con esperienza professionale di volo strumentale, che hanno “concluso la loro carriera” perché hanno commesso errori irreparabili mentre volavano in condizioni di IFR.
Riguardo i piloti/dirottatori del 9/11: questi uomini erano stati ripetutamente giudicati incompetenti a pilotare in volo solitario un Cessna-172, un esercizio elementare che implica far volare questo piccolo aereo da addestramento “intorno al cortile” in un giorno di sole. Il primo volo in solitaria di uno studente consiste in un semplice circuito: decollo, seguito da quattro dolci virate a sinistra e si conclude tornando indietro ed atterrando nella pista. Questo è il volo più semplice che uno possa fare. Non uno dei dirottatori era stato giudicato idoneo ad eseguire da solo questo esercizio elementare. Ecco cosa ebbero da dire gli istruttori di volo riguardo le capacità di questi aviatori in erba:

Riguardo Mohammed Atta: “Il suo grado di attenzione è zero.”

Riguardo Khalid Al-Mihdhar: “Non l’abbiamo buttato fuori a calci ma non ha raggiunto i nostri standard.”

Riguardo Marwan Al-Shehhi: “L’abbiamo mollato per il suo inglese limitato e la sua incompetenza ai comandi.”

Riguardo Salem Al-Hazmi: “Gli abbiamo consigliato di andarsene dopo due lezioni.”

Riguardo Hani Hanjour (il pilota dell'aereo schiantatosi sul Pentagono che avrebbe effettuato una manovra rasoterra giudicata pressochè impossibile anche per piloti con decenni di volo sulle spalle): “Il suo inglese era orribile, e la sua abilità “meccanica” era anche peggio. Era come se fosse a stento capace di guidare anche solo un'automobile. Non riesco ancor oggi a credere che possa aver pilotato un aereo contro il Pentagono. Non era affatto in grado di volare.”

Ora diamo uno sguardo al volo American Airlines 77 (il volo schiantatosi sul Pentagono). Il passeggero/dirottatore Hani Hanjour si alza dal suo sedile più o meno a metà del volo, si apre la via per l’abitacolo combattendo diabolicamente con le sue coorti, riesce a sopraffare il Capitano Charles F. Burlingame ed il primo ufficiale David Charlebois, ed in qualche maniera riesce a buttarli fuori dall’abitacolo (cosa molto difficile da ottenere in un ambiente stretto senza urtare inavvertitamente la cloche, disattivando così il pilota automatico). Si potrebbe, correttamente, presumere che questa cosa presenti delle difficoltà considerevoli per un ragazzino armato di taglierino – Burlingame era un duro, corpulento pilota di F4, veterano del Vietnam che aveva alle spalle oltre 100 missioni di combattimento. Ogni pilota che l’ha conosciuto ha detto che piuttosto che mollare educatamente i controlli, Burlingame avrebbe istantaneamente capovolto l’aereo in modo di far rompere il collo ad Hanjour non appena questi fosse caduto a terra.
Immaginiamo pure che Hanjour riesca a sopraffare i membri dell’equipaggio del volo, li rimuova dall’abitacolo e prenda posto sul sedile del capitano. E, benché i rapporti contraddicano questa affermazione, assumiamo che Hanjour sia stato talmente fortunato da sperimentare un giorno CAVU (visibilità ottima, illimitata). Se Hanjour guardava diritto davanti a sé attraverso il parabrezza, o tutto alla sua sinistra verso terra, al meglio avrebbe potuto vedere, 10.500 metri sotto di lui, un paesaggio grigio/brunastro/verde scuro, virtualmente privo di dettagli in superficie, mentre l’aereo che stava ora pilotando si stava muovendo, quasi impercettibilmente e in un silenzio irreale, a circa 225 metri al secondo.
In uno scenario reale, e considerati i rapporti meteo sulle condizioni di quel giorno, avrebbe probabilmente visto nuvole sotto di se, che gli impedivano di vedere il terreno che stava sorvolando. Con questo tipo di “non consapevolezza della situazione”, Hanjour avrebbe potuto star sorvolando l’Argentina o la Russia o il Giappone allo stesso modo; non avrebbe avuto indizi su dove, con precisione, si trovasse.
Per aggirare questo piccolo problema, la versione ufficiale suggerisce che questi uomini hanno pilotato manualmente i loro aerei verso gli obiettivi rispettivi (NB: questo non solleverebbe da loro il peso della navigazione). Ma assumiamo che Hanjour abbia disinserito il pilota automatico ed abbia pilotato manualmente l’aereo verso il suo prestabilito, ed invisibile, obiettivo, basandosi soltanto sulla strumentazione fino a quando non avesse potuto avere una chiara visuale. Questo l’avrebbe costretto a volare indietro attraverso il West Virginia e la Virginia verso Washington DC. (Questa porzione del tracciato di volo dell’AA77 non può essere corroborata da nessuna prova radar perché si dice che l’aereo sia improvvisamente scomparso dagli schermi radar sopra l'Ohio; ma non soffermiamoci su questo piccolo questione!) Secondo i controllori delle FAA, il “Volo 77” è quindi riapparso improvvisamente sul radar sopra Washington DC ed ha eseguito una virata in picchiata, alla velocità angolare di 360 gradi/minuto mentre scendeva a oltre 1.000 metri al minuto, alla fine della quale “Hanjour” si presume abbia raggiunto il livello del suolo. Oh, avevo quasi dimenticato: ha anche avuto la presenza di spirito di spegnere il transponder nel mezzo di questa manovra incredibilmente difficile (uno dei suoi istruttori più tardi ha commentato che il poveretto non avrebbe potuto nemmeno farne lo spelling se la sua vita fosse dipesa da quello).
La manovra fu, in sostanza, eseguita in modo così preciso che i controllori del traffico aereo di Dulles rifiutarono di credere che il blip sul loro schermo fosse un jet commerciale. Danielle O’Brian, una dei controllori di volo di Dulles che fece rapporto di aver visto l’aereo alle 9:25 disse: “La velocità, la manovrabilità, il modo in cui ha virato, tutti nella stanza radar, tutti noi che eravamo controllori di traffico aereo con esperienza alle spalle, pensammo che fosse un aereo militare.”
E quindi, tutto d’un tratto Hanjour trova il Pentagono che se ne sta adagiato lì, in vista, proprio davanti a lui.
Ma anche questo non era abbastanza per il fanatico pilota suicida musulmano. Vedete, trovò che il suo “missile” si stava dirigendo verso una delle ali più densamente popolate del Pentagono - ed una occupata dagli alti papaveri dell’apparato militare, incluso il Segretario della Difesa, Rumsfeld. Presumibilmente per salvare queste vite umane, esegue allora una virata di 270 gradi ed approccia l’edificio dalla direzione opposta, allineandosi con l’unica ala del Pentagono che era pressochè deserta a causa delle estensive operazioni di rinnovamento che erano in corso (c’erano 120 operai di costruzione civili in quell’ala che furono uccisi... il loro lavoro ironicamente includeva dotare il muro esterno di quell’ala di protezioni anti-missile, di cui era quindi ancora sprovvista, alla faccia di chi insinua che le pareti del Pentagono fossero incredibilmente corazzate e resistenti, tanto da sbriciolare completamente l'aereo). Non sto a menzionare l’impossibilità aerodinamica di far volare un jetliner commerciale a meno di 6 metri da terra a 700 km/h. Una discussione sull'energia dovuta all'effetto suolo, sulla compressione dei tip vortex, sulla reazione downwash sheet, la wake turbolence e gli effetti jetblast sono oltre lo scopo di questo articolo (già soltanto i jetblast da circa 40 tonnellate avrebbero dovuto spazzar via interi semiautocarri dalle strade.)
Sia sufficiente dire che è fisicamente impossibile far volare un aereo di linea da 100 tonnellate a 6 metri da terra a 700 km/h.
Sfido qualunque pilota nel mondo a farlo con un grande aereo ad alta velocità che abbia un carico alare relativamente basso (come un jet commerciale). Cioè far volare l’aereo a 700 km/h a 6 metri dal suolo con una traiettoria piatta per una distanza di un miglio (1.600 metri). Perché dico 6 metri ed un miglio (1.600 metri)? Ci sono diversi pali della luce localizzati fino ad un miglio lontano dal Pentagono che furono tranciati dall’aereo durante il suo approccio; questo suggerisce una traiettoria bassa e piatta durante la fase finale di approccio pre-impatto. Inoltre, si sa che l’aereo ha impattato contro il piano terra del Pentagono. Per avere un riferimento: se un 757 viene piazzato a terra appoggiato sui suoi motori (carrello alzato come nel profilo di volo), il suo muso sarebbe al quasi 6 metri di altezza dal suolo! Ergo, perché l’aereo impattò al piano terra del Pentagono, Hanjour avrebbe dovuto volarci dentro con i motori seppelliti a 3 metri di profondità nel prato del Pentagono. Un pilota qualunque! (Nel prato ovviamente non ci sono segni di nessun tipo.) Ad ogni modo, perché volare ad una quota così bassa è impossibile aerodinamicamente? Perché la forza di reazione del downwash sheet, tremendamente elevata, accoppiata con gli effetti di compressibilità dei tip vortex, semplicemente non avrebbero permesso all’aereo di abbassarsi al suolo più di approssimativamente metà della sua ampiezza alare (cioè non più di 19 metri) – fino a che la velocità non fosse stata ridotta drasticamente; che poi è ciò che, ovviamente, capita durante i normali atterraggi (paragonare un atterraggio alla manovra che avrebbe compiuto Hanjour è quindi assurdo). In altre parole se ci fosse stato veramente un Boeing 757 come riportato, l’aereo non avrebbe potuto volare al di sotto dei 19 metri da terra alla velocità di 700 km/h. (Una manovra simile è invece interamente nel novero delle prestazioni di un aereo con un elevato carico alare, come i caccia di attacco a terra, il bombardiere B1-B, i missili cruise ed il Global Hawk). La stessa identica sfida di navigazione che ho menzionato sopra avrebbe dovuto essere affrontata anche dai piloti che guidarono due 767 contro le Twin Towers; in questo anche loro, avrebbero dovuto prima trovare i loro obiettivi. Di nuovo anche questi chaps miracolosamente trovarono il loro obiettivo durante il tragitto. E di nuovo la loro manovra di “approccio finale” a più di 800 km/h è semplicemente troppo incredibile per essere stata eseguita da piloti che non erano in grado di pilotare in solitaria un aereo da addestramento base. Nella realtà dei fatti un non-pilota senza indicazioni avrebbe incontrato difficoltà praticamente insormontabili nel cercare di navigare e far volare un aereo da 100 tonnellate contro un edificio al suolo, oltre 11 km sotto di lui, lontano centinaia di km e non in vista, e in una direzione ignota, a più di 800 km/h – e tutto questo in circostanze oltretutto estremamente stressanti.”


La demolizione controllata delle Torri Gemelle

Alcuni ricercatori, dal sito Serendipity.it, hanno svolto delle indagini interessanti, e quanto hanno scoperto va decisamente riportato. A loro giudizio, le torri non collassarono soltanto a causa dell’impatto degli aerei, in quanto rimasero in piedi da 45 a 90 minuti dopo l’impatto. La spiegazione ufficiale, riportata pari pari dai mass media, dice che le torri collassarono in quanto l’incendio del carburante del jet causò la fusione delle strutture di supporto in acciaio. Esaminiamo questa ipotesi. Molto (forse nel caso del secondo impatto quasi i 2/3) del carburante del jet si consumò immediatamente nelle palle di fuoco che si sprigionarono quando gli aerei colpirono le torri. Inoltre in accordo all’investigatore Jonathan Barnett del FEMA (Federal Emergency Management Agency), la maggior parte del carburante che riuscì ad entrare nelle torri si consumò nel giro di 10 minuti. Dalle Torri gemelle uscì molto fumo nero ma c’era poco fuoco visibile. Ma per fondere l’acciaio si ha necessità di alte temperature come si possono ottenere ad esempio con la torcia ad ossiacetilene. Tali condizioni non si determinano con il carburante del jet che brucia in aria (e in particolare in ambienti chiusi, dove c’è molto fumo e poco ossigeno disponibile). E se le colonne di acciaio si fossero fuse avrebbero prodotto un collasso implosivo come si è verificato? Se le colonne si fossero fuse è improbabile che la risultante debolezza strutturale sarebbe stata completamente simmetrica (come invece avviene quando una costruzione collassa su stessa in una demolizione controllata). In un collasso non controllato le strutture sarebbero crollate giù spargendosi in una vasta area (causando danni importanti alle costruzioni vicine e ai loro occupanti). Questo non è accaduto. Queste considerazioni (e altre che diremo dopo) mostrano che la possibilità che le migliaia di litri di carburante incendiato abbiano determinato un calore infernale e causato la fusione dell’acciaio è un fatto estremamente dubbio e non spiega il collasso delle torri. L’esame dei tempi degli eventi dell’11 Settembre fornisce un’ulteriore prova che il fuoco non causò il crollo delle torri. La Torre a Nord fu colpita per prima alle 8:45. L’aereo (o qualche oggetto, non necessariamente il grosso jet passeggeri) urtò direttamente la torre, nel centro, e una forte esplosione immediatamente seguì l’impatto. Dopo alle 9:03 la Torre a Sud fu colpita, ma chi stava controllando l’aereo non determinò un urto diretto, ma piuttosto l’aereo colpì la torre verso un angolo e ad angolo acuto, e, in paragone all’altro, poco carburante entrò nella costruzione, consumandosi in una palla di fuoco. Poiché l’aereo e il suo carburante proseguono in una comune traiettoria, questa nella torre Sud avvenne attraverso un angolo. Poichè le strutture in acciaio che portavano la maggior parte del carico erano localizzate nel centro della torre, e poichè le parti metalliche dell’aereo non urtarono tali colonne d’acciaio, centrali e portanti, si può affermare che la torre Sud rimase in gran parte non danneggiata dall’impatto. Così né l’urto dell’aereo né l’incendio del carburante danneggiarono sufficientemente la Torre Sud da determinarne il crollo, che pertanto avvenne per altre cause. Il fuoco nella Torre Sud era meno intenso rispetto alla Torre Nord. Ma la Torre Sud collassò prima, alle 9:59, 56 minuti dopo l’impatto, mentre la Torre Nord collassò alle 10:29, 1 ora e 44 minuti dopo l’impatto. Se il fuoco fosse stata la causa del crollo allora la Torre Nord, con il fuoco più intenso, sarebbe dovuta collassare prima. O, messo in un altro modo, se il fuoco è la causa del crollo, allora la Torre Sud, colpita dopo la Torre Nord, e soggetta ad un fuoco meno intenso, avrebbe dovuto collassare dopo (non prima) della Torre Nord.

Una dimostrazione convincente che le Twin Towers non collassarono a causa delle fiamme è stata fornita da J. McMichael:
“Usare carburante per sciogliere l’acciaio è una scoperta sbalorditiva, veramente. Gli operai della siderurgia perdono tempo con le torce di acetilene, con le bombole di ossigeno, con le fornaci elettriche e altri elaborati congegni, mentre invece questi brillanti terroristi che cosa fanno? Usano carburante da jet, che costa circa 80 cent a gallone. Il calore non appena viene condotto alle parti più fredde dell’acciaio, raffredda la parte che tu stai cercando di scaldare... Devo credere che l’incendio divampò a lungo, tanto da far raggiungere all’acciaio la temperatura di fusione (1538°C, non 800°C come riportato)? O che il carico di combustibile di un jet è bruciato costantemente fino a riscaldare al punto di fusione 200.000 tonnellate di acciaio (quantità di acciaio contenuta in una Torre)?... I Musulmani sospendono le leggi della fisica!”
Tutte le opinioni dei cosiddetti esperti che cercano di spiegare il collasso delle Twin Towers come conseguenza degli impatti degli aerei e dei successivi incendi sono congetture (a causa della distruzione della prova) per cercare di offrire delle ragioni alla storia ufficiale. Per alcuni esempi sull’ignoranza di alcuni esperti e sulla mancanza di consenso relativamente alle "spiegazioni", vedi Eric Hufschmid nell’articolo “Quando nessuno sa niente, tutti sono esperti”.

Il "rapporto ufficiale" sul collasso delle Torri Gemelle venne presentato circa a metà del 2002 da un gruppo che aveva condotto l’"inchiesta" sotto la direzione del FEMA. Qusto rapporto può convincere coloro che credono a quello che leggono ma non è convincente per chi legge in modo critico. Il Capitolo 2 di questo rapporto, con le relative obiezioni, è consultabile a Il rapporto WTC: WTC 1 e WTC 2:

“... è ben noto che la massima temperatura che può essere raggiunta dalla combustione di un idrocarburo non-stechiometrico (come nel caso degli idrocarburi del combustibile degli aerei che bruciano nell’aria) è 825 gradi Centigradi (1520 gradi Fahrenheit). ... [Gli] incendi del WTC erano pieni di carburante (come evidenziato dal denso fumo nero) e così non si è mai avvvicinato al limite di 825 gradi…”

La storia ufficiale dice che le torri collassarono perché (a) il solo collegamento fra il muro perimetrale esterno e la struttura centrale era rappresentato da travature reticolari deboli e di scarso peso, (b) l’impatto dell’aereo indebolì queste travature e il calore del fuoco le deformò finchè (c) le travature stesse cedettero e (d) gli impiantiti persero il loro supporto cadendo su quelli inferiori determinando così lo schiacciamento di tutti i piani.

Che questa "teoria del trave" è falsa è stato dimostrato in La Demolizione del World Trade Center .
Prima di tutto, vi doveva essere uno stretto collegamento tra il muro perimetrale e la struttura centrale di modo che il carico del vento fosse trasmesso alla struttura centrale. Se la forza del vento non fosse trasmessa, la struttura perimetrale con il vento forte si muoverebbe molto mentre quella centrale rimarrebbe praticamente ferma il che causerebbe scollamento degli impiantiti, ma questo non è mai accaduto. E allora dovevano esserci delle robuste travi d’acciaio che collegavano le struttere perimetrali con le centrali e non solo delle semplici travi. Queste travi non possono, in conseguenza dell’impatto o delle fiamme, aver determinato un indebolimento catastrofico di tutta la struttura.
In secondo luogo, credere che vi erano solo travi di scarsa importanza porta a calcolare la quantità di acciaio a 2/3 di quella che si dice essere stata impiegata nella costruzione (rimarrebbero cioè fuori 32.000 tonnellate di acciaio). Così anche questa supposizione è falsa. Quelle 32.000 tonnellate sono quelle impiegate nella costruzione delle travi d’acciaio che collegavano i muri perimetrali con la struttura centrale.
In terzo luogo, esiste la prova fotografica di queste strutture orizzontali. La teoria delle travi è una fabbricazione che è stata diffusa per dare un aspetto plausibile alla storia ufficiale su come sono collassate le Torri Gemelle. Una altro problema con la storia ufficiale è il modo con cui le torri sono collassate e cioè in modo uniforme, simmetrico e senza interruzioni.
Se l’incendio avesse fuso le strutture degli impiantiti, il collasso sarebbe iniziato dal 60° piano in giù, i piani superiori sarebbero rimasti sospesi in aria, sorretti solo dalle strutture centrali. Questa situazione sarebbe divenuta presto instabile e i 30 piani superiori sarebbero crollati... come mai allora i piani superiori sono scomparsi, invece di crollare a terra come un blocco di migliaia di tonnellate di cemento e acciaio? Quandi i vari piani sono caduti, sarebbero dovute rimanere in piedi le colonne di acciaio centrali come pilastri alti ¾ di miglio (dal terreno all’incendio, almeno), denudati e senza supporto, e quindi essi sarebbero dovuti cadere intatti o in sezioni sul terreno circostante, coinvolgendo le costruzioini vicine decine di metri dal WTC, come alberi giganti che cadono nella foresta. Ma io non ho visto una sola foto di queste colonne che si ergevano, o che cadevano o che giacevano sul terreno. Né ho sentito di danni causati dalla loro caduta.

Quale che sia stato il danno, gli incendi non sono stati uniformemente distribuiti (specie nel caso della Torre sud, colpita dall’aereo solo in un angolo della costruzione). Se il collasso fosse dovuto agli incendi, esso sarebbe stato allora irregolare, con parti delle Twin Towers che rimanevano intatte e collegate mentre altre cadevano. Ma entrambe le torri sono collassate in modo completo e simmetrico, con i piani che si schiacciavano uno sull’altro, esattamente come si vede nelle demolizioni controllate di alte costruzioni.
E’ interessante notare che la società appaltatrice i cui uomini furono per primi sulla scena del collasso del WTC per portare via le macerie è la stessa società che demolì e portò via lo scheletro dell’edificio distrutto da ordigni di Oklahoma City. Il nome della società è Controlled Demolition (Demolizione controllata)!
E' noto come le Torri Gemelle fossero state progettate per reggere all'impatto di mutlipli aerei commerciali, grazie alla poderosa serie di piloni centrali di acciaio di supporto, ed alla particolarissima struttura esterna, a maglie in acciaio incrociate, che permetteva di redistribuire il carico sulle quelle restanti, in caso che una parte di esse fosse venuita a mancare. Ed infatti, ambedue gli edifici avevano retto egregiamente agli impatti, oscillando, scricchiolando e vibrando per qualche minuto, prima di ritornare stabili e immobili, con il carico redistributo ben sotto i margini di tolleranza. E gli incendi stessi, sviluppatisi a causa della fuoriuscita di kerosene, erano durati molto poco, senza mai raggiungere, nemmeno al momento delle esplosioni, le temperature necessarie ad indebolire l'acciaio delle strutture portanti. Svariati studi di architettura hanno respinto con decisione l'ipotesi dell'indebolimento progressivo dell'acciaio, ricordando che prima dei crolli il fumo di ambedue gli incendi era addirittura diventato nero, segno evidente... che le fiamme avevano ormai finito di consumare il materiale disponibile. Eppure, inspiegabilmente, misteriosamente, improvvisamente, dopo aver retto per più di un'ora ciascuna, le Torri sono ambedue crollate, accartocciandosi su se stesse, in maniera praticamente identica, tanto rapida quanto simmetrica, e senza minimamente danneggiare gli edifici circostanti. Il solo fatto che due Torri di 400 metri cadano, nel centro di Manhattan, senza colpire uno solo degli edifici circostanti, è certo da Gunness dei primati. Stessa sorte, ancora più inspiegabile, è toccata nel pomeriggio al WTC7, un grattacielo in cemento armato di 40 piani, che aveva subito solo un incendio limitato, e non era stato nemmeno sfiorato dagli aerei. Un grattacielo molto simile ha bruciato di recente, a Madrid, per oltre 48 ore, sviluppando temperature decisamente superiori, senza che la struttura di acciaio cedesse minimamente in alcun punto.
Dall'inizio della storia dell'ingegneria civile, nessun grattacielo in cemento armato era mai crollato per effetto del fuoco. L'11 Settembre 2001, nello stesso luogo, e nell'arco di poche ore, ne sono caduti addirittura tre fra i più moderni e robusti del mondo.

Il valzer di aerei di Cleveland

Qualcono ha suggerito che quello che si è schiantato in Pennsylvania non è veramente il volo United 93, ma un altro aereo. In tal caso, che fine ha fatto il vero volo UA-93?" Nel caos delle ore successive agli attacchi dell'11 settembre, fra le 10 e le 11, un aeroplano fu costretto ad un atterraggio d'emergenza all'Aeroporto Hopkins di Cleveland. Circolava la voce che fosse stato dirottato o che ci fosse una bomba a bordo. L'aereo fu evacuato dall'FBI, che, con cani addestrati, si mise alla ricerca di esplosivo al suo interno. Il tutto si rivelò un falso allarme. L'aereo - il Volo Delta 1989 - non era stato dirottato né vi erano ordigni a bordo.
Ma, un più attento esame dell'accaduto porta alla luce una serie di dati discordanti. Così, in pratica, non risulta chiaro né il momento dell'atterraggio, né il numero dei passeggeri, né la localizzazione dell'aereo dirottato. Per ogni particolare aspetto della vicenda ci sono 2 diverse versioni. Non 1 o 3 o 4, ma solo due versioni. Non uno, ma due furono gli aerei costretti ad un atterraggio d'emergenza a Cleveland - uno dopo l'altro, in stretta successione. La prova è fondata su giornali locali e sulle notizie radio dell'11 e 12 settembre (in particolare dall'Akron Beacon Journal e dal Cleveland Plain Dealer), sulle dichiarazioni di testimoni e messaggi inviati via internet la mattina dell'11 settembre (persone che ascoltavano la radio e immediatamente postavano le notizie). Uno dei due voli fu effettivamente il Delta 1989. Noi non sappiamo l'identità dell'altro volo, e così lo chiamiamo "Flight X".
A Cleveland alle 10 l'aeroporto venne evacuato. Senza dubbio, questo fatto si lega bene con la notizia che un aereo dirottato doveva atterrare. Ai passeggeri fu permesso di lasciare l'aeroporto ma non di usare le proprie auto. Essi dovettero andarsene a piedi o farsi trasportare verso l'autostrada. Agli autobus non fu permesso lasciare l'aeroporto. Fu una situazione molto tesa. Questi fatti sono irrefutabili. Michael White, sindaco di Cleveland, tenne una conferenza televisiva alle 11 (dopo l'atterraggio). Secondo il Cleveland Plain Dealer, egli affermò che c'era un rapporto non confermato che parlava di dirottamento o di bomba a bordo. Ma nel prosieguo della conferenza comunicò che non era stato dirottato, e più tardi dichiarò che non vi erano bombe a bordo. Ma questa non fu la sola "variante" della versione durante la giornata. Al mattino White dichiarò che i controllori di volo avevano udito grida a bordo dell'aereo, ma nel pomeriggio non si fece più menzione delle grida. Esaminiamo ora alcuni aspetti di questo atterraggio d'emergenza, dato che per ognuno dei soprascritti parametri vi sono due versioni diverse, il che suggerisce, come già detto, che si stia parlando di 2 aerei.

1) Il momento dell'atterraggio

AP e due giornali dell'Ohio riportano le 10 e 45 (versione 1A). La Delta Airlines registra invece le 10 e 10 come momento dell'atterraggio e i vigili del fuoco di Cleveland confermano che l'atterraggio è avvenuto prima delle 10 e 30 (versione 1 B). Poiché la Delta Airlines non ha mai perso la traccia del proprio veicolo, l'aereo atterrato alle 10 e 10 non poteva che essere il Delta 1989. Allora, secondo la nostra ipotesi, l'aereo delle 10 e 45 era il Flight X.

2) L'inizio dell'evacuazione dei passeggeri

L'Akron Beacon Journal scrive in una edizione straordinaria dell'11 settembre che i passeggeri lasciarono l'aereo alle 11 e 15. Questo è confermato dai post su internet in tempo reale (2A). Ma una passeggera del Delta 1989 afferma che è dovuta rimanere insieme agli altri nell'aereo per 2 ore prima che l'FBI finisse di svolgere le indagini. Il Plain Dealer riferisce che l'aereo è stato evacuato alle 12 e 30, confermando quanto dichiarato dalla testimone. (2B).

Grazie soprattutto a quella testimonianza possiamo concludere che il Delta 1989 atterrò alle 10 e 10 e venne evacuato alle 12 e 30. Il Flight X atterrò alle 10 e 45 e fu evacuato alle 11 e 15.

3) Il numero dei passeggeri

Il primo rapporto della stampa ci dice che l'aereo trasportava 200 passeggeri. Il sindaco White riferì lo stesso numero alla conferenza delle 11 (3A). Non disse comunque come aveva ottenuto quella cifra. La passeggera del Delta 1989 fornì invece una cifra di "circa 60" passeggeri". E questo numero è confermato da successivi articoli e segnalazioni - la storia cambiava dunque rapidamente. Ora, 69 passeggeri divenne la cifra fornita, molto vicina a quel "quasi 60" (3B).

Possiamo allora concludere che il Delta 1989 atterrò alle 10 e 10 e che 69 passeggeri vennero evacuati alle 12 e 30. Il Flight X atterrò alle 10 e 45 e i suoi 200 passeggeri furono rilasciati alle 11 e 15.

4) Il luogo dove furono intervistati i passeggeri

In quasi tutti i resoconti si legge che la maggioranza dei passeggeri venne trasferita ad una vicina sede della NASA (4A). Esattamente al NASA Glenn Research Center, situato vicino alla estremità ovest dell'aeroporto, che era già evacuato. La testimone del Delta 1989 afferma invece di essere stata trasferita in un "edificio della sicurezza nell'aeroporto". Questo è confermato da un rapporto secondo cui i passeggeri del Delta 1989 vennero intervistati nella postazione principale dell'Ente Federale Aeronautico (FAA) (4B). E sicuramente l'FAA non è situato all'interno della postazione della NASA.

Possiamo allora concludere che il Delta 1989 atterrò alle 10 e 10, e alle 12 e 30 i suoi passeggeri vennero trasferiti nella sede dell'FAA. Il Flight X atterrò alle 10 e 45, e, alle 11 e 15, i 200 passeggeri vennero portati nel Centro della NASA, evacuato.

5) L'esatta localizzazione dell'aereo.

Questa è la prova finale dell'esistenza di due aerei. Entrambi vengono segnalati in pista, ma a miglia di distanza l'uno dall'altro. Un aereo è segnalato all'estremo occidentale della pista 28/10 e, guarda caso, vicino al Centro della NASA (punto 10 della mappa). Questo è confermato dall'Associated Press e da una testimone (5A). L'altro aereo si trova fermo all'estremo sud della pista 18/36 vicino al Centro I-X (punto 36 della mappa), come confermato anche da 2 testimoni (5B). La situazione geografica dell'aeroporto ci suggerisce che i passeggeri all'estremo occidentale furono trasportati al Centro della NASA mentre i passeggeri all'estremità meridionale alla postazione FAA.

I 69 passeggeri del volo Delta 1989 sono (si spera) sani e salvi. Rimane però la domanda: da dove veniva il Flight X, chi erano i 200 passeggeri e che cosa è accaduto loro?

White disse che un altro aereo era stato fatto deviare verso Toledo. Akron Beacon Journal 9/11/01
Egli ha affermato che secondo i funzionari dell'aeroporto un secondo aereo in difficoltà aveva sorvolato lo spazio aereo di Cleveland diretto a Toledo. Le autorità del Toledo Express Airport non hanno avuto al momento alcuna informazione di un aereo proveniente da Cleveland. Associated Press, 9/11/01. A questo punto abbiamo un altro oscuro aereo in una situazione di emergenza, e, alla luce delle nuove prove, potremo domandarci se l'aereo di Toledo è identico al Flight X. Sembra comunque che il sindaco White non sia la persona più informata a Cleveland in quanto ha cambiato versione almeno un paio di volte nel corso della stessa giornata.

La dichiarazione di Virginia Buckingham fa riflettere. Virginia Buckingham non era solo la responsabile della sicurezza all'aeroporto di Boston l'11 settembre, ma era anche il direttore della Autorità Portuale. Dalle 9 e 40, secondo i dettami dell'Ente Federale Aeronautico (FAA) tutte le operazioni di volo erano cessate. Mentre veniva valutata la situazione generale dei voli, giungeva la segnalazione che un volo Delta, a largo di Logan, diretto verso la costa occidentale, aveva perso i contatti radio con la torre di controllo. Quando esattamente il Delta 1989 perse i contatti radio? Alle 9:36, il Centro Cleveland aveva avvertito l'aereo di mantenersi distante dall'UA 93, mentre sull'USA Today si conferma che il pilota chiese ai controllori di atterrare a Cleveland subito dopo le 9:45. Quindi alle 9:45 circa il Delta 1989 era in contatto con la torre di controllo. Victoria Buckingham: «Sentii un groppo alla stomaco. Ci sarebbe voluto più di un'ora per avere finalmente la notizia che l'aereo era atterrato senza incidenti a Cleveland.» Così ci volle più di 1 ora prima che la Buckingham venisse a sapere dell'atterraggio dell'aereo: quindi alle 10:45-11:00 (esattamente il tempo dell'atterraggio del Flight X). La Buckingham stava parlando del Flight X? Il Delta 1989 era infatti già atterrato alle 10:10 a Cleveland e risulta del tutto improbabile che il pilota permettesse ai passeggeri di effettuare chiamate dai propri cellulari, senza avvertire la sua compagnia dell'atterraggio riuscito. Se viceversa la Buckingam sta parlando del Delta 1989 perché avrebbe dovuto aspettare più di 1 ora prima di ricevere il messaggio che per l'aereo e i passeggeri era tutto a posto?


Gli Aerei Fantasma

Secondo la versione ufficiale sui fatti dell’11 settembre 2001, “terroristi arabi” dirottarono quattro aerei commerciali, due dei quali vennero condotti contro le Torri Nord e Sud del World Trade Center e un terzo contro il Pentagono. Secondo il ricercatore Peter Meyer, esisterebbero prove, ricavate da documenti forniti dal governo americano, secondo cui quanto detto potrebbe non essere vero.

Riepiloghiamo gli aeroporti di partenza e i numeri di volo degli aerei:

Newark Liberty International (Newark, NJ) – UA93
Logan International (Boston, MA) - UA 175 e AA 11
Dulles International (Washington, DC) – AA 77

Le statistiche dell’agenzia statunitense dei trasporti (BTS) sono mostrate nel loro sito web http://www.bts.gov/. L’Agenzia riporta ogni volo interno in programmazione negli aeroporti americani, anche se non effettuato, a meno che il volo non sia stato cancellato almeno sette giorni prima della data stabilita per la partenza. L’Agenzia ha una pagina relativa alle statistiche delle partenze. Per comprendere l’articolo, chi legge dovrebbe collegarsi a quella pagina e selezionare "Scheduled departure time". Quindi selezionare l’aeroporto "Newark, NJ", poi "United Airlines", infine "September 10, 2001" (non 11). Si vede che il volo UA 93, diretto a San Francisco, era programmato per le ore 08:00, e che il numero di coda dell’aereo assegnato per quel volo era N570UA. Ora ripetiamo le operazioni per l’11 settembre e ritroveremo gli stessi risultati, eccetto che il numero di coda dell’aereo designato era N591UA. Ritorniamo indietro alla pagina "Departure Statistics" e selezioniamo “Actual departure time". Scegliendo i dati come sopra (aeroporto, ecc.), troviamo che l’UA 93 partì alle 7:57 il 10 settembre e alle 8:01 l’11 settembre.

Possiamo fare le stesse operazioni per tutti i voli. I risultati (ove, per numero di coda “UNKNOW” si intende ‘non noto’ per quanto riportato dall’agenzia) sono:

DATA - N. VOLO - DESTINAZIONE - ORARIO - N. CODA - ORA DECOLLO

10 sett. - UA93 - San Francisco - 08.00 - N570UA - 07.57
11 sett. - UA93 - San Francisco - 08.00 - N591UA - 08.01

10 sett. - UA175 - Los Angeles - 08.00 - N618UA - 07.59
11 sett. - UA175 - Los Angeles - 08.00 - N612UA - 07.58

10 sett. - AA11 - Los Angeles - 07.45 - N321AA - 07.41
11 sett. - AA11 - Los Angeles - 07.45 – IGNOTO – 00.00

10 sett. - AA77 - Los Angeles - 08.10 - N632AA – 08.09
11 sett. - AA77 - Los Angeles - 08.10 - IGNOTO – 00.00

Così secondo queste informazioni i voli AA 11 e AA 77 sarebbero stati in programma l’11 settembre. Ci si potrebbe domandare perché non ci sono numeri di coda per i voli programmati? Se gli aerei erano assegnati per quei voli, allora i numeri di coda dovevano essere noti prima dell’11 settembre, ma come si vede i numeri di coda sono segnati come “ignoto”. E se quei voli sono realmente avvenuti, perché l’orario di partenza è segnato con “00.00”? Ma, cosa ancor più importante, quest’informazione non è quella che lo stesso sito aveva fornito in precedenza. Fino al 2004, le richieste di informazioni al sito, fornivano risultati diversi; questi risultati sono stati riportati da Gerard Holmgren nel novembre 2003. Altre persone, che hanno letto i suoi dati, salvarono a loro volta le più importanti pagine direttamente dal sito BTS. (I dati sono già stati discussi in un articolo sul sito ww.serendipity.li).Ma i ricercatori sull’11 settembre sembrano non ricordarsi questi dati, per questo appare necessario ridiscuterli con maggiore dettaglio, e rendere esplicito ciò che essi implicano. Vediamo ciò che dicevano le pagine web originali BTS. Clicchiamo sui link sottostanti per vedere le copie (salvate nel novembre 2003) delle pagine "Departure Statistics" per l’11 settembre 2001 per i voli United Airlines (UA) e American Airlines (AA) negli aeroporti selezionati:

UA: Newark, NJ — Newark International

UA: Boston, MA — Logan International

AA: Boston, MA — Logan International

AA: Washington, DC — Washington Dulles International

Da cui otteniamo per il giorno 11 settembre:

Volo UA 93, destinazione San Francisco, orario previsto 8.00, N. coda N591UA, orario decollo 8.01

Volo UA 175, destinazione Los Angeles, orario previsto 8.00, N. coda N612UA, orario decollo 7.58

Volo AA 11, nessun dato per destinazione, orario previsto, N. coda, orario decollo.

Volo AA 77, nessun dato per destinazione, orario previsto, N. coda, orario decollo.

Quindi, per l’11 settembre 2001, e per i voli UA 93 e UA 175, la destinazione, il numero di coda, la data di partenza sono le stesse di quelle fornite sopra. Ma per i voli AA11 e AA77 la situazione è totalmente differente – questi voli non erano assolutamente programmati. L’implicazione è che, l’11 settembre 2001, i voli AA 11 e AA 77 non sono esistiti.
Nelle statistiche Airline On-Time Statistics andiamo a questa pagina sul sito web BTS e selezioniamo "United Airlines", numero di volo "0093" e l’estensione di data dal 10 all’11 settembre 2001. Ci appare una pagina che fornisce i dati per il volo UA 93 il 10 settembre 2001, ma sopra c’è la seguente nota:

“L’11 settembre 2001, i voli #11 e #77 dell’American Airlines e i voli #93 e #175 dell’United Airlines sono stati dirottati da terroristi. Così, questi voli non sono inclusi nelle statistiche”

Ma questa nota è stata aggiunta dopo il novembre 2003. Prima, la stessa richiesta (ma solo per il giorno 11 settembre 2001) forniva la pagina mostrata qui. Simili richieste al database BTS originale fornivano le seguenti pagine per UA 93, AA 11 e AA 77. Così il sommario delle statistiche (per quel periodo specificato) per i 4 voli è diverso nella versione attuale del database rispetto a quella che esisteva fino al 2004. Nella versione originale il sommario includeva dati per i voli UA 93 e UA 175 l’11 settembre 2001, mentre quelli per i voli AA 11 e AA 77 sono esplicitamente esposti come non esistenti. E nella corrente versione sono esclusi i dati per tutti e quattro i voli dell’11 settembre. Questo cambiamento è stato eseguito presumibilmente per nascondere il fatto che i voli AA 11 e AA 77 non sono esistiti l’11 settembre 2001.

Che dire dei passeggeri sui voli AA 11 e AA 77?

Naturalmente, se questi voli non sono esistiti, allora non c’erano passeggeri (o membri dell’equipaggio). La domanda allora diventa: Che dire delle liste di passeggeri dei due voli? Dobbiamo trarre un’ovvia conclusione: le liste dei passeggeri erano false. Esse furono fornite alla CNN, al Newsweek, ecc., presumibilmente dagli organizzatori (ancora una falsa prova per sostenere la storia ufficiale). Ci possono essere reali persone i cui nomi sono stati inclusi nelle liste, e, se è così, allora dovremmo domandarci chi di loro è ancora vivo e che cosa è accaduto a quelli che non lo sono più.


Il buio oltre l’arbusto

In spagnolo, la seconda lingua del Texas, si dice «arbusto». In inglese si traduce «bush». Ed è proprio formando la compagnia petrolifera Arbusto Energy che il giovane George W. Bush, attuale presidente degli Stati Uniti, fa il suo debutto ufficiale nel mondo degli affari. E’ il 1978. Sono passati tre anni da quando ha terminato gli studi alla Harvard Business School. Fra i compagni d’avventura imprenditoriale c’è anche James Bath, suo vicino di casa, compagno di Air National Guard e amico intimo. Ma soprattutto Bath è un collaboratore di lungo corso della Cia e uomo di fiducia in America della famiglia reale saudita. Nella Arbusto Energy, non a caso, investono direttamente due fedelissimi della corona di Riad. I loro nomi: lo sceicco Salem Bin Laden, fratellastro di quell’Osama Bin Laden che sarebbe diventato più tardi il principe nero del terrorismo islamico, e Khaled Bin Mahfuz, uomo chiave dello scandalo Bcci e oggi ritenuto uno degli alleati chiave di Osama.
Ma quella fra i Bush e i Bin Laden è una saga che in realtà comincia a prendere forma molto prima. In Texas lo sceicco Muhammad Bin Laden, il patriarca, inizia a fare affari fin dai ’60. E nel 1968 muore in un misterioso incidente aereo. Poi il testimone passa al figlio Salem. Arriva in Texas nel 1973, costituisce ad Austin la compagnia aerea Bin Laden Aviation ed entra presto nei circoli che contano, fra alta finanza e politica locale. L’obiettivo è di stringere i legami necessari per arrivare a influenzare la politica Usa a favore degli interessi sauditi. La chiave d’accesso è George Bush, padre dell’attuale presidente, uomo collegato alla Cia fin dai tempi della Baia dei Porci nel ’61, poi nominato a capo della Cia nel ’76, salito alla Casa Bianca nell’81 come vice di Ronald Reagan e infine, presidente degli Stati Uniti dall’88 al ’92.
Così, fin dai primi anni ’70, le storie e gli interessi delle due famiglie s’intrecciano a più riprese. Non solo negli affari comuni in campo petrolifero e finanziario, ma soprattutto nelle vicende che hanno scandito la politica Usa e internazionale. Un esempio su tutti: l’ affaire Bcci, il più grande scandalo criminal-finanziario del secolo, un magma di connivenze che è servito a coprire le operazioni in Iran e nell’Iraq di Saddam Hussein, nel Nicaragua diviso fra Sandinisti e Contras come nell’Afghanistan dei mujaheddin. Ed è servito ad alimentare il riciclaggio di uno spaventoso flusso di denaro proveniente da traffico di droga e armi.
Un ruolo fondamentale nella liaison Bush-Bin Laden lo svolge proprio James Bath. All’epoca della Arbusto i suoi affari gravitano attorno a una serie di piccole compagnie aeree (ottime clienti della Air America, che si scopre poi essere una società di copertura della CIA). Ma Bath è anche molto altro: informatore della Cia, intermediario nella Bcci, uomo di fiducia in America di Bin Laden, Mahfuz e, in definitiva, della Corona saudita. E’ lui uno dei grandi finanziatori di quella Arbusto che più tardi, nell’82, George W. Bush trasforma in Bush Exploration Oil, poi fonde con altre compagnie e infine trasforma in Harken Energy, in una continua girandola di nuovi finanziamenti provenienti da paesi arabi come da personaggi del giro Bcci o fedelissimi di casa Bush come James Baker (ex segretario di Stato Usa).
A George W. Bush le attività industriali fruttano molto denaro, ruoli di primo piano nei consigli d’amministrazione e ricchi contratti di consulenza, anche se le attività, in realtà, vanno malissimo (per due volte la società arriva alle soglie del fallimento, ma viene sempre salvata dal consueto circolo di finanziatori). E fioccano le super-commesse. Come quella dell’89, quando il governo del Bahrein straccia improvvisamente un contratto con la Amoco e incarica la Harken di un mega-progetto di estrazione petrolifera off shore , ben sapendo che la Harken fino a quel momento non ha realizzato altro che qualche piccola estrazione di greggio di Oklahoma e Louisiana (mai in mare) e si trova in condizioni finanziarie disperate.
Solo un anno prima, nell’88, muore Salem Bin Laden. Anche lui in Texas. Anche lui precipitando in aereo in circostanze misteriose. Ma le «strade parallele» fra i Bush, Bath e le famiglie saudite non si fermano. Attraversano buona parte degli anni ’90, per poi scomparire progressivamente dai rapporti d’intelligence.


Fammi una polizza antiterrorismo

Tra i tanti scrittori che hanno dedicato anima e corpo alla ricerca inerente l’11 Settembre, va assolutamente citato il ricercatore, giornalista, ex inviato di “Avvenire”, esperto di avionica e delle strutture di intelligence, ha scritto diversi libri sull’argomento. Ma sinceramente, uno dei suoi articoli che mi colpì di più, era quello inerente la polizza assicurativa sulle Torri Gemelle.
“C’è un procuratore tedesco di nome Stefan Grossman che dice di aver fatto una scoperta sensazionale: tra giugno e luglio del 2001, l’assicurazione che copriva le due torri del World Trade Center sarebbe stata ritoccata al rialzo. Il valore assicurato sarebbe stato aumentato da 1,05 a 4 miliardi di dollari”, spiega Blondet. “Tra l’altro, pare che nel 1989 sia stato compiuto uno studio per l’abbattimento delle Twin Towers e la loro ricostruzione a causa di un grave inconveniente tecnico riscontrato nei due grattacieli: il fenomeno della corrosione galvanica dovuto al contatto di due metalli diversi – l’alluminio con l’acciaio dell’armatura – ne minacciava la stabilità. Simile inconveniente aveva già portato al restauro della Statua della Libertà. Se è vero, le menti dietro l’11 settembre hanno colpito due grattacieli già condannati (e troppo dispendiosi da mantenere), e hanno pensato di farci sopra qualche buon affare.”
Naturalmente, questa non era l’unica notizia interessante in merito alle speculazioni sulle Twin Towers. Un altro articolo, a firma di Marco Magrini de Il Sole 24 ore, del 16 settembre 2001 recitava: Torri Gemelle affittate per 99 anni. Larry Silverstein (sangue ebreo e passaporto americano) in data 24 Aprile 2001 ha stipulato quello che lui stesso ha definito "il più grande affare della mia vita": prendendo in affitto per 99 anni, alla modica cifra di 4800 miliardi di lire, le Torri Gemelle del World Trade Center. Con l'offerta da 2.3 miliardi di dollari, Silverstein ha battuto quella da 2.4 avanzata dalla Vornado Property Trust di Boston che (senza immaginare quel che sarebbe successo), è andato su tutte le furie, scatenando una campagna di stampa contro l'imprenditore ebreo. In questa impresa Silverstein non era solo: la Westfield Holdings quotata a Wall Street e controllata da Frank Lowy (il secondo uomo più ricco dell'Australia) si era aggiudicata gli enormi spazi commerciali del World Trade Center offrendo altri miliardi di dollari. Ovviamente non a fronte di una pagamento sull'unghia. I due partner hanno dato alla Port Authority un deposito di 616 milioni di dollari, più 115 milioni all'anno (per 99 anni) e una percentuale mai resa nota sugli affitti (a dir poco stellari). Solo gli uffici delle Torri Gemelle ammontano a 984.000 metri quadrati, quasi interamente locati fra i 40 e i 50 dollari annui a piede quadrato; più o meno, un milione di lire per metro quadrato all'anno. Quanto basta per dire che, detratti gli oneri finanziari e le ingenti spese di gestione, il signor Silverstein aveva di che ripagare il quasi secolare contratto firmato con la Port Authority. Del resto anche se il portafoglio immobiliare della Silverstein Properties s'è di un tratto dimezzato, l'imprenditore ha la sua brava rete di sicurezza. Gira voce che il complesso immobiliare fosse assicurato per 4 miliardi di dollari (circa 8300 miliardi di lire).
Ma c'è di più. Nell'intesa firmata ad aprile, è scritto a chiare lettere che il contratto perde di validità in un caso preciso: un attacco terroristico. Inutile dire che ci vorranno mesi e stuoli di avvocati, prima di definire i risarcimenti delle compagnie assicurative - destinati a mettere in ginocchio soprattutto le società di riassicurazione - e anche per la rottura del contratto con la Port Authority, con il conseguente rimborso nelle capienti tasche di Silverstein e della Westfield.
Per Silverstein comincia oggi un'altra avventura. Al momento, la Silverstein Properties è al lavoro in una impresa monumentale: trovare un nuovo ufficio per le 480 imprese di 28 paesi che popolavano le Torri Gemelle. La crisi della New Economy stava finalmente allentando i prezzi stellari degli uffici di New York, e in particolare nel cosiddetto "Financial District": -3.4% da inizio anno. Oggi che un milione e mezzo di metri quadrati sono andati in fumo, l'improvvisa scarsità di spazio nell'angusta isola di Manhattan spingerà inevitabilmente gli affitti alle stelle.
Dopodiché, Larry Silverstein avrà buon gioco nell'affrontare la ricostruzione. Quei 4 miliardi di dollari che si stima le assicurazioni dovranno sborsare, non bastano a ricostruire fedelmente il complesso, il cui valore è valutati in 6.5 miliardi di dollari. "Ma non è detto che le future torri debbano essere così alte - ha già dichiarato Silverstein, - l'importante è andare avanti".


Il 10 luglio 2003, il giornalista Franco Pantarelli, da New York riporta che “i capi della commissione d'indagine sull'11 settembre accusano il governo di «non collaborare» e i funzionari di atteggiamenti «intimidatori». La Casa bianca ammette l'«errore» sull'uranio iracheno ma lo scarica sui servizi di Londra. Il numero di americani che credono che le cose in Iraq vadano bene è crollato dal 61 al 23 percento, la popolarità di Bush è scesa al 60 percento. Informazioni false e informazioni negate: le due caratteristiche principali del governo di George Bush - l'uso menzognero dei rapporti dei servizi di spionaggio e l'amore sviscerato che mostra di nutrire per il segreto - hanno trovato una sorta di unificazione nelle notizie di ieri. In rapida successione è accaduto: che la commissione di indagine su come andarono le cose immediatamente prima e immediatamente dopo l'attacco terroristico dell'11 settembre 2001 ha apertamente accusato il governo, e in particolare i dipartimenti della Difesa e della Giustizia, di «non collaborare»; che sulla ormai famosa storia dell'uranio che l'Iraq avrebbe cercato di acquistare in vari paesi africani il dipartimento di Stato aveva espresso dubbi praticamente subito dopo che Bush l'aveva incautamente menzionata nel suo discorso sullo stato dell'unione del gennaio scorso; che una Corte d'appello federale ha respinto la pretesa del vice presidente Dick Cheney di mantenere il segreto sul «processo» attraverso cui fu decisa la politica energetica. Il tutto condito da una nuova rilevazione demoscopica secondo cui dal 9 aprile (il giorno in cui tutti gli schermi televisivi del mondo mostrarono la statua di Saddam Hussein che veniva abbattuta a Baghdad) ad oggi il numero di americani secondo cui in Iraq le cose vanno bene è crollato dal 61 al 23 per cento. La storia della commissione d'indagine è la più «fresca» ed anche la meno sostenibile, per un'amministrazione che sull'attentato alle Torri gemelle di New York, nel dolore che ha causato e nella paura che ha seminato, ha in pratica basato tutta la sua popolarità. Dopo la rinuncia a presiederla da parte di Henry Kissinger, travolto dalle accuse di «conflitto di interessi» per via dei rapporti di consulenza che la sua compagnia mantiene con paesi che potevano essere coinvolti nelle indagini, alla guida della commissione erano stati messi un presidente repubblicano, l'ex governatore del New Jersey Thomas Kean, e un vice presidente democratico, l'ex deputato dell'Indiana Lee Hamilton. Ora questi due signori, in perfetto accordo «bipartisan», denunciano: abbiamo chiesto migliaia di documenti e non ci sono stati consegnati; abbiamo chiesto di interrogare vari funzionari e ci è stato concesso solo in minima parte e solo alla presenza di superiori dei funzionari in questione, con palesi intenti «intimidatori» (la parola è usata espressamente). In queste condizioni, concludono, non saremo mai in grado di presentare un rapporto entro la scadenza prevista, cioè il maggio dell'anno prossimo. Kean e Hamilton dicono che questa specie di boicottaggio deriva forse dal fatto che l'amministrazione «ha sottovalutato la portata di questo lavoro», ma il New York Times in un editoriale diceva ieri che i due responsabili della commissione di indagine sono stati «troppo educati» e che i dipartimenti della Difesa e della Giustizia si stanno comportando «più come il Cremlino ai tempi dell'Unione Sovietica che come un governo americano».

Il complotto

Esisteva dunque un piano specifico, creato ad hoc dagli apparati di intelligence americana, per compiere un autoattentato l’11 Settembre? Tutte le prove portano a una simile conclusione, e il piano in questione è sorprendentemente semplice quando pienamente capito, ed esso fu portato a termine quasi (ma non completamente) senza intoppi. Esso fu rivelato a Carol Valentine da un informatore (come raccontato in 9-11: The Flight of the Bumble Planes).
In sintesi, un complotto fu organizzato, non dagli Arabi, ma da “cosiddetti” Americani (agenti dei servizi segreti e della sicurezza nazionale, quali la CIA, e personaggi di alto livello delle Forze Aeree e dell’Amministrazione Americana), forse con il coinvolgimento di Israele, allo scopo di:

- prendere il controllo di quattro aerei di linea
- attaccare le Twin Towers e il Pentagono, determinando un pesante numero di perdite
- far credere che gli aerei erano stati usati per compiere gli attacchi
- eliminare i passeggeri, non coinvolti nelle operazioni, se non come inconsapevoli testimoni
- far ricadere la responsabilità degli attacchi su "terroristi Arabi" e usare tutto questo come pretesto per lanciare una campagna militare contro i "nemici dell’America" in Medio oriente e in Asia, con lo scopo reale di controllare il loro petrolio e le loro riserve minerarie.

Questo complotto naturalmente non è stato progettato in un giorno. Nel Settembte 2002, un rapporto del Congresso citava non meno di 12 esempi di informazione dei servizi segreti sul possibile impiego di aerei di linea come armi, esempi che spaziavano dal 1994 all’Agosto del 2001, quando giunse la voce di un complotto di Osama bin Laden teso a impiegare un aereo contro l’Ambasciata Americana a Nairobi, Kenia. L’America aveva avuto 12 avvertimenti di attacchi aerei
Durante gli ultimi anni 90, le agenzie di sicurezza americane erano consapevoli delle intenzioni di certi terroristi stranieri tese a dirottare aerei e a farli schiantare contro edifici significativi (naturalmente le Twin Towers sarebbero dovute venire a mente per prime). E tali agenzie potrebbe aver reclutato tali presunti terroristi. In ogni caso, esse li aiutarono a lungo (in modo nascosto, naturalmente), fornendo denaro (tramite i Servizi ISI Pakistani), visti americani, iscrizione a scuole di volo americane e utili suggerimenti. Il piano non era quello di permettere a questi presunti terroristi di fare il lavoro ma piuttosto di utilizzarli come "utili idioti" da incolpare con facilità (così come Timothy McVeigh fu l’"utile idiota" accusato per la bomba di Oklahoma City.). Si è trattato di una operazione di gran lunga più elaborata di quanto i presunti dirottatori avrebbero potuto mettere in atto; un’operazione che richiedeva un equipaggiamento di cui non erano in possesso e la possibilità di precedenti accessi alle Twin Towers che a loro non erano possibili.

Ciò che accadde l’11 Settembre è con molta probabilità qualcosa di simile a questo.

Tre aerei erano stati preparati da personale militare americano (probabilmente il NORAD), aerei capaci di essere controllati in modo remoto, con nessuno a bordo.

Un jet militare caricato con esplosivo o con missili o con entrambi.
Un caccia F-16 armato con un missile.
Un Boeing 767, “truccato” in modo da apparire come un jet delle United Airlines (chiamiamo questo"Pseudo Volo 175").
Nella teoria alternativa, l’F-16 può essere rimpiazzato da un missile cruise AGM-86C sparato da un B-52 e fatto volare verso il suo bersaglio sotto guida GPS e capace all’impatto di generare calore ad oltre 2000°C.
La mattina dell’11 settembre, Mohammad Atta e altri Arabi salgono a bordo degli aerei dell’American Airlines e dell’United Airlines seguendo le istruzioni di uomini della CIA o dell’FBI. Atta e gli altri, alcuni di loro registrati dalle telecamere di sicurezza dell’aeroporto, verranno più tardi indicati come "i dirottatori".

Maurizio Blondet, nel suo libro "Chi comanda in America", parla delle nuove tecnologie avioniche, che permettono oggi agli aerei di essere guidati a distanza. «La maggior parte degli aerei moderni dispongono di un pilota automatico che può essere riprogrammato in modo da ignorare i comandi di un dirottatore e invece ricevere istruzioni da terra»: così annuncia il professore Jeff Gosling, dell’Istituto di Studi Aeronautici della California University, Bekeley. Il professore l’ha detto a «New Scientist», una rivista scientifica inglese assai nota. Un articolo in cui si discutono i modi e gli accorgimenti tecnici per scongiurare un altro 11 settembre. Uno strano articolo davvero: «New Scientist» lo pubblica il 12 settembre 2001, solo un giorno dopo la tragedia. E lì su due piedi, ancora sotto la fresca impressione della strage (pochi giorni dopo la stampa diverrà più reticente), «esperti» di cose aeronautiche dicono cose di enorme interesse per i complottasti. La rivista cita anche Dale Oderman, un ingegnere della Pur due University di Lafayette, Indiana, che spiega: «il pilota automatico, il sistema che mantiene altitudine, velocità e rotta durante il volo, è pienamente capace di atterrare senza il pilota umano. Siamo già in grado di far volare aerei spia senza pilota, sicché non è impensabile che un sistema di teleguida possa far atterrare un aereo commerciale per passeggeri». La Federal Aviation Administration, aggiunge il periodico, «ha sperimentato l’atterraggio teleguidato di aerei commerciali negli anni ’80, ma non in anni recenti». Sull’adozione di un sistema del genere, tuttavia, ha dei dubbi Jeffrey Speyer, un altro ingegnere spaziale (della Columbia University di Los Angeles): «il sistema di controllo a distanza potrebbe in sé diventare il bersaglio di terroristi». Ossia, loro potrebbero usarlo. Attenzione a quel che dicono costoro. Dicono: teleguidare un aereo è possibile. Le tecnologie per sottrarre i comandi al pilota umano, e far guidare il mezzo a terra, esistono già. Basta «riprogrammare» il pilota automatico, secondo gli esperti.

Chossudovsky: “Al Qaeda, creazione della CIA”

Michel Chossudovsky è l'autore del best-seller internazionale "La Globalizzazione della Povertà", pubblicato in undici lingue. Professore di economia all'università di Ottawa e direttore del Centro di Ricerca sulla Globalizzazione, è anche un contributore dell'Encyclopaedia Britannica. Nel 2003 Michel Chossudovsky vinse il premio per i diritti umani della Società per la Protezione dei Diritti Civili e della Dignità Umana (Berlino, Germania). Sette volte vincitore del Project Censored Award all'università di Sonoma (Scuola di Giornalismo, California), nel 2000 (doppio premio), 2001 (doppio premio), 2002, 2004, 2005). Il suo sito web, Global Research (Canada), si è aggiudicato il Democracy Media Award nel 2002, 2003, 2004 e 2005 da GoodWriters.net.

Chossudovsky, che come si evince dal suo curriculum non è esattamente un incompetente, ha di recente scritto un libro: La "Guerra al Terrorismo" degli Stati Uniti. Nella nuova ed estesa edizione del best seller di Michel Chossudovsky, l'autore dissipa la cortina fumogena innalzata dai media mainstream per cui l'11 settembre è stato un attacco agli Stati Uniti da parte di "terroristi islamici". Mediante una ricerca meticolosa, l'autore svela una manovra dell'esercito e dello spionaggio dietro gli attacchi dell'11 settembre, e l'insabbiamento e la complicità di elementi chiave dell'amministrazione Bush. L'edizione estesa, che include dodici nuovi capitoli, si concentra sull'11 settembre come un pretesto per l'invasione e l'illegale occupazione dell'Iraq, la militarizzazione della giustizia e delle forze dell'ordine e l'abrogazione della democrazia. Secondo Chossudovsky, la "guerra al terrorismo" è una completa invenzione basata sull'illusione che un uomo, Osama bin Laden, abbia messo nel sacco l'apparto di spionaggio da 40 miliardi di dollari all'anno degli Stati Uniti. La "guerra al terrorismo" è una guerra di conquista. La Globalizzazione è la marcia finale al "Nuovo Ordine Mondiale", dominato da Wall Street e dal complesso militare-industriale degli Stati Uniti. L'11 settembre 2001 fornisce una giustificazione per intraprendere una guerra senza confini. L'agenda di Washington consiste nell'estendere le frontiere dell'impero statunitense per facilitare il completo controllo aziendale Usa, mentre si creano all'interno degli Stati Uniti le istituzioni dello Stato di Sicurezza Nazionale. Chossudovsky toglie il velo di retorica per rivelare una complessa rete di menzogne atte a distogliere l'attenzione del popolo statunitense e del resto del mondo facendo accettare una soluzione militare che minaccia il futuro dell'umanità.L'ultimo capitolo include un'analisi degli attentati di Londra. "Milioni di persone sono state fuorviate sulle cause e le conseguenze dell'11 settembre. Quando le persone degli Stati Uniti e del mondo scopriranno che Al Qaeda non è un nemico esterno ma una creazione della politica estera statunitense e della CIA, la legittimità dell'agenda di guerra bipartisan cadrà come un castello di carte.In tutto il paese, l'immagine di un "nemico esterno" è instillata nella consapevolezza degli Statunitensi. Al Qaeda sta minacciando gli Stati Uniti ed il mondo. L'abrogazione della democrazia seconda la legge del Patrioct Act è dipinta come un mezzo per fornire "sicurezza interna" e sospendere le libertà civili.Il rapporto della commissione sull'11 settembre distrugge i dati storici sul sostegno segreto degli Stati Uniti al terrorismo internazionale, mentre crea l'illusione che gli Usa e la "civiltà occidentale" siano minacciati. Di conseguenza, i vari messaggi terroristici e gli allarmi con il codice arancio hanno creato, in tutti gli Stati Uniti, un'atmosfera di paura ed intimidazione.”

Le pesanti accuse dei parenti delle vittime

Una cosa che sanno in pochi è che circa la metà dei familiari delle vittime degli attentati hanno rifiutato un indennizzo miliardario da parte del governo USA per poter avere le mani libere e poter fare causa allo stato Americano. Nei carteggi dei loro avvocati, la chiara accusa all’amministrazione Bush di avere pesanti responsabilità dirette negli attentati. Ecco la reazione del governo USA in un articolo recente:
Continuano le minacce ad uno degli avvocati delle famiglie dell’11 settembre 2001
L’altro ieri, la notte del 22, dopo essere arrivato nel suo ufficio di Burlingame, in California, l’avvocato Stanley Hilton lo ha trovato completamente sfasciato, con le librerie e gli archivi in disordine e con migliaia di documenti sparsi dappertutto. Naturalmente le pratiche più importanti, quelle riguardanti l’11/9 erano state rubate. Il legale ha presentato denuncia alla polizia della cittadina ricordando come l’effrazione sia molto simile a quella avvenuta sei mesi fa nel suo ufficio di San Francisco. Va detto che sempre l’altro ieri, in mattinata, l’auto di Hilton era stata scassinata ed erano stai rubati documenti, effetti personali, libretti di assegni e carte di credito. Nonostante la grande quantità di documenti e pratiche sottratte Hilton si è detto tranquillo, avendo fatto multiple copie della documentazione e provvedendo a depositarle in luoghi diversi. Dato che queste sue misure di sicurezza sono prevedibili egli considera l’effrazione soltanto come un’ennesima minaccia di intimidazione. Questi episodi fanno seguito ai rischi di azione legale e di ritiro della licenza di avvocato minacciate nei suoi confronti dalla Presidente della Corte che gli ha recentemente ingiunto di ritirare la denuncia da lui presentata a nome di 400 suoi assistiti, tra famigliari delle vittime delle Twin Towers e cittadini contribuenti statunitensi, che hanno denunciato il Presidente Bush e i suoi principali collaboratori non soltanto per aver permesso che gli attentati avessero luogo ma per averli preparati, ordinati e realizzati personalmente. L’esposto è accompagnato da testimonianze molto circostanziate di funzionari pubblici civili, militari e membri dei servizi di sicurezza che hanno avuto modo di assistere ai preparativi e all’esecuzione della tragedia.
Nonostante i grandi massmedia statunitensi si rifiutino di parlare di questa imbarazzante situazione, proprio negli scorsi giorni l’avvocato Stanley Hilton è stato oggetto di una lunga intervista alla radio FVOA (Free Voice of America) e ospite di un programma speciale della TV giapponese sull’11 settembre. In questi programmi Hilton ha sottolineato come nell’esposto da lui presentato l’amministrazione Bush viene accusata di aver orchestrato l’11/9, di sovvertire la Costituzione e di aver lanciato una guerra di conquista infinita basata su falsità e imbrogli.
Ricordiamo che Stanley Hilton è un avvocato molto noto negli USA dove esercita la professione da 30 anni, è stato un esponente del Partito Repubblicano e per alcuni anni il principale collaboratore del senatore Bob Dole, uno dei massimi esponenti di quel partito.
Un altro articolo di Federica Del Guerra segnala pesanti accuse al governo USA da parte dei parenti delle vittime. Nel sua rticolo, essa rivela le toccanti dichiarazioni di due familiari delle vittime del 9/11 Day: grida di dolore che denunciano la mancata giustizia e accusano il governo di essere responsabile di quell’inutile perdita di vite umane. Il rappresentante del più numeroso gruppo di familiari delle vittime, il signor Doyle, sostiene che il governo sia stato complice degli attacchi. E dice al conduttore radiofonico Alex Jones che la Commissione è una farsa, un "insabbiamento oltre l'immaginabile". Secondo Doyle la versione ufficiale degli eventi è una farsa. Il mancato intervento del NORAD insieme ai dati che suggeriscono l'utilizzo di agenti incendiari per buttare giù le torri stanno a significare la complicità del governo negli attacchi – una conclusione condivisa da metà delle famiglie che lui rappresenta. Doyle è a capo della Coalition of 9/ 11 Families ed ha perso suo figlio Joey nel crollo delle torri gemelle. “Se volete credere a quello che vi ripetono quelli come la Commissione sull'11 settembre... [beh, quella è] una farsa completa” - ha detto Doyle al conduttore radiofonico della GCN Alex Jones - “e il continuo insabbiamento ha dell'incredibile”. Doyle ha chiesto perchè l'acciaio del WTC sia stato sottratto all'analisi del NIST usandolo piuttosto per costruire una corazzata. “Non è incredibile come siano riusciti a spedirlo via sin dai primi giorni?” ha affermato parlando della rimozione delle prove fisiche dalla scena del crimine. Ha dichiarato di aver parlato personalmente a sei sopravvissuti del WTC che hanno descritto dispositivi incendiari prima del crollo delle torri. “E' una prova documentata che l'edificio 7 non sia stato colpito da nessun aereo, eppure è andato in fiamme e poi il proprietario stesso Larry Silverstein ha ordinato che esso fosse tirato giù ed è venuto giù all'improvviso in perfetta verticale”. “Abbiamo due aerei che impattano le torri e senza aver prima mostrato segni di cedimento vengono giù nel giro di un'ora e mezza – è impossibile!”. Doyle ha stimato che circa metà dei familiari dell'organizzazione che rappresenta pensano che ci sia stata la complicità del Governo negli attacchi. “Se ne consideriamo veramente tutti gli aspetti sembra che ci sia stata una cospirazione del genere dietro l'11 settembre, molte famiglie ora lo pensano allo stesso modo”. “Dov'era il NORAD”, ha chiesto dopo aver sottolineato l'implausibile discrepanza tra i dirottamenti del Volo 93 e 77 e la loro eventuale distruzione. “Sono rimasti immobili – non hanno fatto nulla, lo hanno lasciato succedere”. “Da tutto quello che vedo sono certo che ci sia stata molta complicità, come minimo deve esserci stata molta complicità, se vi informate su tutti i fatti non c'e' alcuna possibilità che diciannove dirottatori abbiano portato a termine questa missione”. Doyle ha anche parlato di alcune organizzazioni caritatevoli dell'establishement che hanno tenuto per loro parte delle donazioni avute dalle famiglie del 9/11 e di come quelli che hanno parlato [ad es. Sibel Edmonds, Randy Glass, Indira Singh, Kevin Ryan, ndt] siano stati puniti mentre gli individui che hanno facilitato gli attacchi sono stati promossi.
Tra i discorsi dei familiari delle vittime tenutisi all’ONU nel 2005, il più toccante e vero è forse quello di Donna Marsh O’Connor. Anche se nel discorso sotto riportato appaiono frasi forti ed espressioni colorite, riteniamo doveroso riportarle per intero, per rendere giustizia al dramma personale di chi, nell’intricato ginepraio di interessi internazionali e macerie ferrose, quell’11 Settembre perse una parte del proprio cuore.
“Nessuno di voi è vestito in giacca e cravatta oggi e ne sono molto delusa. Mia figlia lavorava nella Torre numero due del World Trade Center, e non è stata abbastanza fortunata da venire accompagnata fuori dall’edificio da William Rodriguez. E’ stata abbastanza sfortunata da lavorare nella Torre numero due da dove, cinque minuti dopo che il primo aereo ebbe colpito la Torre numero uno, stava dicendo per telefono all’ ufficio di Park Avenue che le era stato detto che era al sicuro. Il momento in cui era al telefono con l’ufficio di Park Avenue credo fosse più o meno all’ora in cui George W. Bush veniva accompagnato dentro una scuola a leggere un libro a dei bambini. Questa è mia figlia Vanessa Lang Langer, e quando Bush ha deciso la sua fottuta guerra lo ha fatto usando il suo nome, e io, cazzo, me lo sto riprendendo! George W. Bush, col suo vicepresidente Dick Cheney, non potrà più appropriarsi del suo nome, lei è mia, ma non ha più questa faccia. Ieri ho finalmente avuto il coraggio di andare all’ufficio dell’esaminatore medico, dove nella sua cartella si può vedere la foto che le è stata scattata il 24 Settembre. Sapete com’é fatta un a maschera mortuaria? Sapete qual’è l’aspetto di un urlo? Questa era la mia bambina e non era al sicuro. E nessuno in questo paese ha indagato su ciò, nessuno ha indagato! Sapete che il George W. Bush che l’altro giorno ha dichiarato che indagherà su cosa è successo alle vittime di New Orleans è la stessa persona che ha indagato su ciò che è successo a mia figlia? No, non riusciva nemmeno a pronunciare la parola ‘indagare’, l’avete sentito? Non ci sono abbastanza persone qui, perciò dite, a tutti quelli che vedete, “tremila meno uno”, perché io sto rivendicando il suo nome. E sto dicendo a chiunque conoscesse qualcuno morto quel giorno di rivendicare quel nome. Siete andati in Iraq per l’11-9? Perché? Un arabo è uguale a tutti gli altri arabi? Come si osa ciò in America! Guardate le vostre mani ora, vedete del sangue su di esse? Perché non state guardando dalla parte giusta. Quante persone avete visto annegare a New Orleans, dove erano i fottuti autobus? D ov’era il NORAD? Perché nessuno è stato evacuato? Lasciatemi dire una cosa, Dick Cheney aveva bisogno che avvenisse l’11 Settembre, nemmeno George Bush ne sapeva un cazzo! Dan Quayle non ne avrebbe saputo nulla se fosse stato Presidente quando Dick Cheney era Segretario alla Difesa. Allora ditemi voi dove sono i professori, dove sono gli esperti, dove sono i Democratici, dove sono gli essere umani decenti che sono Repubblicani conservatori, perché io voglio vedere degli uomini in giacca e cravatta qui! Perché questa è la mia bambina, e non ha più questa faccia. E lui ha chiuso quella città così non sono potuta andare... Ma volete sapere una cosa? Io l’avrei trovata, avrei trovato le sue dannate ossa morte perché il più grande e sfottuto edificio al mondo è caduto sulle ossa di mia figlia e ha fatto esplodere il suo bambino fuori dal suo corpo. E questo è un crimine, e quando si indaga su di un crimine in questo paese, in ogni paese, nel fottuto mondo si cerca la gente che ha più da guadagnarci. Dick Cheney aveva da guadagnarci più di tutti. E cosa è che ottengo? Nemmeno le tristi patetiche...cause delle vittime contro le compagnie aeree, perché le cause portano alla verità. E tutto ciò che George Bush aveva da dire a voi era che le cause portano soldi, così ha pagato quelle vittime milioni di dollari, e ha spezzato i loro cuori con milioni di dollari, e nemmeno una domanda, dimenticatevi le risposte! Non sto parlando della verità, non mi sto spingendo così in alto, datemi solo un po’ di onestà, fate rispondere a quell’uomo una dannata domanda. Perché diavolo la chiamate “Commissione Indipendente” quando stava a lui decidere come rispondere alle domande? Quando poteva portarsi il suo paparino con sé? Forse mi state prendendo in giro. È questo che ottengo? Sono una cittadina Americana e ne sono orgogliosa, mi vergogno così tanto per tutti noi, cazzo, mi vergogno così tanto. Questo è l ’edificio in cui lei suonava. E Kofi Annan è un amico, ricordate solo questo. Andate a prendere degli uomini in giacca e cravatta da portare a questi incontri la prossima volta perché così non è abbastanza”.

PABLO AYO