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sabato 30 maggio 2009

La soluzione alla crisi? LTL X-7000 il fucile non-letale.

Nonostante i segnali tranquillizzanti dei governi e dei ministri economici,(vedi ultime dichiarazioni di Tremonti al G-8 finanziario) sulla crisi globale del sistema capitalistico, l’allarme non cessa anzi, esso si sta spostando sui riflessi di carattere sociale, compreso il rischio dell’innalzamento dello scontro di classe, anche in paesi dove esso sembrava estinto.
Gli analisti disegnano un quadro che, sì, prevede una debole ripresa dei meccanismi di accumulazione capitalistica entro il 2010, ma che non lascia dubbi sui milioni di disoccupati che andranno ad ingrossare le file di coloro che già prima della crisi vivevano ai margini di una società ridente e resa cieca dal bagliore consumista e che poche speranze avranno dallo sfuggire ad un destino di precariato economico, sociale e morale.

UO 2020, LE OPERAZIONI URBANE
Uno scenario ampiamente previsto dagli esperti politico-militari Nato e USA,in studi come l’ U.O. 2020 (Urban Operations nell’anno 2020) dove possibili sommosse in città e megalopoli sempre più degradate e con flussi migratori di proporzioni bibliche, a causa dell’impoverimento di interi continenti come quello africano, richiederanno l’intervento massiccio delle Forze Armate contro i cittadini, abitanti l’ambiente urbano che avrà invaso ormai tutte le aree migliori del pianeta.
In nostri precedenti articoli e segnalazioni sull’argomento, (vedi http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/futuro_militarizzato_2.htm)
spiegavamo che dallo studio dell’UO 2020 e dalle operazioni di peacekeeping / guerra al terrorismo internazionale e da quelle di ordine pubblico( comprese le rituali iniziative antisiSistema e anti G-8) erano scaturite alcune interessanti scelte di carattere militare ed industriale.
Gli esperti inviati dalle forze di polizia e dagli Stati Maggiori degli Eserciti delle nazioni partecipanti all’UO 2020, compreso lo Stato Maggiore della Difesa italiano, avevano inoltrato pressanti richieste di strumenti (armi, mezzi, tecnologie, ecc) e procedure integrate e/o multinazionali, tali da poter essere in grado, entro la data del 2020, di contrastare il nuovo pericoloso nemico: l’Umanità sofferente, abitante nelle Megalopoli in rivolta.
Dal 1998, quindi, il nostro paese partecipava a pieno titolo con suoi delegati militari e consulenti delle diverse industrie armiere al programma UO 2020.

La risposta italiana: il soldato futuro
La presenza italiana nel team UO 2020 era dettata da interessi di carattere industriale , ma anche militare a causa delle esigenze di impiego delle FFAA all’estero.
Su quest’ultimo punto possiamo solo accennarvi che già in due casi le nostre Forze Armate avevano manifestato l’esigenza di dotarsi di materiali più consoni al tenere a freno masse di civili rivoltosi. Parliamo della Somalia, dove a Mogadiscio al famoso Pasta Point si era stati costretti ad usare le mitragliatrici delle jeep contro civili armati, confusi a donne e bambini; successivamente, poi, nell’area balcanica, nella zona serbo-bosniaca, ove vi erano stati momenti di grave tensione in cui le forze di polizia militare MSU NATO si erano trovate in difficoltà in diversi episodi di controllo della folla. In seguito le esigenze erano cresciute con l’intervento in Kosovo e sui teatri Iracheni ed afgani.
In pratica si richiedevano dotazioni di armi non letali e mezzi tali da impedire che i militari usassero contro civili in rivolta , in prima istanza, armi da guerra,con le dovute ricadute di carattere politico interno ed internazionale, ma anche in traumi da stress per i militari coinvolti.

Sui tavoli di studio dell’UO 2020 venivano prospettate, alle diverse delegazioni, un ampio catalogo di armi non letali , sia già esistenti che in sperimentazione, e come le industrie del settore, se adeguatamente e finanziariamente motivate, fossero in grado di produrne in grandi quantità, nel caso che gli scenari apocalittici degli studi strategici si fossero realmente avverati.
Gli statunitensi, forti delle tecnologie spaziali e cibernetiche , grazie al mare di soldi investiti in questo settore dal Pentagono , presentavano alcuni modelli di mezzi robotizzati e piattaforme di lancio di gas, barriere sonore, bombe flash e sonore, sino a missili, teleguidati da videocamere fisse e mobili o altri UAV volteggianti sulle piazze e strade in rivolta, capaci di “neutralizzare” (scusate l’eufemismo, ma i palestinesi di Gaza e gli afgani e pachistani delle zone tribali, vi potrebbero spiegare bene questo termine…) i capipopolo e gli agitatori più pericolosi durante le sommosse di piazza.

In questo nuovo mercato che aveva come target futuro praticamente quasi tutta l’Umanità , le nostre industrie, in particolare la Beretta e consociate ,trovavano spazi interessanti per i loro prodotti, richiedendo però che le FFAA facessero le dovute pressioni sui governi, di centrosinistra e centrodestra che si fossero alternati al potere in Italia, per assicurare prima i fondi necessari per la ricerca e lo sviluppo di prototipi e in seguito l’aiuto nella promozione dei prodotti in Patria e all’Estero.
In Italia nasceva e si sviluppava il programma Soldato Futuro, propagandato come indispensabile per fornire mezzi dignitosi per i nostri uomini in uniforme impegnati nelle missioni di pace e spesso irrisi dai loro colleghi , per le loro dotazioni “antiquate”.
Parlamentari, ministri, commissioni difesa dei diversi governi di centro-destra e centro-sinistra venivano addomesticati ed ammaliati dagli sponsor dei prodotti di fantascienza dei quali superdecorati generali ne spiegavano l’assoluta necessità urgente, senza dir loro che in un non lontano futuro sarebbero stati usati contro gli stessi i cittadini che li avevano eletti
Tra questi prodotti, in bella mostra, nei depliant e nelle presentazioni in Power Point , il pezzo forte del programma Soldato futuro, ovvero l’avveniristico fucile letale/non letale, un fucile capace di sparare proiettili mortali ma anche “ più morbidi” e quindi mettere a suo agio ogni soldato di fronte alle diverse necessità

.

In questo campo la Beretta , negli ultimi dieci anni si è impegnata nello sviluppo di due prodotti di eccezione che in questi primi mesi del 2009, sono oggetto di una mirata campagna pubblicitaria.
Il primo, el quale abbiamo ampiamente parlato, è il fucile ARX 160, (quello capace di sparare dietro i muri) vedi http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/futuro_militarizzato_8.htm
Il secondo è il fucile LTL X-7000 l’arma della soluzione finale contro i Black-Blok , gli ecopacifisti sempre pronti a bloccare l’avvio di centrali nucleari o discariche militarizzate, i migranti che si rivoltano nei quartieri o nei CPT, ma, anche, in pieno panico da crisi globale, quello che dovrebbe tenere a freno masse di civili, in scenari già visti in america Latina, assalterebbero banche e supermercati
Un fucile che ha superato i test per l’Esercito americano nel 2007 e quelli del 2007 e del 2008 per l’Esercito italiano e ora Beretta attende che arrivino ordini dall’Italia e dall’estero per una massiccia produzione.

Il popolo ha fame? Dategli da mangiare proiettili di gomma!
I tagli alle Forze Armate, inseriti in finanziaria, hanno solo in parte ridotto gli stanziamenti per il programma Soldato futuro e come successo già altre volte l’acquisto dei nuovi fucili anti-folla verrà nascosto sotto la voce di finanziamenti per le missioni di pace all’estero e aiuto e cooperazione per le polizie afgane, irachene, ecc...onde evitare imbarazzanti quesiti:
Oscuri scontri nelle stanze del potere, dai tavoli ministeriali a quelli delle quattro forze armate, sempre in lotta tra loro nel contendersi fondi e scaricare agli altri i tagli, stanno in questi giorni rinviando l’agognato ordine di acquisto e l’imbarazzo cresce…
Come farà a giustificare re Silvio di aver parafrasato la sfortunata regina Antonietta (quando in piena crisi economica della Francia disse: -“Se il popolo ha fame e non ha il pane, che mangi le brioches!”-) quando si scoprirà che invece di aiuti per il reddito delle famiglie , si compravano i fucili da usare contro le folle di futuri disoccupati ed affamati?
Il popolo ha fame e si lamenta? Dategli da mangiare un po’ di proiettili di gomma!…

P.S: Immaginiamo dopo il fattaccio che il nostro Silvio reagirà dicendo che era stato frainteso, ovvero:“.-Se il popolo non ha niente da mettere tra i denti dategli una gomma da masticare!”-

FINE PARTE PRIMA

LTL X-7000
UN FUCILE PER TUTTE LE STAGIONI ( e per tutti i bersagli)

Fu con questo logo pubblicitario che il Winchester vinse sui suoi concorrenti, entrando a pieno titolo nella leggendaria conquista del West e relativo sterminio di bufali ed indiani.
Sulla Terra attuale non ci sono più altri territori selvaggi da conquistare e da portare in dono al Capitalismo globalizzatore, ma c’è da difendere i Fort Knox della cittadella imperialista, alla stregua fossero degli Alamo minacciati dall’avanzata delle orde del generale Santana.
Miliardi di esseri umani in un prossimo futuro, reso apocalittico dalle scelte devastanti da qualche secolo di selvaggio capitalismo, si presenteranno quotidianamente nelle piazze, nei quartieri in rivolta suonando il deguejo annunciante la fine di un sistema che ha ridotto il pianeta ad un lercio immondezzaio.

A difendere Fort Alamos in quella prossima guerra urbana (Urban operation) sarà quell’Esercito Mercenario Internazionale ampiamente collaudato sin dagli anni 90 alle cosiddette operazioni di polizia internazionale, in tutte le latitudini e ambienti del Pianeta.
Un esercito di Robocop armati di tutto punto e di un vasto assortimento di strumenti di dissuasione di massa e tra questi un pezzo di eccezione sarà proprio l’ultimo prodotto della Beretta: il fucile LTL X-700
Surclassando i concorrenti la nostra azienda manifatturiera di prodotti al servizio dell’umanità, propone il suo attrezzo multiuso, versatile ed efficace, ma innanzitutto preciso come nessun fucile antisommossa lo è stato sinora.

Un’arma capace di scagliare proiettili di 12,6 grammi a velocità costanti fino a distanze elevate grazie ad un sofisticato sistema di controllo collegato ad un’ottica di eccezione di un’altra delle nostre industrie d’elite: la Galileo di Firenze
Ma perché quest’arma dovrebbe essere preferita a quelle già esistenti?
Innanzitutto essa si basa su un modello di un normale fucile a pompa Vursan Stoeger (una controllata della Beretta) che spara normali (e mortali) proiettili da 12, capaci di fermare un toro in corsa, trasformato in un lanciatore di una munizione di 12,5 grammi , sviluppata dalla americana Defence tecnologies Cor. La munizione ha una testa deformabile in gomma poliuretanica ed il serbatoio dell’arma attualmente contiene 5 colpi

La potenza del colpo, come hanno spiegato i rappresentanti dell’azienda beretta ai Marines nel collaudo del 2007 e nel poligono militare italiano…omissis… sotto la supervisione della Direzione degli armamenti dell’esercito, può essere regolabile a seconda della distanza e del manifestante da colpire.
Praticamente, grazie ad una variazione dei parametri dati dal mirino a led rossi (red dots) in caso si avessero manifestanti che avessero indosso un minimo di protezioni (caschi, occhiali antischeggia, ginocchiere, parastinchi, protezioni in gomma, lastre in plexigass) la potenza del colpo si potrà aumentarla semplicemente sregolando il servomeccanismo ottico (nella funzione distanza del bersaglio) in maniera tale che si possano spezzare ginocchia, rompere costole e sfondare occhiali devastando i globi oculari dei più agitati dei dimostranti e dei capipopolo.
Due soli carabinieri, poliziotti o soldati armati di questo fucile potrebbero falciare a raffica dieci manifestanti alla volta a distanza di 80/100 metri senza remore di essere accusati di voler intenzionalmente ammazzare nessuno
Teoricamente i manifestanti colpiti dovrebbero rialzarsi solo un po’indolenziti, con gambe e costole ammaccate dall’impatto ma chi garantirà che gli agenti armati di questo fucile non modifichino ed impostino la potenza di fuoco di esso nella versione più dolorosa e pericolosa, tenendo conto che i progettisti BERETTA hanno, di default, previsto questa opzione?

L’effetto su un corteo di questo “fucile raddrizzamatti” sarebbe spettacolare:l’equivalente di una falce che miete un campo di grano.
L’arma attualmente si presenta in due versioni:
La prima, finalizzata al mercato americano ed in particolare per il corpo dei Marines, con capacità dual use, ovvero la possibilità di poter variare in tempo reale il munizionamento da non letale a letale. Praticamente l’anticipazione delle regole standard che … dopo la crisi energetica del 2015 e quella alimentare del 2020 furono varate ed approvate in sede ONU nella sessione straordinaria sul mantenimento dell’Ordine pubblico del Pianeta.- Le forze di sicurezza di fronte a saccheggiatori e sobillatori che si ostinino a perseverare in atti teppistici contro le proprietà e le persone, saranno fatti oggetto prima di una salva di avvertimento di proiettili non letali, nel caso si perseverasse nell’ azione delittuosa le forze di polizia saranno autorizzate all’uso delle armi da fuoco
La seconda versione, quella per il mercato italiano e per alcuni mercati mediorientali mantiene il profilo di questo fucile come arma potenzialmente non letale, con scopi antisommossa e da ordine pubblico, ma con potenzialità anche nel campo della sicurezza privata.

Ma basteranno queste geniali trovate militar-poliziesche a frenare Miliardi di esseri umani che anelano di poter vivere in un mondo migliore?
I Winchester di Custer , i cannoni della Bastiglia e i B52 su Hanoi non riuscirono ad evitare la sconfitta dei loro superbi padroni, avrà un diverso destino il nuovo giocattolo della Beretta?
IL NEMICO E’ ALLE PORTE!

www.disinformazione.it

sabato 23 maggio 2009

FINANZA/ L’Europa tace, ma dove sono finiti i titoli tossici?


Non so voi, ma io non ho mai creduto alle coincidenze. Quindi mi è parso molto strano ieri apprendere dal Wall Street Journal che ufficiali dell'ufficio del procuratore di Brooklyn e della Sec hanno interrogato diversi dirigenti e broker di Lehman Brothers riguardo la natura della vendita di auction-rate securities, ovvero quei simpatici prodotti che venivano impacchettati e venduti a ignari clienti spacciandoli come sicurissimi. Da tutti, non solo da Lehman.

Le banche cominciarono ufficialmente a non trattarli più all'inizio del 2008 ma quelle porcherie, insieme a molte altre, intasarono il mercato per mesi: ricordate il fatto che fino a due giorni dal crollo Lehman, quando i cds erano le stelle, il consorzio Patti Chiari li rifilava allegramente ai clienti? Ma solo ora i solerti giustizieri di New York vanno a chiedere conto, interrogando i dirigenti riguardo il loro grado di conoscenza dei guai in cui versava il mercato.

Ma guarda, Lehman è pronta a dare battaglia in tribunale per ottenere un risarcimento miliardario da Barclays per l'acquisizione sottocosto del suo ramo brokeraggio ed ecco che la madre di tutte le fabbriche di derivati torna ad essere il capro espiatorio preferito. È strano, non vi pare? Come appare strano il timing con cui Standard&Poor's ha deciso di declassare il rating della Gran Bretagna da stabile a negativo, mettendo seriamente in dubbio la sua valutazione “tripla A” a causa dell'aumento del suo debito pubblico dopo le continue iniezioni di denaro pubblico nelle casse delle banche.

Contemporaneamente a questa decisione, giunta guarda caso nel corso della peggior crisi istituzionale del paese dai tempi di Cromwell, il Fondo Monetario Internazionale promuove l'azione del governo Brown ma avverte il Cancelliere dello Scacchiere che sarà probabilmente obbligato a nazionalizzare altre banche per evitare il collasso. Siamo in pieno 1931 se qualcuno non se ne fosse accorto e le varie istituzioni chiamate a vigilare e trovare soluzioni per questa crisi sembrano invece mosche impazzite intrappolate sotto un bicchiere: tutti in ordine sparso, tutti con ricette diverse.

Una cosa è chiara e inequivocabile, però: giugno sarà il mese deputato alla resa dei conti in Europa. Non tanto per le Borse, quanto per la tenuta del sistema bancario. Sempre stando a quanto riportato dal Wall Street Journal, la situazione in America è un po' diversa da quanto emerso dagli stress test condotti da Geithner e dal sistema della Fed sulle prime diciannove banche del Paese.

Il quotidiano ha infatti deciso di compiere in proprio un’indagine simile sulle 900 istituzioni creditizie di medie e piccole dimensioni: sapete cosa è emerso? Seicento su novecento di queste banche non hanno superato il test e hanno quindi bisogno, entro il dicembre di quest’anno, di capitali aggiuntivi per 200 miliardi di dollari, in gran parte legati alle probabili insolvenze dei mutuatari o altri rami dell’attività creditizia.

Non male, soprattutto se si parte dal presupposto che anche lo stress test ufficiale sulle prime diciannove banche del paese non aveva dato risultati poi così incoraggianti: dieci di queste, se si realizzasse lo scenario peggiore previsto dal test, avrebbero bisogno di capitali aggiuntivi per 566 miliardi di dollari: 35 miliardi per la sola Bank of America, 13,6 miliardi per Wells Fargo.

E in Europa? Da Basilea si prende tempo e si prospettano stress test simili a quello Usa per il mese di settembre: certo, prima ci sono le elezioni europee e poi le meritate vacanze dei banchieri. C'è tempo! Poco, a dire il vero visto che il Fondo Monetario Internazionale - entità che spesso e volentieri ha sottovalutato o sbagliato del tutto le proprie valutazioni - si dice abbastanza sicuro nell'attribuire perdite maggiori alle banche europee rispetto a quelle americane, 1.200 miliardi di dollari contro poco più di 1.000. Dove sono, quindi, questi titoli tossici? Chi li ha in pancia? Dov'è l'esposizione maggiore?

Domande che dovrebbero interessarci molto tutti quanti, ministri delle Finanze e Bce in testa ma che invece restano inevase. Fino a quando - e non sembra mancare molto - esploderà la bolla, destinata a innescare anche la crisi assicurativa: allora sì che le agenzie di rating avranno un bel da fare con i downgrading e i governi con i tentativi di tamponare la situazione.

Ma i soldi non ci sono e se anche ci sono portano con sé un devastante effetto collaterale, il default sul debito sovrano: controllate i cds dei vari Stati europei nelle prossime giornate, lasciate stare indici azionari e valute. La speculazione è ripartita in grande stile, si va sulla giostra con i petrolio e si scommette short sui cds: significa che i fondamentali stanno saltando o sono già saltati. Ma qui, nella sicura casa europea, tutto tace.

Non disturbate il manovratore, please! Almeno fino alle europee, poi ci sarà davvero da ridere nel vedere l'asse renano cercare di salvare le proprie banche e i neo-membri dell'Est cercare l'appoggio britannico per evitare di andare a gambe all'aria. Un esempio? Seguite l'andamento dei cds ungheresi, vi fare un'idea da soli.

Quando poi Strauss-Kahn chiede scusa per la “gaffe” sul default sovrano dell'Austria, significa che Oltralpe stanno messi davvero male. E anche da noi, qualche capitano coraggioso dell'internazionalizzazione, comincia a tremare e cercare sponde romane. Ma di questo, sui giornali, non si parla.

Mauro Bottarelli

http://www.ilsussidiario.net

venerdì 8 maggio 2009

QUELLO CHE NESSUNO DICE SU FIAT E CHRYSLER.


DI MAURO BOTTARELLI
ilsussidiario.net

Manca soltanto la marcia trionfale dell’Aida in sottofondo e tutto sarebbe perfetto. È di ieri, infatti, la notizia che Fiat ha compiuto un nuovo passo verso Chrysler grazie al tribunale di New York che ha dato il via libera alla procedura accelerata per la ristrutturazione della casa automobilistica Usa: al termine di un’udienza durata oltre otto ore Arthur Gonzalez, il giudice che si occupa del dossier Chrylser, ha dato il disco verde alla vendita attraverso asta della maggior parte degli asset della società, con la Fiat principale offerente. Entro il 20 maggio potranno pervenire offerte concorrenti, mentre una settimana dopo, il 27, sarà decretato il vincitore.

Respingendo le obiezioni sollevate da un gruppo di creditori, Gonzalez spiana così la strada all’alleanza fra Fiat e Chrysler, appoggiando il piano dell'amministrazione americana. Avevate dubbi? Tornando infatti un attimo sulla terra come potevate pensare che un gruppo di creditori, gente onesta che ha creduto nel gigante del motore e ne è rimasta sonoramente fregata, potesse bloccare la volontà calata dall’alto di Barack Obama in persona? Il quale, pur di salvare Detroit senza svenarsi - deve infatti ancora salvare i suoi amici banchieri ed evitare l’imminente default degli istituti assicurativi - ha scelto Fiat per scaricare su qualcun’altro le grane più imminenti.

A seguito, "Finanziamenti statali italiani alla Chrysler", (comidad.org);

Primo. Servono infatti almeno 10-15 miliardi per realizzare il maxi-polo dell'auto della Fiat con dentro Opel e Chrysler. E molti istituti bancari, gli stessi che gli italiani stanno salvando attraverso i Tremonti-bond o quelli salvati da altri governi sempre con soldi pubblici, sono già in pressing per conquistare i posti in prima fila nella complessa operazione di riorganizzazione societaria del Lingotto che ha progettato una scissione dell'auto in una newco da quotare in Borsa (puzza molto di Alitalia-Cai e l’epilogo sarà lo stesso), in caso di fusione con Opel e le altre attività europee di General Motors. E con Exor, la finanziaria degli Agnelli, pronta a diluire l'attuale partecipazione del 33% fino al 15-20%: anche perché con un processo in corso a Torino per aggiotaggio informativo in relazione all’equity swap Ifil-Exor che premise al Lingotto di tenersi Fiat invece di metterla, come liberismo vorrebbe, sul mercato non riuscendo a gestirla e nonostante l'esercizio del prestito convertendo da parte delle banche creditrici, sarebbe sgradevole dover dar conto Oltreoceano per eventuali condanne.

E sì, perché le trombe troppo squillanti per questa Fiat che conquista il mondo fanno restare in sottofondo le grida di un passato che, socializzazione dei debiti e privatizzazione dei profitti attraverso la cassaintegrazione (ovvero i soldi dei contribuenti italiani) a parte, non appare dei più gloriosi. Ma l’attivismo delle banche, giustificato con la necessità di spuntare commissioni in tempi di magra, si accompagna alle perplessità sulla struttura del mega-polo dell’auto che per andare in porto ha bisogno di ingenti capitali tra acquisizione di Opel, rifinanziamento dei 5-7 miliardi di debiti e investimenti. E dove li trova? Mah, chiedete a Marchionne e ai suoi amici di Ubs, banca sanissima.

Secondo. Con gli anni il gigante di Detroit aveva praticamente smesso di preoccuparsi di produrre automobili perché si era trasformato nel più grande detentore di obbligazioni come fondo pensione e sanitario, qualcosa come 200 miliardi di dollari alla fine dello scorso anno: insomma, porta sempre aperta per le esorbitanti richieste salariali dei sindacati, produzione desueta e scadente ma leva di leverage sul mercato health&pension da banca d’affari. Bush prima e Obama poi hanno provato a tamponare ma ora la procedura fallimentare dettata dal chapter 11 brucerà quei fondi dei contribuenti, i quali si trasformeranno in creditori qualsiasi da aggiungersi alla fila: chi dovrà rispondere alle lamentele di quella fila una volta compiuta la fusione, secondo voi?

Terzo. L’unione Toyota-Volkswagen funziona a livello globale perché le piattaforme di produzione sono le stesse sia per l’Audi A6 che per la Skoda Superb che per la Toyota Avensis. Fiat non condivide nessuna piattaforma produttiva con Chrysler né tantomeno con Opel. Ma a far davvero arrabbiare per questo coro di peana e trionfalismi da reality show, è il fatto che se il privato cittadino può non leggere la stampa finanziaria Usa, i giornalisti dovrebbero. E cosa scriveva il 1° maggio scorso Business Week, settimanale Usa tra i più influenti e autorevoli nel mondo? Basta il titolo dell’articolo: “Comprereste un’auto da Chrysler?”. E poi, via con le cifre.

Per il sito specializzato Cars, la decisione di chiedere la bancarotta influenzerebbe negativamente le scelte di acquisto del 21% degli interpellati, una percentuale che va a incidere su un dato di base ante-chapter 11 ben poco incoraggiante: già prima Chrysler ha patito un crollo delle vendite del 46% contro il dato del 38% dell’intero settore auto negli Usa.

Ancora Consumer Reports, nel suo numero dedicato alle auto per il 2009, ammonisce i lettori a non comprare né Chrysler, né Dodge, né Suv. Edmundfs.com, sito di vendita auto usate on-line tra i più famosi d’America, ammonisce che la crisi di appeal e popolarità di Chrysler è talmente forte che offre sconti del 23% sul costo da concessionario contro il 16 delle altre marche. Significa che un minivan o un Suv Chrysler vengono offerti con 10mila dollari di sconto.

Insomma, Fiat sta acquisendo un’azienda le cui auto non vengono vendute quasi nemmeno se regalate. Si chiedeva ieri, tra il divertito e il preoccupato, il Daily Telegraph dopo aver interpellato Roy Golding, analista del mercato automobilistico: «Quanti in South Carolina o Oklahoma si compreranno una Fiat 500?». Già, quanti?

Poi, l’altra grande bufala: dall’operazione Fiat acquisirà la rete di distributori di Chrysler per entrare nel mercato americano. Bugia, almeno in parte e questo spiegherebbe l’immediato attivismo tedesco di Marchionne che fiutata la fregatura targata Obama sta cercando l’opzione aggregative Opel sperando nei fondi statali tedeschi (e proprio in vista di questa ipotesi il sindacato dei metalmeccanici IgMetall ha già preannunciato battaglia durissima e minaccia il governo Merkel, alle prese con le elezioni politiche a settembre).

Soltanto nel mese di aprile sono stati chiusi quarantacinque concessionari Chrysler e nelle prossime settimane questo numero è destinato a salire esponenzialmente per un semplice dettaglio che nessuno sembra aver notato: l’essere terminata in amministrazione controllata sotto il chapter 11 consente a Chrysler, in virtù dell’obbligo di riduzione di costi e spese, di tagliare a dismisura tra i concessionari senza incorrere nella legge Usa sulla franchigia. In totale l’azienda ha 3150 dealers ma ne metterà sul mercato, entro pochi mesi, fino a 1500.

Questo significa meno presenza sul territorio, vendita a prezzo di saldo per necessità di liquidi e quindi l’assalto dei concorrenti pronti a cannibalizzare e ulteriore disaffezione visto che in un regime di libera offerta se il concessionario della mia auto era a quindici minuti e ora, in virtù delle chiusure, il più vicino è a quarantacinque minuti quando non un’ora, cambio modello e punto oltre che sulla qualità e la convenienza anche sulla capillarità del servizio di assistenza.
v Ma cosa volete, ora in Italia si vola in alto, la Fiat conquista il mondo dopo anni di decadenza, mica si può star lì a perdere tempo con i conti della serva sul numero dei concessionari. A Londra invece, per connaturato spirito mercantile, i conti si fanno sempre. E a conti fatti Fiat in Europa come in Sud America, dove viene venduta, non scoppia esattamente di salute come dato di vendite. Né il brand-madre, né la controllata Alfa Romeo.
v La rivista in difesa dei consumatori Which?, parla infatti riguardo a Fiat della «necessità di muoversi e in fretta dall’ultima posizione della classifica da dove langue da molti anni». Di più, un sondaggio tra i proprietari di Fiat nel Regno Unito condotto da J.D. Power e dalla rivista What Car? pone Fiat alla ventottesima posizione, l’ultima, nell’Indice di soddisfazione 2008 per quanto riguarda auto con due anni di età: la qualità incideva del 30% sul punteggio finale. E pensate che un consumatore americano, scottato dalla bancarotta, troverà di nuovo appetibile Chrysler per i bei maglioncini blu di Sergio Marchionne?

Chiedetelo al capo della divisione automotive di Ernst&Young, il quale cinque giorni fa diceva chiaramente dalle colonne della free-press finanziaria londinese CityAm che «la volontà dei cittadini americani di comprare ancora Chrysler, almeno in base agli studi in nostro possesso, è ancora tutta da valutare ma certamente non lascia sperare per il meglio».

Nel 1998 Mercedes diede vita a una fusione con Chrysler e il management dell’epoca disse che l’operazione avrebbe fruttato 30 miliardi di dollari. Cifra che, invece, fu la perdita netta patita dalla casa di Stoccarda quando scappò da quel matrimonio infernale nel 2007. Ma si sa, Fiat vuol dire successo e quindi la storia non si ripeterà.

Non la pensa così il professor Gerald Rhys, esperto di mercato automobilistico e docente universitario a Oxford, secondo cui la possibilità che il combinato Fiat-Opel-Chrysler possa sopravvivere al mercato e diventare un grande player «è meno del 50%. Questa operazione mi ricorda quella terribile follia industriale che fu la politica britannica di fusione selvaggia degli anni Sessanta che diede vita a quel disastro dal nome di Rover». La quale, come si sa, è costata molto cara alla brama di Rover, dominio di Bmw. Ora tornino a squillare le trombe. E scusate per il disturbo.

Mauro Bottarelli
Fonte: www.ilsussidiario.net
Link: http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=19470
7.05.2009

mercoledì 1 aprile 2009

BASTA !!!! articolo commentato da X X X.


LONDRA - La City di Londra occupata da 8.000 manifestanti, le banche assediate, "sequestrati" centinaia di impiegati asseragliati negli uffici. A ventiquattro ore dal G20 scoppia la rabbia dei no global. Bottiglie, lattine, anche scarpe volano contro gli agenti che rispondono con lacrimogeni e manganelli.

Circondata da migliaia di manifestanti la Royal Bank of Scotland scelta perché che lo scorso anno ha ricevuto aiuti pubblici per miliardi di sterline, con l'obiettivo di evitarne il fallimento. Cariche della polizia anche a Cannon Street. In frantumi alcune vetrine. Infranti i vetri delle finestre della Rbs a Threadneedle street. Un piccolo gruppo, a volto coperto, è entrata nella sede della Bank of Scotland. La Polizia ha fatto irruzione negli uffici colpita da mobili e suppellettili che i manifestanti lanciavano dalle finestre. Un poliziotto è stato colpito con una grossa sbarra ed è sttao ricoverato.

La tensione nella capitale è alta. Quattro cortei, partiti da altrettante stazioni della metropolitana, stamane si sono raccolti nel centro della città finanziaria. Lungo il tragitto decine di impiegati della City, affacciati alle finestre, lanciavano biglietti da 10 sterline, mentre la folla sottostante reagiva con urla e invettive. Almeno 23 persone sono state fermate: alcuni erano armati di coltello, undici in possesso di uniformi false della polizia.

Il Times ha descritto il clima e le misure pre-vertice, definendo Londra come una ''fortezza'', mentre il quotidiano City AM titola la sua prima pagina ''G20: Una città sotto assedio''. Schierati diecimila poliziotti, un'operazione-sicurezza che costerà alle casse dell'erario inglese non meno di 8 milioni di euro.

Tra i manifestanti anti-summit c'è chi protesta contro il riscaldamento terrestre e le politiche inadeguate contro i cambiamenti climatici, chi chiede la fine del coinvolgimento occidentale nella guerra in Iraq e in Afghanistan e chi, invece, chiede un'effettiva soluzione alla crisi economica globale.

PARIGI - "Bisogna agire con urgenza" dice Barak Obama. Fare in fretta, dice il presidente Usa alla vigilia del vertice londinese del G20. Ma Francia e Germania non nascondono la loro insoddisfazione per la bozza di documento di cui si discuterà domani. Schierandosi contro una conclusione che veda la solita litania di impegni mai rispettati che si sciolgono in vuote scadenze future.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy è netto, spiegando che la Francia ha chiesto regole più severe per la regolamentazione della finanza globale e, in particolare, contro i paradisi fiscali. La fondazione della nuova architettura del sistema finanziario, insiste Parigi, deve avvenire qui a Londra e non può essere rimandata ad altri appuntamenti. Nemmeno al prossimo G8. "Non darò il mio assenso a un meeting falso - dice il presidente francese - che porti a decisioni inutili e che non affronti veramente i problemi che abbiamo. Dobbiamo delineare le nuove regole per il ventunesimo secolo". "E' nell'interesse di tutti" rincara la dose il cancelliere Angela Merkel. Che aggiunge: "Quello su cui siamo d'accordo è che servono degli standard unici e vanno definiti subito, non domani. Domani abbiamo la chance di raggiungere questo obiettivo".

Dal canto suo Obama, al termine dell'incontro con il premier britannico Gordon Brown, torna a sottolineare la gravità della crisi e la necessità di soluzioni radicali e concordate tra tutti i Paesi: "Non possiamo permetterci mezze misure". Ma sui tempi resta la distanza tra Usa e una parte importante dell'Europa.

Berlusconi: "Le vere decisioni al G8". Al G20 sarà adottata "qualche decisione opportuna e immediata", ma le nuove regole mondiali per combattere la speculazione saranno prese al G8. Così la pensa Silvio Berlusconi che a chi gli chiede se nel corso dell'incontro di domani verranno adottate nuove regole per limitare la speculazione finanziaria, replica: "Sì, però vi ricordo che al G8 porteremo come nostra proposta il global standard, cioè una legislazione internazionale per il mondo della finanza e dell'economia". E sulla voce trapelata che annunciava un incontro bilaterale tra lui e Obama, il presidente del consiglio spiega che "non l'abbiamo chiesto perché non ci sono argomenti nuovi su cui intrattenerci. Abbiamo tutto chiaro".

Sarkozy polemico. "Non mi assocerà a finti compromessi", ribadisce il capo dell'Eliseo che ha già minacciato di abbandonare il vertice se non saranno adottate misure concrete. Una 'minaccia' che il premier britannico Brown minimizza: "Lasciatemi dire che sono fiducioso che il presidente Nicolas Sarkozy sarà con noi oggi e sarà seduto con noi stasera alla cena". La Merkel comunque non vuole sentire parlare di scontro con l'America: "Negli Usa la gente parla di nuova regolamentazione dei mercati. Il segretario al Tesoro ha proposto molte nuove regole. Noi e la Francia siamo d'accordo che servono dei nuovi standard unici. Per questo siamo così duri, domani abbiamo la possibilità di raggiungere questo obiettivo".

L'incontro Obama-Brown. A Londra Obama ha incontrato Brown. "Stiamo lavorando insieme per abbreviare questa recessione. - dice Brown - Si tratta di una crisi senza precedenti: ecco perché serve una soluzione globale". Obama pone l'accento sul "lato umano della crisi", ribadendo, come Brown, la necessità di affrontare il momento attuale con una strategia comune: "Ci troviamo di fronte alla crisi finanziaria peggiore dalla seconda guerra mondiale, le nostre economie sono interconnesse e dobbiamo trovare una soluzione insieme". Il presidente statunitense sottolinea l'esigenza di respingere le tentazioni protezionistiche, e di sostenere i mercati emergenti. Esprimendo, infine, l'auspicio che i leader del G20 possano "concentrarsi sui punti comuni piuttosto che sulle divergenze" per affrontare la crisi economica mondiale.

Iran. Obama e Brown ribadiscono l'impegno comune a risolvere la crisi sul nucleare iraniano usando strumenti diplomatici. "Siamo entrambi impegnati sul fronte diplomatico" dice il presidente americano, "per offrire alla repubblica islamica l'opportunità di un futuro migliore a condizione che abbandoni l'ambizione di entrare in possesso di armi atomiche".

L'agenda di Obama. Obama incontrerà a margine del summit anche il collega cinese Hu Jintao e l'omologo russo Dmitry Medvedev. Oggi inoltre i coniugi Obama sono stati ricevuti a Buckingam Palace dalla Regina Elisabetta II.

X X X DICE:

A nome del popolo italiano, ci siamo rotti il cazzo delle Vostre menate.
Abbiamo i coglioni PIENI, e le tasche VUOTE.
Agenzie Interinali e MALEDETTI responsabili di DITTE che lasciano a CASA con un preavviso di UNA SETTIMANA.
FATE SCHIFO.
COSA CAZZO DEVE FARE UN PADRE DI FAMIGLIA S E N Z A LAVORO, SAPENDO CHE I POLITICI SI SONO PURE AUMENTATI LO STIPENDIO?????
E parlano e parlano, e VA TUTTO BENE, bisogna fare GIRARE i soldi.

NO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

a noi GIRANO i coglioni.

COME CAZZO FACCIAMO A FAR GIRARE I SOLDI SE NON NE ABBIAMO?????

BASTA PRENDERCI PER IL CULO.

IL MIO PRIMO POST DELL ANNO SCORSO SI CHIAMAVA BASTA.

E BASTA LO RITORNO A DIRE ORA.

X X X

giovedì 25 dicembre 2008

31/12/2008 : Buona fine e buon principio....ma...IL PRINCIPIO DOV'E' ?????


ROMA - "Una vita senza futuro, senza progetti. Del resto, chi si può permettere dei progetti, quando non puoi comprare un mobile a rate o fare un mutuo per la casa? Sei appesa al nulla". Giovanna, quarantenne, precaria all'ufficio cassa di un ospedale abruzzese, campa da dodici anni di proroghe di tre, sei mesi del contratto: il presente le offre molto poco. Ma è molto, molto meglio del futuro, che è diventato un incubo.

L'incubo della tagliola: "Il contratto scade a fine gennaio. Chi sa cosa succederà? Io ho paura". Gianluca, 29 anni, laureato in Scienze della comunicazione, tre anni nel call center di una grande azienda, il contratto l'ha già perso. Scade a fine dicembre e sa già che non glielo rinnoveranno. "Cosa faccio? Torno dai miei. Non ne ho nessuna voglia e la sento come una sconfitta. Ma non posso stare in mezzo alla strada. E poi? Boh. Ho provato a chiedere in giro, ma i miei amici stanno come me".

La crisi economica, la recessione, stanno arrivando in queste settimane. Ma questa non è una crisi come le altre che l'hanno preceduta. E' diversa, perché ha delle vittime predestinate. I sindacati lanciano un allarme a tutto campo. La cassa integrazione è cresciuta del 25% questa estate. In Lombardia è raddoppiata. I posti di lavoro a rischio, nei prossimi due anni, sono 900 mila solo nell'industria. Compresi commercio e servizi, potrebbero arrivare a un milione e mezzo.

Sono cifre enormi per un paese con 17 milioni di lavoratori dipendenti. Ma questa è la parte forte del mercato del lavoro, protetta da sussidi e garanzie che attutiscono l'impatto del taglio dei posti di lavoro. La mattanza dell'occupazione comincerà altrove, nella parte più debole ed esposta delle maestranze. Le vittime predestinate sono gli apprendisti, collaboratori, meglio noti come cococò, somministrati, interinali, a tempo determinato. L'esercito dei tre milioni di precari, che hanno monopolizzato il mercato del lavoro degli ultimi anni e per i quali non è necessario il licenziamento o l'anticamera della cassa integrazione: basta non rinnovare il contratto.

Perché questa è la prima crisi dell'era della flessibilità e tutto sta funzionando come prevedono i manuali. Flessibilità significa che è più facile assumere. Il problema è che, adesso, stiamo vedendo il rovescio della medaglia: è più facile anche licenziare. In teoria ? dicono sempre i manuali ? questo è un bene. Le imprese sono in grado di alleggerire rapidamente i costi, tagliando il personale. Così sgravate, reggono meglio la crisi e, non appena il vento dell'economia girerà, potranno riprendere più velocemente la corsa, tornando ad assumere. La teoria funziona, quando la crisi riguarda un'impresa o un gruppo di imprese. Quando è generale, l'impatto sociale è devastante, perché gente come Giovanna e Gianluca deve riuscire a galleggiare senza salvagente.

I numeri non sono facili da mettere insieme. Nel caso degli interinali (oggi si chiamano somministrati), Ebitemp, l'ente bilaterale per il lavoro temporaneo, calcola che il personale gestito dalle agenzie del lavoro in affitto, fra luglio e settembre sia calato del 7,6%. Soprattutto, sono scese di oltre il 21% le richieste di personale. Stefano Sacchi, Fabio Berton, Matteo Richiardi, in un articolo per lavoce.info stimano che solo metà degli interinali abbia qualche forma di protezione, quando resta senza lavoro.

Questa percentuale scende sotto il 40% per il milione e mezzo di lavoratori a tempo determinato: oltre 600 mila dipendenti a contratto rischia di restare in mezzo alla strada. Lo stesso vale per mezzo milione di cococò. In totale, oltre un milione di persone, per cui la crisi significa solo un buco nero. "Senza indennità, senza pensione, senza liquidazione: se non mi rinnovano il contratto, come mangio il prossimo mese" si domanda angosciata Giovanna?

Il momento della verità arriverà nei prossimi giorni, a spegnere, per molti, il Natale. Un precario su dieci balla, infatti, proprio adesso, sulla corda. Dicembre è un mese come tutti gli altri, ma, a fine anno, per motivi burocratici, viene a scadenza il 40% in più dei contratti, rispetto agli altri mesi. Sacchi e i suoi colleghi hanno calcolato che, il 31 dicembre, oltre 300 mila precari, sui 3 milioni totali, si troveranno a rinnovare i loro contratti: 193 mila tempi determinati, 10 mila apprendisti, 16 mila interinali, 64 mila cococò. In tempi normali, l'84% degli interinali e il 50% dei collaboratori coordinati ottiene automaticamente il rinnovo. Ma questi non sono tempi normali. Ancora: in tempi normali, un interinale aspetta 9 mesi per trovare un nuovo posto, un cococò anche 19. Ma ora? "Boh" come dice Gianluca.

Questa è una crisi diversa dalle altre perché non colpisce, come avviene di solito, alcuni settori, alcune categorie più di altre. Questa crisi colpisce una classe di età, come ai tempi del militare. E' la crisi dei "bamboccioni", per dirla con Padoa-Schioppa. O, meglio, di quelli che, in questi anni, hanno trovato un lavoro. E' la crisi dei giovani, perché è la crisi dei precari e il precariato è l'unica forma di lavoro che i giovani hanno trovato. L'interinale tipo ha 32 anni. Uno su due ha meno di 30 anni. Se la crisi sarà dura come dicono, un'intera generazione rischia di essere ributtata indietro, espulsa dal mercato del lavoro.

In affitto come interinali o somministrati, collaboratori coordinati e continuativi o a progetto, a tempo determinato, questi, e non altri, sono i lavori che hanno trovato ragazzi e ragazze usciti, negli ultimi anni, dalla scuola. "Almeno due terzi dei nuovi ingressi nel mondo del lavoro ? dice Sacchi ? in questi anni sono avvenuti con contratti atipici". All'Istat sono appena più prudenti: "sia nel 2006, che nel 2007 ? spiega Mario Albisinni ? il 45% delle nuove assunzioni è stato a carattere temporaneo".

I numeri, qui, aiutano a raccontare la storia di questi anni. Fra il secondo trimestre del 2004 e il secondo trimestre del 2008, gli occupati sono aumentati del 5% e, fra questi, i lavoratori dipendenti dell'8%. Quanti, di questi ultimi, con un contratto a tempo indeterminato, di quelli normali, con pensione, Cig e liquidazione? Ci sono state oltre 800 mila assunzioni di questo tipo: i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di quasi il 6%. Ma, attenzione, è una faccenda da adulti. Quanti di questi nuovi contratti permanenti riguardano, infatti, giovani under 35? La risposta è che il numero di lavoratori sotto i 35 anni con un contratto a tempo indeterminato è, in realtà, diminuito. I bamboccioni in rotta per la pensione, rispetto a quattro anni fa, sono quasi mezzo milione in meno: un taglio del 9%.

E dove sono finiti? Fra i precari. I lavoratori dipendenti a carattere temporaneo sono cresciuti, negli ultimi quattro anni, da 1 milione 900 mila a quasi due milioni e mezzo. Oltre metà di questo aumento è dovuto agli under 35. Poi c'è poco meno di mezzo milione di cococò, formalmente lavoratori indipendenti, ma, lo dice anche l'Istat, in concreto dipendenti a tutti gli effetti. Tre milioni di precari. Sei su dieci hanno meno di 35 anni. Saranno loro i primi a subire l'impatto di una crisi che, dicono gli economisti, può essere la più grave degli ultimi settant'anni.

X X X

venerdì 19 dicembre 2008

Magna tu, che non magno io. BUON NATALE!


riporto qua il post che ho scritto nel sito di Nibiru2012.it.

Ragazzi, ragazze, simbionti, trolls, viaggiatori del tempo, admin, mods, semplici utenti, etcetera etcetera
il vostro polemico incazzoso irruento strafottente X X X alias Fabrizio, Vi vuole augurare a TUTTI un Buon
Natale.
Augurio molto astratto, perchè di concreto non posso fare proprio un bel niente.
Ho postato questa mitica foto del mitico ALBERTO SORDI, che, per me, è
molto più rappresentativa dell'alberello tutto illuminato dove centinaia di pirla portano oggetti
per creare un surreale mega uomo di neve, vedi pubblicità VODAFONE.
Non siamo tutti così coglioni da credere a queste immagini così "belle"????
A me da molto fastidio vedere ora in TV pubblicità così arroganti nei nostri confronti, ma
sdolcinate e buoniste allo stesso tempo.
Cazzo vuol dire la canzoncina A NATALE SI PUO' DARE DI PIU'
ma che volete da NOI anche il sangue?????
Poi cè chi ha inventato la legge del NON abbandono del cliente.....
presumo che per Natale, ci reputino tutti ancora più stupidi del solito.
Bhè, ma tanto ci sono le mini rate..........
RAGAZZUOLI UN VERO AUGURIO DI BUON NATALE CON RELATIVO ABBRACCIO.
ps.
vorrei che in questo tread elencaste, sotto forma di letterina al BABBO, cosa vorreste
per il nuovo anno in regalo.


il vostro X X X

fonte: http://www.nibiru2012.it

giovedì 18 dicembre 2008

X X X SI STA ROMPENDO I COGLIONI.


posti di lavoro in crescente calo.
stipendi MAI aumentati.
Chi ora lavora, ma è precario, è letteralmente terrorizzato e pur di non stare a casa, spala pure la merda.
Calo pazzesco di vendite di automobili.
La Honda stessa, che è una potenza, non garantirà la sua presenza nella MotoGP
Sony ha lasciato a casa migliaia di persone
La GM ormai fa il botto.
Qui a Reggio Emilia, sto già incominciando a contare i negozi "storici" che danno forfait.
Aumento della criminalità.


POSSIBILE CHE RIUSCIAMO AD ACCETTARE UNA SITUAZIONE DEL GENERE
E SAPPIAMO DI VIVERE NEL TERRORE MA NON FACCIAMO NIENTE?

Io penso che il 2009 una novità la porterà.
La gente incomincerà ad associarsi.
La disperazione oramai è al limite.
Guerra Civile?
Io mi auguro di no.

Ma che prospettiva abbiamo?

Che prospettiva ha una famiglia che ora non lavora più??????

Lo Stato non può sperare che noi diamo sempre di matto e ci suicidiamo.

X X X

Confindustria: 600.000 posti di lavoro in meno.


(AGI) - Roma, 16 dic. - Per la prima volta nel Dopoguerra l'Italia vive un biennio di recessione che portera' alla perdita di 600 mila posti di lavoro. E' l'allarme lanciato da Confindustria, che prevede una flessione del Pil dello 0,5% nel 2008 e dell'1,3% nel 2009. Che siamo in un "momento critico" lo conferma anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che annuncia: e' necessario un nuovo pacchetto di misure fiscali. Secondo il Centro studi di Confindustria la "lenta" ripresa si iniziera' a delineare dalla seconda meta' dell'anno prossimo, grazie al rilancio del commercio mondiale e al prevalere delle forze espansive gia' oggi evidenti, e portera' ad una crescita media annua dello 0,7% nel 2010, con un ritorno sopra l'1% tendenziale nell'ultimo trimestre. Le possibilita' di rilancio dell'economia sono pero' strettamente legate, puntualizza il Csc, al ripristino della fiducia e al dissiparsi dell'incertezza che attanaglia la spesa di famiglie e imprese. Altrimenti "si avra' una recessione piu' lunga e profonda nel 2009, seguita da una stagnazione nel 2010. Il Centro studi di Confindustria, inoltre, nelle sue previsioni, stima un rapporto deficit/pil pari al 2,6% nel 2008 e al 3,3% nel 2009, contro il 3,4% del 2006 e l'1,6% del 2007. Gli industriali evidenziano anche che l'inflazione si dimezzera' nella media 2009 rispetto al 2008: 1,7% contro il 3,4%. In retromarcia i consumi degli italiani, in calo dello 0,5% nel 2008 (dal +1,4% nel 2007) e dell'1,4% nel 2009, e che torneranno a crescere nel 2010 (+0,7%). La crisi penalizzera' fortemente il mercato del lavoro: Confindustria prevede che il tasso di disoccupazione avra' un incremento sostanzioso nel 2009, pari a un +8,4% contro il +6,8% del 2008. Secondo il centro studi di viale dell'Astronomia, tra il secondo trimestre del 2008 e la seconda meta' del 2009 si avra' una perdita di 600mila posti di lavoro. Da Confindustria arriva quindi la richiesta di un confronto: la crisi e' "molto dura" e per questo chiediamo che il Governo convochi al piu' presto un tavolo, ha detto il presidente di Viale dell'Astronomia, Emma Marcegaglia.

martedì 2 dicembre 2008

Economia: CAMBIAMENTO EPOCALE.


Io consiglierei guardare alla storia, anche a quella antica. Per capire il sistema bancario corrente bisogna rifarsi ai Babilonesi .. eh si, le nostre banche le hanno inventate in Iraq!
Nel 18esimo secolo AC, a Babilonia c'e' stata la prima crisi creditizia di cui si abbia traccia. Allora i contadini depositavano grano in silos governativi e ottenevano certificati di deposito in compenso. Questi certificati poi sono diventati moneta di scambio per tutto il resto. Coloro che gestivano i certificati si sono poi tramutati in banchieri e hanno cominciato a prestare con interessi, usando un sistema di riserva frazionaria.
Il problema e' che si e'arrivati dopo un po' di tempo a una situazione in cui l'ammontare di debito superava il grano disponibile. Allora re Rim-Sin decise di decretare il perdono dei debiti. Il suo motivo era militare: nell'esercito lui arruolava solo contadini possidenti terrieri, non schiavi. Non voleva quindi rovinarli tutti e costringerli a vendersi. I banchieri cosi' fallirono. Le crisi creditizie in Iraq poi continuarono a ripetersi, seguiti da perdoni periodici, eccetto che i tassi di interesse si innalzarono.
I banchieri irakeni non la mandarono giù facilmente e se ne andarono a cercar fortuna in Egitto. Lì ripeterono lo stesso trucco e dominarono per 1500 anni con molte dinastie di faraoni, fino alla venuta di Alessandro il Macedone. La storia si trova addirittura raccontata nella Bibbia. Un certo Giuseppe che lavorava per il faraone gestiva i silos e creò una crisi creditizia simile a quella Irakena.
Eccetto che la conclusione questa volta fu diversa: alla fine, i contadini dovettero vendersi come schiavi per poter mangiare.
Quando io ho studiato Cicerone e le filippiche contro Catilina, mi ero convinta che Catilina fosse questo sciagurato traditore. Una cosa che pero' mi era sfuggita completamente, forse perche' non me lo avevano detto, e' che a quei tempi, attorno al 60 AC , a Roma c'era una crisi creditizia. Le famiglie patrizie avevano preso molti soldi in prestito offrendo le proprie case e possedimenti agricoli come collaterale.
L'ammontare del debito accumulato poi e' arrivato a superare di gran lunga l'ammontare di denaro circolante, a causa ovviamente della crescita esponenziale dovuta agli interessi. Cosi' Catilina si presentò alle elezioni sostenendo un programma di perdono del debito.
I banchieri romani erano ovviamente di origine babilonese-egiziana-greca e lui diceva, beh facciamo un bel perdono come a Bagdad e salviamo la repubblica. Ovviamente questo ai banchieri non piaceva affatto. Cosi' e' venuto l'impero, i patrizi dovettero vendersi come schiavi, e riscrissero la storia.
Poi vennero i rinascimentali, con la ricerca della pietra filosofale che trasforma piombo in oro... La pietra filosofale era nient'altro che la stampa di moneta. I Medici lo capirono e si arricchirono. Eccetto che poi regnanti stranieri li misero sul lastrico, rubandogli effettivamente la pietra filosofale e rilegando l'Italia alla provincia culturale per 4-5 secoli.
Oggi il problema che si e' creato e' molto simile alle crisi creditizie antiche, anche se ovviamente su scala molto piu' grande.
Negli USA ci sono 65T di debito a fronte di moneta circolante (M3) di circa 12T. C'e' una discrepanza di un fattore 5. Semplicemente, non c'e' abbastanza moneta in giro per ripagare tutti i debiti. Il sistema e' insolvente. Questo non e' un incidente storico isolato, e' una trappola costruita e voluta dai nostri banchieri. Questi sanno benissimo da dove vengono e cosa succede storicamente in situazioni simili, si rifanno persino ancora largamente alla tradizione talmudistica babilonese e massonica-egiziana.
E' difficile dire come si evolveranno le cose a questo punto. Internet pero' e' senz'altro un elemento molto nuovo che scopre veli millenari.

Il gioco, come vedete è molto vecchio ed è il solito sin dalla notte dei tempi…esattamente così come lo spieghiamo in questi report ormai da anni.
La dinamica del debito nel lungo periodo è insostenibile per due motivi:
Uno per la crescita esponenziale del debito alla fine del ciclo economico http://www.centrofondi.it/report/Report_Centrofondi_2008_ott_1.pdf che porta poi automaticamente all’implosione del sistema http://www.centrofondi.it/report/Report_Centrofondi_2008_ott_2.pdf perché NESSUNO si guarda bene dal mettere in circolazione il denaro necessario a ripagare gli interessi e quindi automaticamente si genera nuovo debito http://www.disinformazione.it/i_nuovi_schiavi.htm in una spirale eterna che ci vede sempre nello stesso ruoli di schiavi da millenni, senza contare il fatto che ci viene fatta pagare a carissimo prezzo della semplice “carta straccia”.

I banchieri, scoperto il “giochino” redditizio, si sono tramandati le regole del gioco di generazione in generazione nella segretezza “esoterica” http://it.wikipedia.org/wiki/Esoterismo;
una sorta di “libretto di istruzioni” con il quale hanno passato indenni i millenni sfruttando il genere umano e manipolando a loro piacimento la storia. Ecco allora svelata la ragione della lucida rabbia di Gesù nel tempio contro i cambiavalute e di quella frase nel padre nostro: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori; oppure il significato dell’anno Sabbatico o del Giubileo che oltre ai debiti spirituali rimettevano anche quelli di denaro; oppure il Corano che bandisce gli interessi come fossero il male assoluto. Ogni religione sa cosa è in grado di fare il debito e per questo lo condanna, anche se con il denaro si è comprato anche il silenzio di chi avrebbe dovuto mettere in guardia da questo potere occulto e distruttore…tutto ha il suo prezzo.

Il segreto che avvolgeva i temi del denaro e dell’economia permetteva l’azione di queste sette finanziaro-esoteriche, un lavoro facile e senza rischi, come rubare le caramelle a dei bambini.
I vari governatori delle banche centrali, considerati semidei e osannati dalle masse ignoranti (che ignorano), oggi, alla luce delle nostre conoscenze, si rivelano per quello che sono: comuni delinquenti dotati anche di scarsa intelligenza visto che le loro mosse sono prevedibili e sempre le stesse da migliaia di anni.

Non vi meravigliate del tono “forte” quasi mai usato in questi report, ma oggi riteniamo che sia arrivato il momento di chiamare le cose con il loro nome per evitare il perpetrarsi di questo crimine contro l’intera umanità, che ci opprime da millenni.

L’ignoranza è la materia con cui la cella invisibile è stata costruita lentamente nel tempo e la conoscenza invece la chiave che ci porta alla libertà.
La differenza di questo periodo storico rispetto al passato infatti è proprio questa: la conoscenza che circola e arriva a coloro che “hanno orecchie per intendere e occhi per vedere” dove internet è lo strumento per propagare questa conoscenza. Proprio a causa dell’aumento della conoscenza, l’elemento nuovo dalla lontana Babilonia, questo sistema crollerà e verrà ricostruito su basi completamente diverse e più sane. Con la conoscenza dei meccanismi che hanno determinato la sopraffazione e la schiavitù del genere umano per millenni, non si potranno più riproporre gli schemi sino ad oggi usati con sfrontatezza e arroganza da chi detiene il potere finanziario e che dirige quello politico. Non si potrà usare più quel “libretto di (d)istruzioni” usato così tante e tante volte per il solo loro vantaggio egoistico.

Oggi il “potere” sta crollando ed è ormai sotto gli occhi di tutti; il potere politico, finanziario, sociale e religioso basato su principi egoistici, di sopraffazione, sull’inganno e sulla manipolazione, si sta sgretolando come un castello di sabbia ed il bello è che sta crollando in modo inversamente proporzionale all’aumento della conoscenza.

Per questo possiamo definire questo periodo storico come eccezionale proprio per il cambiamento epocale che è in atto. Noi stiamo diventando sempre più attori protagonisti e non più comparse che devono solo delegare il loro potere nelle mani di leader religiosi, politici, economici ecc. Attraverso la conoscenza tutti insieme possiamo (ri)costruire ciò che ci è stato tolto con l’inganno, ma è un fase di estrema delicatezza.
Una quantità enorme di potere e responsabilità si sta trasferendo dal vertice della piramide che crolla, alla base che sino ad oggi si è stata deresponsabilizzata delegando il proprio potere a chi lo ha usato per fini ed interessi privati. Con questo trasferimento di potere in atto, a causa del crollo delle vecchie strutture, le persone dovranno essere sempre più pronte e preparate ad accogliere il carico di responsabilità sempre crescente senza farsi sommergere dalle tante risposte, tutte nuove e diverse, che dovranno saper dare. Questa è la ragione del disorientamento dilagante in questo periodo.

Non essendoci più punti fermi e non potendo ripercorrere vecchi schemi (delega di potere), solo chi insegue la conoscenza, ha principi sani e trasparenti e si prende la sua dose di respons-abilità (abilità nel dare risposte) potrà affrontare questo periodo nel migliore dei modi, assecondando l’enorme cambiamento in atto. Per coloro i quali invece si aggrapperanno ancora a istituzioni che crollano, schemi obsoleti e non più funzionanti, sarà una serie continua di sofferenze.

Sarà un periodo in cui il disorientamento della massa di persone che si vedono arrivare queste nuove responsabilità e non sono adeguatamente preparate, sfocerà nella PAURA ed è per questo che chi ha avuto la capacità di capire prima degli altri questo momento storico, dovrà trasmettere tranquillità e far intravedere le soluzioni al crollo di un vecchio sistema che, ogni giorno che passa, manifesta in modo sempre più eclatante i suoi limiti.

La PAURA può sfociare in RABBIA e queste due emozioni sono un mix esplosivo che non agevola la costruzione del nuovo e non agevola il cambiamento, ma permette al sistema di reagire violentemente e di affermare il proprio potere con la forza.
Storicamente le rivoluzioni ed i moti di piazza hanno portato solo un rafforzamento del potere e del sistema e mai dei reali miglioramenti per la popolazione. Queste emozioni saranno poi esasperate anche dal potere che crolla e che non se ne vuole andare per cui questo è/sarà un momento molto delicato che richiede tutta la saldezza di nervi possibile.

Questo è un momento storico magico perché come disse qualcuno “la conoscenza ci renderà liberi” e spesso ci ritorna in mente la frase scolpita all’ingresso dell’oracolo di Delfi “CONOSCI TE STESSO”.
In questo viaggio, ormai ventennale nel mondo economico, ci appare sempre più chiaro che l’economia e la conoscenza, specialmente dei meccanismi umani, è la chiave di tutti i nostri mali attuali e sulla quale dobbiamo lavorare. Chi ha messo in atto l’attuale economia ha fatto sapientemente leva sulle debolezze dell’essere umano: avidità, paura, solitudine, rabbia, egoismo. L’uomo che non è consapevole delle sue emozioni infatti è vulnerabile e pieno di “bottoni” che se azionati da mani esperte, perché hanno il libretto di (d)istruzioni, ha comportamenti prevedibili e facilmente manipolabili.

Azionando il bottone della rabbia, ad esempio nelle grandi rivoluzioni come quella francese e quella russa, si tolsero di mezzo personaggi scomodi come il re e lo zar per cambiare il loro potere con quello di chi azionava le leve della finanza, mentre il popolo cambiava solo “padrone”. Niente di diverso accade nelle guerre dove i banchieri si arricchiscono finanziando, ovviamente con lauti interessi, entrambi i contendenti tanto il perdente avrebbe pagato per tutti e due, eclatante il caso della sanguinosissima guerra tra Iran e Iraq degli anni ’80 dove sia l’uni sia l’altro erano finanziati dalle stesse forze. Per vostra conoscenza, poi ognuno potrà se lo vuole approfondire, la seconda guerra mondiale sarebbe potuta finire i pochi giorni se alla Germania nazista non fosse stato fornito il petrolio da Prescot Bush (il nonno), se la Ford non avesse costruito i mezzi corazzati, moto, autocarri, auto, se l’IBM non avesse fornito i primi computer per tenere la contabilità dell’olocausto e tanto altro ancora.

Facendo leva sulla “scarsità artificiale” e con gli attacchi terroristici, si aziona il bottone della paura facendo digerire tutte le diminuzioni di libertà e preparando il terreno alle distruzioni programmate delle crisi economiche artificiali. Da qui si lavora pesantemente sulla sfiducia in se stessi e nel futuro e si crea la frattura con gli altri isolando le persone nella solitudine e alimentando così avidità ed egoismo.

Conoscendo questi meccanismi noi possiamo allora lavorare per una nuova economia mentre l’altra, artificiale e manipolatoria, sta crollando. Noi lavoriamo sulle qualità positive delle persone rafforzando la fiducia nell’uomo, quindi in noi stessi, e la solidarietà della comunità. Senza gli altri siamo perduti perché l’uomo è un animale docile che ama la compagnia e l’amore. Si tratta solo di rispolverare queste qualità naturali artificialmente represse per cambiare il corso degli eventi attuali e futuri.

Prima di tutto dobbiamo usare uno strumento per gli scambi che non sia legato a doppio filo con il debito e per questo ed in attesa di utilizzarne uno che sostituisca l’euro per i nostri scambi, usiamo una Transition Money http://www.disinformazione.it/moneta_complementare.htm che ci aiuti in questo processo di decontaminazione e di presa di coscienza, nel frattempo cambiamo anche il nostro modo di fare economia attuando dei semplici, ma efficaci correttivi contenuti nei piani aziendali del progetto di ArcipelagoSCEC http://www.centrofondi.it/articoli/Progetto_Buoni_Locali.pdf e nel frattempo lavoriamo sulla costruzione di una nuova cultura lavorando con le scuole http://www.arcipelagoscec.org/doc/Patto_agrario_scuola.pdf. Il lavoro è tanto, ma anche le soddisfazioni nel vedere la volontà delle persone di farsi artefici del cambiamento e lavorare attivamente alla costruzione di un’economia dal volto umano e sta accadendo in tutta Italia dalla Sicilia al Friuli VG, passando per Calabria, Campania, Lazio, Umbria, Toscana, Veneto dove sono già attive le Isole dell’ArcipelagoSCEC, mentre si sta lavorando alacremente per costruirne in Basilicata, Puglia, Marche, Liguria, Lombardia e Piemonte.

Un bel risultato, visibile su www.scecservice.org, se pensiamo che ArcipelagoSCEC www.arcipelagoscec.org è partito solo ad aprile scorso sulla scorta dell’esperienze maturate da Ecoroma e dallo SCEC di Napoli.

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martedì 11 novembre 2008

E SI VA SEMPRE PIU' GIU'...........


MILANO - 'Effetto banche' su Piazza Affari. Il listino milanese paga gli assestamenti in corso nel nostro sistema bancario, costretto a ricorrere a misure straordinarie per migliore la propria solidità patrimoniale. E chiude la seduta, peggiore tra le Borse europee (tutte pesanti sui timori di una gelata generalizzata dei profitti), con il Mibtel in calo del 5,13% a 16.197 punti e lo S&P/Mib del 6,2% a 20.709, bruciando 22,3 miliardi di capitalizzazione.

Intesa Sanpaolo ha infatti deciso di non pagare in contanti il dividendo: una scelta dettata dalla volontà di rafforzare il proprio patrimonio ma che ha riacceso i dubbi del mercato sulla necessità di altri interventi di puntello sia per il gruppo guidato da Corrado Passera (il quale si è detto fiducioso su misure di sostegno a breve da parte del governo) che per gli altri istituti bancari. E così la prima banca del Paese, che ha visto l'utile netto nei nove mesi scendere del 44% a 3,8 miliardi con risultati inferiori al consensus, ha vissuto oggi una delle peggiori sedute della sua storia: il titolo ha chiuso in calo del 16,8% a 2,51 euro.

Secondo una nota di Cheuvreaux la cancellazione del dividendo "é il peggior scenario" che si potesse immaginare mentre le previsioni sul 'core tier 1' sono "deludenti" mentre per Cazenove gli accantonamenti sono stati superiori alle attese. E nel tam tam delle sale operative, tra le ipotesi che sono circolate, c'é stata anche quella di un aumento di capitale: ipotesi smentita con decisione dall'amministratore delegato Corrado Passera. La mossa di Intesa ha però riacceso i timori degli investitori sulla solidità del sistema italiano rispetto ai concorrenti europei, molti dei quali hanno già portato a termine aumenti di capitale anche con il sostegno dello Stato.

Anche Unicredit, che diffonderà i risultati domani mercoledì mattina, è stata risucchiata nel vortice delle vendite (-11% a 1,86). E molto male sono andati anche il Banco Popolare (-5,43% a 8,7) e la collagata Italease (4,38% a 3,66), Ubi Banca (-3,68% a 12,03), Mps (-3,77% a 1,45) Credem (-5,76% a 4,54) mentre, nella Caporetto generale, se l'é cavata la Popolare di Milano (-2,31% a 4,6). "La paura è che nessuno paghi più i dividendi" ha commentato un operatore. E tra gli analisti si fa notare che se anche il Santander, una delle banche che meglio si é comportata nella crisi finanziariua internazionale, ha deciso di procedere a un aumento di capitale, nessuno può sentirsi al sicuro. "Al di là degli indici patrimoniali, tutto dipende in ogni caso" spiega un analista "dalla qualità degli attivi". Banche a parte, oggi è stata una seduta da dimenticare per tutto il listino milanese sottoposto, al pari delle altre Borse europee, a una pioggia di vendite sui timori di recessione, evidenziati anche dal forte calo dei prezzi delle materie prime e del petrolio.

Male tutti i comparti con Finmeccanica (6,7% a 8,96), Fiat (-5,99% a 5,8) Bulgari (-5,78% 5,54). Tra i big non si salva nessuno: Generali ha perso il 4,7% 19,1, Eni il 5,05% a 17,3, Telecom il 2,22% a 0,96. Giù anche l'Enel (-2,84% a 5,3) nonostante i buoni risultati dei nove mesi avessero mantenuto il titolo in positivo per buona parte della seduta.

BANCAROTTA per la GENERAL MOTORS???


La situazione della General Motors precipita. E la bancarotta si fa incredibilmente vicina. "Incredibilmente" perché questa non è una normale casa automobilistica ma il simbolo stesso dell'industria dell'auto, la più grande azienda del mondo, un colosso presente in 200 paesi e che in cento anni di storia ha venduto poco meno di mezzo miliardo di veicoli.

Eppure, come spiega nel dettaglio l'edizione on line del Financial Times, Rod Lache, analista di Deutsche Bank, ha appena bollato le azioni GM come "prive di valore", consigliando gli investitori di non comprare proprio in vista di una prossima bancarotta.

La previsione, così pessimistica, deriva dal fatto che il già annunciato accordo con la Chrysler (che ha fatto volare brevemente il titolo in Borsa) e gli aiuti governativi hanno tempi un po' lunghi. Mentre la General Motors ha stringenti problemi economici che deve necessariamente risolvere entro dicembre. La fine del 2008 sembra insomma una data cruciale per il colosso Usa. Che nel frattempo reagisce annunciando un nuovo taglio della forza lavoro nelle sue fabbriche di 1.900 dipendenti. Un taglio che si aggiunge a quello - di 3.600 lavoratori - reso noto lo scorso venerdì. L'obiettivo è quello di tagliare i costi e sopravvivere alla crisi più profonda mai attraversata dalla società che nel terzo trimestre del 2008 ha subito una perdita di 2,5 miliardi di dollari, e che rischia di esaurire le sue riserve di liquidità prima della fine dell'anno.

Ora tutti gli occhi sono puntati sugli aiuti governativi: durante la visita di ieri alla Casa Bianca, il presidente americano eletto, Barack Obama, e quello uscente, George W. Bush, hanno avuto una discussione sull' industria automobilistica, per la quale Obama ha chiesto all' interlocutore un piano urgente di sostegno, che quest'ultimo invece vorrebbe condizionare all'approvazione da parte del Congresso dell'accordo sul libero commercio con la Colombia. Le indiscrezioni sono pubblicate oggi sul sito dell' 'International Herald Tribune', che cita "consiglieri di Obama".

"Bush durante l'incontro (alla Casa Bianca) ha fatto sapere che potrebbe appoggiare alcuni aiuti e un più ampio pacchetto di stimoli se Obama e i democratici al Congresso faranno cadere la loro opposizione all' accordo di libero scambio con la Colombia, un provvedimento per il quale Bush ha lottato a lungo, secondo fonti informate dell'incontro", scrive il 'Tribune', che ricorda che "l' amministrazione Bush, che ha promosso un cospicuo intervento a favore delle imprese finanziarie, si è opposta a consentire all'industria automobilistica di attingere ai 700 miliardi di dollari di fondi di sostegno malgrado la scorsa settimana la General Motors abbia dato segni che potrebbe non sopravvivere alla fine dell'anno".

Le stesse fonti democratiche hanno indicato all' 'International Herald Tribune' che "nè Obama nè i leader al Congresso sono disposti ad avallare con Bush il patto colombiano", al quale i democratici si oppongono per le violazioni dei diritti umani denunciati nella Colombia di Alvaro Uribe, e dovranno quindi "probabilmente attendere che Obama assuma il potere il 20 gennaio". Per allora, però, per la GM potrebbe essere troppo tardi e in ogni caso una cosa è certa: le sorti della più grande azienda del mondo sono legate ora a problemi politici, allo scambio fra il trattato con la Colombia e gli stimoli all'economia proposto dai repubblicani.

domenica 9 novembre 2008

NATALE DI AUSTERITY, SI SALVERA' IL PANETTONE.


ROMA - Si preannuncia sottotono il Natale 2008. La crisi finanziaria che sta piegando le economie mondiali si farà sentire sulle tavole apparecchiate per le festività di fine anno ridimensionando i consumi di cibi di fascia alta e l'acquisto di doni ricercati.

Le previsioni di commercianti, dettaglianti e grande distribuzione concordano su un Natale di consumi in calo e spese oculate, con una sostanziale tenuta delle vendite dei soli prodotti di base, dagli addobbi ai dolci tipici. Sulle tavole degli italiani non ci saranno quindi caviale e frutta esotica, ma certo non mancherà il panettone (o pandoro, se si preferisce).

"Semmai si risparmierà sui viaggi, ma non credo si rinuncerà al panettone", è la previsione dell' amministratore delegato della Bauli, Gastone Caprini. "E' presto per sapere come andranno le vendite" - spiega - ma certamente "la nostra previsione non è di crisi perché riteniamo che in un mercato critico questi prodotti di qualità e prezzi contenuti possano avere un andamento delle vendite tutto sommato positivo".

Anche alla Melegatti non si percepisce al momento una flessione e dal settore marketing fanno sapere che la crisi ha comportato la necessità di essere concorrenziali sul prezzo, ma per quanto riguarda le vendite "ora come ora le previsioni non sono negative". Quasi certamente questo sarà un Natale contraddistinto da "oculatezza nella spesa", come l'ha bollato l'Ufficio studi di Confcommercio, che formula previsioni fosche per la fine del 2008: "I consumi chiuderanno a -0,7%, un dato piuttosto raro nella storia economica del Paese (dal 1970, i consumi hanno mostrato variazioni negative solo nel 1993 e nel 2002)".

Nelle previsioni di Confcommercio, a Natale aumenteranno solo i consumi di accessori, pesce azzurro, frutta secca e notebook, mentre andrà giù tutto il resto, dall'abbigliamento alle macchine fotografiche digitali, dalla frutta esotica all'alta gastronomia, dai viaggi e vacanze agli articoli per la casa, e persino i giocattoli.

Stabili calzature e gioielli. A tenere dovrebbero essere i cosiddetti consumi domestici, dagli addobbi per imbandire la casa e la tavola ai dolci tradizionali. Il direttore dell'area commerciale della Confesercenti, Gaetano Bergamo prevede che "la gente taglierà un po', ma i consumi domestici dovrebbero avere una buona performance. Prevediamo un Natale che riconfermerà l'andamento dei consumi domestici degli anni scorsi, e potrebbe anche esserci un lieve aumento per i prodotti di qualità a basso prezzo, mentre i risparmi saranno su cose superflue e spese impegnative".

Mentre Confcommercio e Confesercenti chiedono a gran voce la detassazione delle tredicesime per mettere in circolo qualche soldo in più, nei negozi c'é già preoccupazione e si corre ai ripari con promozioni speciali prenatalizie soprattutto nel settore dell'abbigliamento e calzature. Nella grande distribuzione, invece, spiega Federdistribuzione, si sta lavorando su limature dei prezzi e grandi promozioni, che coinvolgeranno tutto il settore alimentare, puntando sulla tradizione. "Sarà un Natale alla ricerca dell'affare, dell'acquisto conveniente - spiegano all'associazione che rappresenta tutte le grandi catene - noi offriremo più prodotti alla portata di tutti per andare incontro al desiderio delle famiglie di poter comunque festeggiare e fare regali".

NEL 2008 CHIUSE IN ITALIA 337 MILA AZIENDE.


VENEZIA - Nei primi nove mesi del 2008 in Italia hanno chiuso 336.846 imprese con una stima di perdite di posti di lavoro di centomila unità nel solo commercio.

Lo rileva una ricerca della Cgia di Mestre sviluppata nelle Camere di Commercio italiane. Il saldo, dato dalla differenza tra le nuove iscritte e quelle cessate, è pari a 13.184 aziende mentre nello stesso periodo dell'anno scorso era di + 10.007. Nel 2006, addirittura, arrivava a +46.875. "La crisi si sta abbattendo sul mondo delle imprese ed in particolare in quelle del Sud. Il settore più colpito è il piccolo commercio - denuncia Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre - Un peggioramento della situazione che è il frutto della preoccupante crisi economica che sta colpendo il Paese". Secondo la Cgia a pagare il prezzo più alto, a livello territoriale, sono le regioni del Sud. Sul totale delle imprese presenti in Sicilia, in Puglia e in Calabria il saldo negativo é stato rispettivamente di 4.229, di 4.158 e di 1.174. Nel 2007 in queste regioni il saldo era stato abbondantemente positivo (Sicilia +1.754, Puglia +1.217, Calabria +1.057). Per quanto riguarda i settori tiene l'artigianato (saldo a + 2.162 aziende), ma peggiora drammaticamente quando si analizza il commercio.

A fronte di poco più 95.000 chiusure segnalate nei primi nove mesi del 2008, erano 94.500 circa nel 2007, un vigoroso calo si è registrato nelle nuove iscrizioni. Se nel 2006 e nel 2007 le attività commerciali che avevano aperto erano circa 69.500 quest'anno sono scese a poco più di 64.300. Pertanto il saldo è sceso a -30.672 contro il -24.972 del 2007 e il 13.781 del 2006. La Cgia di Mestre registra che in tutte le regioni d'Italia nei primi nove mesi di quest'anno il saldo delle imprese commerciali risulta essere negativo. "E a soffrire - prosegue Bortolussi - sono soprattutto i negozi di vicinato schiacciati dalla concorrenza dei grandi centri commerciali e dalla poca propensione ai consumi delle famiglie italiane. Stimiamo - conclude il segretario Cgia - in circa 100.000 i posti di lavoro che quest'anno si perderanno nel settore commerciale a livello nazionale".

sabato 8 novembre 2008

Raccolti record per i cereali, ma i poveri avranno ancora fame.

LIVORNO. Secondo il rapporto semestrale "Food Outlook" della Fao sull´andamento dei mercati alimentari mondiali, la produzione cerealicola mondiale raggiungerà un nuovo livello record nel 2008 grazie l´incremento delle aree seminate seguito al rialzo dei prezzi alimentari e grazie a condizioni climatiche generalmente favorevoli. La produzione cerealicola mondiale nel 2008/2009 si prevede aumenterà del 5,3%, raggiungendo 2.24 miliardi di tonnellate. La produzione mondiale di grano, 2008/09 sarà di 677 milioni di tonnellate, grazie soprattutto ai record dei raccolti che si prevedono in Europa, Nord America ed Oceania. Per il riso nel 2008/09 si prevedono 450 milioni di tonnellate ed il calo dei prezzi dovrebbe migliorare la situazione fronteggiata dai consumatori l´anno scorso. La produzione mondiale di cereali secondari (prevista a 1.11 miliardi di tonnellate) riuscirà più che a soddisfare l´aumento del consumo.

La ripresa della produzione cerealicola è in gran parte avvenuta nei Paesi industrializzati, dove gli agricoltori erano meglio attrezzati per rispondere ai prezzi sostenuti. La capacità di risposta dei paesi in via di sviluppo, al contrario, è stata molto limitata a causa della ristrettezza a livello dell´offerta.

I paesi in via di sviluppo saranno quelli che quest´anno pagheranno il prezzo più alto dei maggiori costi delle importazioni alimentari. Il costo dell´acquisto di cibo sui mercati internazionali per i paesi maggiormente vulnerabili dal punto di vista economico è lievitato di circa un terzo rispetto allo scorso anno. Questo è il più grande incremento annuo mai registrato. A causa di prezzi alimentari più alti, il numero delle persone che soffrono la fame nel solo 2007 è aumentato di 75 milioni.

La produzione ittica globale aumenterà solo dell´1% nel 2008, registrato nel settore dell´acquacoltura.

«Le difficoltà di molte banche pesantemente coinvolte nel finanziamento della pesca da cattura e nello sviluppo di quella d´allevamento, sono fattori che limiteranno la disponibilità di credito al settore» spiega il rapporto Fao.

La produzione cerealicola sarà in grado di soddisfare il consumo e riuscirà anche a ricostituire buona parte delle scorte mondiali esaurite, ma la Fao mette in guardia: «l´attuale crisi finanziaria influirà negativamente sul settore agricolo di molti paesi, in particolare in quelli in via di sviluppo».

Secondo Concepcion Calpe, economista Fao ed una delle autrici principali del rapporto «Il raccolto cerealicolo record di quest´anno ed il recente calo dei prezzi alimentari non dovrebbero dunque creare troppo ottimismo. Se per ipotesi, nella stagione 2008/09 dovessero prevalere l´attuale volatilità dei prezzi e le odierne condizioni di liquidità, semine e produzione potrebbero risentirne e potrebbe verificarsi una nuova impennata dei prezzi nel 2009/10, con crisi alimentari perfino più gravi di quelle registrate finora. La crisi finanziaria degli ultimi mesi ha amplificato la tendenza al ribasso dei prezzi, ha contribuito a restringere i mercati creditizi ed ha introdotto una grande incertezza sulle prospettive per l´anno prossimo, e di conseguenza molti produttori stanno prendendo decisioni molto conservative rispetto alle semine. Il forte rialzo dei prezzi registrato nel 2007/2008 ha fatto aumentare il numero delle persone sottonutrite nel mondo che si attesta a 923 milioni. Nella maggior parte dei paesi a basso reddito, prezzi alimentari internazionali più bassi non si sono finora tradotti in prezzi più bassi a livello nazionale. "C´è il rischio reale che, come conseguenza della difficile situazione in cui versa l´economia mondiale, la gente sarà costretta a ridurre il proprio consumo alimentare ed il numero dei sottonutriti potrebbe così aumentare ulteriormente».

I dati di "Food Outlook" evidenziano che l´agricoltura mondiale deve fare i conti con problemi e difficoltà di lungo periodo, che vanno affrontati con urgenza: scarsezza di terra e di risorse idriche, carenti investimenti nelle infrastrutture rurali e nella ricerca agricola, fattori produttivi agricoli costosi in relazione ai costi alla produzione, e mancanza di adattamento al cambiamento climatico.

«Per riuscire a dar da mangiare ad una popolazione mondiale che per il 2050 sarà di oltre 9 miliardi di persone, rispetto ai sei miliardi attuali – si legge nel rapporto Fao - la produzione globale di cibo per quella data dovrà quasi raddoppiare. Questa crescita demografica avrà luogo principalmente nei paesi in via di sviluppo e per lo più nelle aree urbane. Di conseguenza una forza lavoro rurale diminuita dovrà riuscire ad essere molto più produttiva. Questo richiederà maggiori investimenti agricoli in attrezzature, trattori, pompe idrauliche, in macchine trebbiatrici etc, come pure manodopera più qualificata ed una filiera più corta ed efficiente».