giovedì 17 febbraio 2011

Sole: Un flare di classe X2.2. Conseguenze sulla Terra in questi giorni

Il flare del 15 febbraio visto dal satellite GOES nei Raggi X. E' la macchia brillante poco sotto il centro della stella (Cortesia: LMSAL)


Il Sole nell'ultravioletto a 21,1 nanometri. Sono visibili le regioni attive (le zone più chiare) e un buco coronale polare nei pressi del Polo Sud, in basso. (Cortesia: SDO/AIA)


Ecco che cosa ha visto il coronografo LASCO a bordo di SOHO un paio d'ore dopo l'emissione del flare: un'Halo CME associata al flare X2.2 del 15 febbraio. (Cortesia: LMSAL/SOHO/LASCO)


Il telescopio AIA ha ripreso nell'ultravioletto a 21,1 nanometri lo spettacolo del flare e dell'onda d'urto associata, che riassume visivamente tutto quello che si può dire di un flare come meglio non si può. (Cortesia: LMSAL/SDO/AIA)

Sole: Un flare di classe X2.2. Conseguenze sulla Terra in questi giorni


Ai flare sono associati i black-out radio, possibili interruzioni nelle comunicazioni dovute a perturbazioni della ionosfera terrestre all’arrivo della radiazione e delle particelle energetiche lanciate dal Sole. Ovviamente questi disturbi radio sono tanto più marcati quanto più la potenza emessa è elevata.

Nel caso di un flare superiore alla classe X1 il blackout è classificato come R3 (strong), in un scala che va da R1 (minor) a R5 (extreme) secondo la National and Oceanic Atmospheric Administration (NOAA), dove lavora gente che si occupa di queste cose da una vita.

Gli effetti di un R3 possono comportare ampie zone di silenzio radio nella banda HF della durata di alcune ore e degrado dei segnali a basse frequenze, usate soprattutto nella navigazione, della durata di un’ora o poco più. Spesso ai flare sono associate anche Emissioni Coronali di Massa (CME), con aumento della velocità e densità del vento solare. Il nostro X2.2 è stato accompagnato in effetti da un’emissione ad alone (Halo CME), segno che “la cosa” è stata lanciata lungo la linea di vista dell’osservatore.

Quindi punta verso la Terra, dove arriverà fra due o tre giorni, e potrebbe produrre effetti spettacolari come le aurore polari. Ma anche disturbi elettromagnetici che potrebbero generare intense correnti al suolo con possibili danni alle linee elettriche. Tutto al condizionale, sia chiaro.

E per finire il piatto forte: le onde d’urto. Ai flare sono spesso accompagnate delle onde d’urto che viaggiano a velocità stimabili tra 1.000 e 2.000 chilometri al secondo e che perturbano il plasma coronale. La risposta del mezzo al passaggio dello shock coronale è visibile grazie alla radiazione emessa e assomiglia in modo impressionante a quello che si vede lanciando un sasso nelle tranquille acque di un laghetto. Si ha la netta impressione di vedere qualcosa che si allarga verso l’esterno partendo dalla zona dove è stato generato il flare.

Queste onde d’urto coronali, quando ci sono anche delle CME associate al flare, lasciano una “traccia” nella cromosfera (quindi più in basso nell’atmosfera della stella) e sono osservabili come al solito in H-alfa. Sono dette onde di Moreton e si suppone che vengano generate da una perturbazione della cromosfera generata da un’onda di pressione a ritroso (downstream) prodotta dalla CME nella corona.

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