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domenica 23 agosto 2009

La televisione.


Non si tratta di una semplice scelta di contenuti. E' il mezzo stesso e la velocità con cui arriva l'immagine a mettere a rischio un cervello e un sistema nervoso-muscolare in sviluppo, come lo è quello dei bambini.

Di nuovo quello che la conoscenza scientifica ed esoterica ci dice per es. nel libro: i pericoli della televisione - soprattutto per i bimbi sotto i 7 anni - sembra ora trovare riscontro e risonanza nelle inchieste sperimentali che hanno coinvolto alcuni ricercatori nell'analisi dei rischi da video.

Tali rischi vedono il mezzo televisivo, più che il PC o i videogames, al primo posto in classifica.

E non si tratta, come ben chiarito dal libro sopracitato, di una semplice scelta di contenuti. E' il mezzo stesso e la velocità con cui arriva l'immagine a mettere a rischio un cervello e un sistema nervoso-muscolare in sviluppo. Il mezzo televisivo è tale da creare contrazione e fissità muscolare in un'età in cui la crescita organica abbisogna di elasticità, espansione e di tanto movimento. Anche se questo gli scienziati non sono ancora in grado di dirlo, in quanto richiede conoscenze interiori e un tipo di saggezza che appartiene alla sfera dei corpi invisibili.

Pian piano però, ci stanno arrivando.

Risale al 4 agosto la notizia di uno studio comparato negli Stati Uniti e in Spagna il quale ha rilevato, analizzando 111 bambini di età tra i 3 e gli 8 anni, che tra tutte le forme di inattività esaminate, quella di guardare la televisione risulta la peggiore. La costante misurata è quella della pressione sanguigna.

Se il sangue è così visibilmente coinvolto vuol dire che lo sono, a monte, cuore, cervello eDna.
La pressione sanguigna più alta risulta, tra l'altro, indipendente dal fatto che i bimbi siano obesi o nel peso forma, come spiega il Dr. Joey Eisenmann, anche kineseologo, alla Michigan State University. Secondo tale studio, pubblicato negli Archivi di Medicina Pediatrica e dell'Adolescenza, lo stesso aumento di pressione non è rilevabile per esempio di fronte allo schermo del pc.

I bambini che guardavano dai 90 a 330 minuti di televisione al giorno risultavano alle misurazioni con una pressione sistolica e diastolica da cinque a sette punti superiore rispetto a quelli che stavano davanti alla tivù meno di mezz'ora al giorno.
L'American Academy of Pediatrics raccomanda quindi che i bambini sotto i 2 anni non dovrebbero guardare la televisione, limitando la visione ai più grandi a una o max due ore al giorno.

Cos'è dunque che rende la visione della tivù più a rischio che giocare ai videogame o navigare in Internet? Certo, i giochi del computer richiedono un certo movimento, come muovere le dita o modificare le posizioni del corpo, ma, si chiedono i ricercatori: «Può essere questo sufficiente a spiegare la differenza?».

Sono state proposte altre possibili varianti. Ad esempio, oltre alla completa inattività richiesta dal mezzo televisivo - che solleva solo il rischio di pressione alta - i bambini possono essere sollecitati, dalla pigrizia della postura presa, a mangiare in modo automatico del cibo pronto-veloce(fast-food). E i tipi di alimenti che i bambini mangiano di solito di fronte alla tv, sono del tipo snack salato, che fa salire ulteriormente la pressione sanguigna.

Prima di arrivare a comprendere quello che succede "nel tempio del cervello", come dicono i Rosacrociani nel libro I pericoli della televisione, e nell'impalcatura aurea e frattale del Dna prima di prendere atto del modo in cui possono interagire le onde fotoniche e l'intermittenza veloce dei lampi-luce ci vorrà ancora del tempo.
E noi, siamo pazienti.

scienzaeconoscenza.it

venerdì 15 maggio 2009

Il mistero di Kodinji: il villaggio dei gemelli.


IMMAGINATE di camminare per strada e vedere un bambino. Poi di girare l'angolo e vederne un altro, identico al primo. Può sembrare la scena di un film di David Linch e invece è una situazione che a Kodinji, villaggio della regione del Kerala, in India, si verifica abitualmente. Perché qui le donne, da circa cinquant'anni, partoriscono quasi sempre figli gemelli. In questa comunità di 2000 anime vivono ben 250 coppie di fratelli identici. Nel 2008, su 300 famiglie che hanno avuto un figlio, sono nate 15 coppie di gemelli, percentuale sei volte più alta rispetto alla media nazionale.

L'India è uno dei Paesi con il più basso tasso di parti gemellari al mondo. E questo piccolo paesino svetta in cima alla classifica con un primato che da anni fa discutere gli scienziati. Finora, solo uno di loro è riuscito a condurre uno studio completo, il dottor Krishnan Sribiju, dell'ospedale locale Tirurangadi Taluk, secondo il quale il numero di gemelli aumenterà in modo esponenziale anno dopo anno, come accaduto finora. Negli scorsi cinque anni sono nate circa 60 coppie. Oggi, quelle registrate sono 250. Alcune conseguenze hanno aspetti grotteschi. Le insegnanti, ad esempio, hanno grosse difficoltà a distinguere i bambini in classe. "Io, quando mi pettino, mi faccio la riga a destra e mio fratello a sinistra - spiega Abhi, 16 anni - mi hanno anche fatto un timbro sul collo".

Sribiju studia il fenomeno da nove anni. E parla al quotidiano britannico The Independent di un'ipotesi interessante: "La causa potrebbe risiedere nell'acqua o nella sabbia. Non crediamo dipenda dal cibo, poiché queste persone non mangiano niente di particolare. Ma nell'acqua che bevono ci sono metalli pesanti, a causa dell'inquinamento delle falde. Ci vorranno comunque anni, per venirne a capo".

L'esperto esclude che la causa sia l'alta percentuale di matrimoni fra consanguinei nella comunità musulmana: "Il fenomeno non è circoscritto a queste famiglie ma interessa tutta la comunità, e le coppie che si trasferiscono in questa zona cominciano a partorire figli gemelli dopo pochi anni di permanenza. E' un'area geografica molto piccola. E la causa sembra più esterna che genetica".

La maggior parte dei gemelli di Kodinji, spiega Sribiju, non sono identici, e questo significa che c'è qualcosa che fa produrre alle madri uova in più. I gemelli infatti possono essere di due tipi, dizigoti e monozigoti. Quelli dizigoti sono i più comuni (circa i 2/3 di tutti i parti gemellari) e derivano dalla fecondazione di due cellule uovo da parte di due spermatozoi. I monozigoti, detti anche monovulari, derivano da una singola cellula uovo fecondata da uno spermatozoo e poi scissa in due embrioni, quindi sono identici. Esiste anche una terza categoria, i gemelli bizigoti o "semi-identici", che nascono da una cellula uovo fecondata da due spermatozoi. La maggior parte dei parti gemellari di Kodinji sono dizigoti.

"Dev'esserci qualcosa che stimola le donne a produrre uova - conclude lo studioso - in Paesi occidentali come Inghilterra, Spagna o Francia l'utilizzo di farmaci che stimolano la fertilità ha portato a un incremento dei parti gemellari, ma queste tecniche non sono disponibili in questa parte dell'India e la causa non può essere quella".

"E' una teoria interessante, l'inquinamento potrebbe essere una causa - spiega la dottoressa Lucia Pasquini, responsabile del Centro di medicina fetale dell'azienda ospedaliera universitaria Careggi di Firenze - ma è difficile dimostrarlo. I parti di gemelli dizigoti sono legati a moltissimi fattori, dall'età della madre al suo albero genealogico fino alle condizioni socio-economiche della famiglia. La percentuale di monozigoti invece è mediamente identica in tutto il mondo, indipendentemente dalle condizioni ambientali ed economiche".

Kodinji non è l'unico posto ad avere un altissimo tasso di parti gemellari. Anche il villaggio di Mohammad Pur Umri, vicino alla città indiana di Allahabad, si trova nella stessa situazione, così come il villaggio brasiliano di Candido Godoi. La percentuale più alta in assoluto la troviamo però in Africa, nella tribù nigeriana degli Yoruba: circa 45 nascite ogni 1000 sono gemellari. Il dottor Sribiju si è già messo in contatto con queste comunità, sperando che un confronto posssa aiutare a risolvere il mistero.

Un minorenne su dieci fa uso di psicofarmaci.


Roma – Psicofarmaci di ultima generazione, gli SSRI (come il Prozac e il Paxil che aumentano la serotonina, sostanza che da sollievo al nostro umore), le cui prescrizioni e la vendita si sono triplicate negli ultimi anni in Italia.

Anti-depressivi che circa 5 milioni di italiani usano regolarmente, tra cui il 7 per cento degli adolescenti e, si stima, anche un bambino su dieci.

Dati che si trasformano in incassi colossali per le aziende farmaceutiche ma che si stanno macchiando di un’aurea oscura per colpa di alcuni effetti collaterali che questi SSRI sembrano far emergere nel lungo periodo, soprattutto negli adolescenti.

Alcune settimane fa il Washington Post ha riportato i risultati di un nuovo studio federale svolto negli USA che vanno a confermare altri casi precedenti: gli psicofarmaci ai bambini sono inutili sul medio-lungo periodo.

La nuova ricerca ha indicato che un impiego a lungo di SSRI nei bambini in cura per la sindrome di iperattività (“Adhd”) può arrestare la crescita dei minori, aumentare le tendenze suicide e rivelarsi anche meno risolutore di problemi rispetto a una terapia basata sulla parola.

Ma i campanelli d’allarme erano già suonati ripetutamente rimanendo però imbrigliati nel potere di marketing delle case farmaceutiche e l’operato non incisivo della FDA americana (la Food and Drug Administration che deve controllare tra le altre cose anche i farmaci in commercio e i suoi effetti).

Nel 2006 la FDA impose alla casa farmaceutica Eli Lilly & Co. di rivedere l’etichetta del farmaco Strattera per includere l’avvertimento sui rischi di pensieri suicidi in bambini che lo assumevano. Nello stesso anno sempre la FDA ha approvato il rinnovamento dell’etichettamento per l’antidepressivo Effexor che ora indica che il farmaco può indurre a ideazioni omicide.

Nel 2006 una ricerca del British Journal Psychiatry della durata di quasi 12 settimane su bambini che usavano antidepressivi evidenziò che il 2/3 di questi soggetti venivano coinvolti in episodi auto lesivi o di tentato suicidio.

Tutti effetti che vengono alla luce a farmaco già in commercio perché le case farmaceutiche non hanno l’obbligo di pubblicare tutti i risultati legati ai test di un nuovo medicinale. “Si ha la sensazione che siano troppe le medicine innovative che arrivano sul mercato, ottimamente tollerate, ma che dopo alcuni anni o mesi si scoprono controindicazioni, e che subiscono restrizioni, fino alla sospensione”.

Le parole del dottor Silvio Garattini, direttore dell’Istituto ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, si allacciano all’accusa che le lobby farmaceutiche siano veloci ad immettere nuovi farmaci in commercio rendendo noti solo i risultati di tollerabilità nei soggetti che ne fanno uso, confermando la tendenza di medicine “me too”, cioè farmaci fotocopia di altri già in commercio che introducono solo piccole variazioni nelle sostanze che contengono investendo pochissimo in nuove ricerche e studi sulle stesse.

A tal ragione lo stesso Garattini conferma che “la ricerca viene fatta solo in pochi centri, si concentra su poche aree con grande mercato da cui si aspetta un forte ritorno”.

E in Italia? Proprio in questi giorni la Direzione Generale Sanità della Lombardia ha diramato a tutte le USL e agli ospedali della regione un documento predisposto dal Centro Regionale Di Farmacovigilanza sulle reazioni avverse collegate all’uso di antidepressivi, basandosi su segnalazioni spontanee di reazioni dannose tra gli anni 2001-2008.

I casi con reazioni avverse sarebbero una trentina, tra cui due decessi, e il documento invita le Usl a monitorare la prescrizione di questi farmaci, soprattutto gli SSRI, a soggetti in età pediatrica e adolescenziale.

A marzo di quest’anno il CNR di Pisa, che ha curato la parte italiana dello studio dell’ESPAD sull’uso di alcol, droga nelle scuole, ha reso noto che un minorenne italiano su 10 utilizza impropriamente psicofarmaci senza prescrizione medica.

Sempre in Italia, a marzo di quest’anno, è stato reso noto dal “Bollettino di farmacovigilanza AIFA” che due bimbi in terapia per ADHD, a cui veniva somministrato il farmaco Strattera che contiene atomoxetina, hanno manifestato tendenze suicide. Il fatto era accaduto nel 2008 ma l’Agenzia Italiana del Farmaco lo ha comunicato solo mesi dopo.

“E’ incomprensibile come l’AIFA non abbia emesso sollecitamente un comunicato su questi fatti così gravi. Lo Strattera è lo psicofarmaco più utilizzato in Italia per sedare i bambini troppo aggressivi o distratti”. La protesta di Luca Poma, giornalista e Portavoce nazionale di “Giù le Mani dai Bambini”, delinea ancora una volta l’inspiegabile lentezza con cui vengono denunciati gli effetti collaterali di alcuni farmaci da parte delle agenzie nazionali predisposte al controllo.

Nell’Intervista a Poma si parla anche delle mancate risposte dell’AIFA sulla richiesta di revisione dei protocolli di prescrizione dei farmaci antidepressivi e del perché bisogna cercare di evitare di ricorrere ai farmaci negli adolescenti. Intanto il presidente Obama ha incaricato l’afro-americana Margareth Hambury di riformare l’FDA che dai tempi dell’amministrazione Bush è inciampata in una serie di scandali per sospette collusioni con l’industria farmaceutica.

Tutti si augurano che questo sia un segnale importante, che la filosofia del “farmaco facile e fai da te” possa venire abbattuta e che i miliardi di incasso delle case farmaceutiche non siano l’unico obiettivo di queste medicine alla portata di tutti, anche di ogni bambino del mondo.

Vincenzo Malara

mercoledì 15 aprile 2009

La droga televisiva .


di Valerio Pignatta - 10/04/2009

“Il principale pericolo dello schermo televisivo non sta tanto in quello che esso fa fare (benché anche lì vi sia un pericolo) quanto in quello che impedisce di fare: i discorsi, i giochi, le festività e le discussioni familiari attraverso le quali avviene gran parte dell'apprendimento del bambino e si forma il suo carattere”. L’autore ci parla del rapporto, troppo stretto, tra bambini e tv.


Gli studiosi dei mass media hanno confermato ormai da alcuni decenni che la televisione è un elemento di socializzazione in competizione con i fattori tradizionali della stessa quali la famiglia, la scuola, laChiesa e il gruppo di pari. Addirittura alcuni sociologi propendono per la predominanza di essa su tutti gli altri.

In effetti la tv è oggi la principale narratrice dei fatti della vita e del mondo. I bambini, in particolare, acquisiscono attraverso di essa informazioni e panoramiche sugli eventi più disparati dell'esistenza prima ancora di poterli pienamente comprendere e interpretare. Questa assimilazione passiva, ed eccessivamente precoce, crea anche aspettative precise rispetto agli avvenimenti futuri nonché stereotipi difficilmente poi realizzabili nell'esistenza reale.

Questa stessa esposizione al mondo adulto, erotico e violento televisivo porta quindi da una parte a quella che il critico delle comunicazioni statunitense Neil Postman ha definito “la scomparsa dell'infanzia” e in secondo luogo alla formazione di una futura umanità delusa della vita reale e proiettata invece nella vita televisiva, unico luogo inesistente in cui è possibile ritrovare un senso all'esistere.

Questa trasposizione dal mondo materiale a quello elettronico è paragonabile alla estraniazione magica che si può provare sotto gli effetti di uno stupefacente di “buona qualità”. Solitamente in questa situazione un adulto è quasi sempre consapevole di essere in uno stato alterato di Coscienza sebbene controlli sempre meno il desiderio di ricorrervi quanto più spesso è possibile. Un bambino invece assomma a quest'ultima dipendenza anche la confusione tra quello che è veramente reale e quello che avviene solo nella Mente di sceneggiatori e conduttori televisivi e che nella realtà proprio non esiste.

Il Giornale Online
La tv sottrae ai bambini molto tempo ad altre forme di socializzazione

Se tutto ciò può sembrare esagerato si possono qui riportare alcuni conti che chiunque può fare.

Un bambino in età prescolare (da due a sei anni) che ha passato un quarto della sua giornata (a volte ne passano di più) a guardare la tv avrà passato almeno 5000 ore (o forse molte di più) a guardare immagini di un improbabile mondo virtuale. Per un bambino che non l'avrà fatto queste stesse 5000 ore saranno tutte zeppe di altre attività cognitive. E, come qualsiasi educatore sa, non si può obiettare che questa non sia una differenza sostanziale, qualsiasi siano i programmi televisivi visti.

Ossia: «Il principale pericolo dello schermo televisivo non sta tanto in quello che esso fa fare (benché anche lì vi sia un pericolo) quanto in quello che impedisce di fare: i discorsi, i giochi, le festività e le discussioni familiari attraverso le quali avviene gran parte dell'apprendimento del bambino e si forma il suo carattere» (Winn, Marie, La droga televisiva, Armando, Roma, 1978, p. 123). Alcuni studiosi si spingono a spiegare l'esplosione statunitense della cultura delle droghe degli anni Sessanta con l'indigestione di tv dei ragazzini degli anni Cinquanta. Il distacco dalla realtà che caratterizza lo stato mentale delle due situazioni è infatti simile.

Il fatto che alcuni oppongano a questa visione la motivazione che la tv comunque aiuta i bambini a divenire più svegli e furbi che non un tempo, da un punto di vista pedagogico non regge. Essere smaliziati ed essere maturi non è esattamente la stessa cosa...

Bisogna poi trasferire l'attenzione dal cosa guardano i bambini al perché e al quanto guardano e al cosa stanno perdendo in conseguenza di questo.

Il Giornale Online
La tv è la baby-sitter elettronica di molti bambini


Pretendere che tutte queste ore passate davanti alla baby-sitter elettronica non abbia conseguenze sulla vita sociale dei bimbi è veramente illusorio. Uno studio messo a punto in California già all'inizio degli anni Novanta aveva appurato che il tempo massimo di attenzione consecutiva dei bambini delle scuole elementari era di 7 minuti, ossia esattamente il tempo degli spot pubblicitari televisivi. Elaborare programmi educativi di un certo spessore con questi ritmi è davvero un'impresa eroica.

I bimbi rappresentano la più vasta audience televisiva rispetto alle altri classi di età. Essi sono i futuri adulti della nostra società. Se la percezione della realtà che essi hanno è deformata, la società che costruiranno ne sarà lo specchio. Vanno quindi messi a punto accorgimenti per proteggere i bambini da un'eccessiva esposizione a questo tipo di manipolazione mentale. Se questo può oggi sembrare un'affermazione folle si può ricordare che in tempi in cui il comune buon senso non rientrava ancora tra le specie in via d'Estinzione questa visione era un sentire comune e diffuso nella società.

Il Giornale Online
Negli anni Cinquanta, in Italia e Gran Bretagna era stato proposto di inserire un'ora di silenzio dopo i programmi per bambini per disincentivarne il prolungamento davanti alla tv.


Negli anni Cinquanta, in Italia e Gran Bretagna era stato proposto di inserire un'ora di silenzio dopo i programmi per bambini per disincentivarne il prolungamento davanti alla tv.

Il fatto che il business non si può permettere la perdita di una così vasta fetta di telespettatori ha probabilmente impedito un'evoluzione in questo senso. A ciò si deve affiancare la circostanza per cui, purtroppo, ai genitori fa comodo parcheggiare i bimbi davanti alla tv, perché questo permette loro di svolgere alcuni lavori in modo più tranquillo, oltre che rappresentare una facile e sicura soluzione alle crescenti difficoltà che essi incontrano nel prendersi cura dei bambini.

Nel 2002, effettivamente, si è portato a termine un Codice di autoregolamentazione per le emittenti radiotelevisive che mira a tutelare i giovani telespettatori risparmiando loro violenza e affini. Ma come tutti possono vedere in gran parte esso non viene rispettato. E comunque il nocciolo della questione, per quanto possa parere strano, non è la qualità di ciò che viene visto (seppur sia confermato che la visione ripetuta di atti di violenza condizioni comportamenti conseguenti nei bambini) ma più che altro la quantità di esposizione al “mezzo”.

Il Giornale Online
Il nocciolo della questione non è la qualità di ciò che viene visto ma la quantità del tempo di esposizione al “mezzo”.


Come dice Postman: «[...] in ogni strumento è insito un pregiudizio ideologico, una predisposizione a costruire il mondo in un modo piuttosto che in un altro, a sopravvalutare una cosa rispetto a un'altra, a magnificare le proprie percezioni, le proprie capacità o atteggiamenti a svantaggio di altri. Il famoso aforisma di Marshall McLuhan, “Il medium è ilMessaggio ”, voleva dire proprio questo» (Postman, Neil, Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia, Bollati Boringhieri, Torino, 1993, p. 20). E il mondo che vediamo uscire dalla tv è proprio quello che vogliamo per i nostri bambini?

È palese che la televisione non è per niente strutturata in modo di dare informazioni circa il mondo reale ma che si propone essenzialmente come obiettivo primario (se non unico oltre quello della manipolazione Politica) quello di vendere merci.

Possiamo quindi facilmente arguire che la tv è un mezzo di mercato e i valori che diffonde sono quelli commerciali. Tali valori sono quelli che si stanziano nelle menti dei piccoli futuri cittadini del pianeta insieme ad una concezione fortemente aggressiva della vita ed ad una sessualità immaginifica o chimerica. Facciamo in modo che questo non possa continuare nella nostra totale indifferenza. A cominciare da noi stessi e dalle nostre scelte di tutti i giorni.

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lunedì 2 febbraio 2009

Rifiuti mentali zero.


Il 10% dei bambini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni soffrirebbe di un disagio mentale. Una percentuale altissima, ma purtroppo inevitabile in una società "disturbata" come la nostra. Quel che è certo è che spesso le cure proposte sono nettamente peggiori dei mali che dovrebbero curare.


Secondo i ricercatori dell'Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “Eugenio Medea” di Lecco (www.emedea.it), che hanno da poco reso noto i risultati di un loro studio sulle patologie psichiche dei preadolescenti in aree urbane, circa il 10% dei bambini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni soffre di un disagio mentale.

Il conseguente allarme dei mass media in merito, lanciato nei giorni scorsi, lascia davvero sgomenti. Ma per due motivi solitamente non considerati: il primo è che nessuno si domanda l'eventuale causa primitiva di reali disagi. In secondo luogo, nessuno obietta all'eccessiva omologazione ed “etichettatura” dei soggetti più deboli e indifesi in corso nelle nostre società. E ci sarebbe pure un terzo argomento, perlomeno di interesse sociologico, su cui nessuno pure si pone domande: perché le aree urbane? Ma lasciamo perdere.

Si plaude invece alle iniziative di carattere “scientifico” che potrebbero invischiare ancora più bambini nella tela del ragno, dato che molti, “purtroppo”, vi scappano. Le segnalazioni sono poche, i genitori restii, le insegnanti hanno già da fare...

Meno male che ci sono solerti cittadini e medici che si occupano di individuare e segnalare questi bimbi devianti ai “servizi mentali” competenti, per l'opportuno trattamento di turno previsto, psichiatrico o psicologico. Le iniziative di questo genere intendono dare vita ad applicazioni sanitarie mirate che portino alla realizzazione, testuali parole, di “città del sorriso”... Vi ricordate di Fahrenheit 451?

Ma proviamo invece a capovolgere la situazione.

Fantastichiamo infatti che esista uno studio che ci conferma come una buona percentuale di psichiatri o psicologi o medici soffre di turbe emozionali, disagi psichici, alcolismo e aspirazioni suicide. Siamo molto lontani dalla realtà? Per i medici è appurato un livello di alcolismo e depressione decisamente allarmante e diffuso, ma nessuno ne parla mai. Perché non realizzare ricerche sui cani da guardia anziché sul gregge? A chi giova il controllo di quest'ultimo?

Va una volta per tutte, presa vera coscienza fattiva che molti di questi professionisti, come del resto molti dei loro colleghi avvocati, commercianti, impiegati, politici, ingegneri, giornalisti, industriali, operai e insomma la grandissima parte della cosiddetta umanità adulta, in effetti soffre sconsideratamente di disturbi psicologici anche gravi, come tendenza alla guerra, simpatie per la strage e lo stupro, inclinazione allo sfruttamento del proprio prossimo, avidità, maschilismo, spreco, distruzione ambientale...

Siamo tutti coinvolti in “disturbi mentali” che stanno portando il pianeta allo sfascio. I bimbi di oggi che futuro possono immaginare?

Siamo una società veramente “modello” per gli occhi di un bambino... Bambino spesso lasciato solo parecchie ore al giorno davanti a un contenitore elettronico vuoto di valori, ma zeppo di personaggi evanescenti, che nuotano in superficie, si accaniscono per il guadagno facile, si svendono per pochi istanti di eternità mediatica, si genuflettono ai piedi dei potenti con malcelato servilismo.

E se un adolescente è l'unico, per scelta, a non avere il cellulare nel suo liceo, viene interrogato dagli insegnanti: c'è qualche problema in famiglia?

E sono gli stessi psicologi che poi lanciano l'allarme: il telefonino rende dipendenti i propri figli che non hanno più la possibilità di divenire adulti. Però le azioni a livello sociale non sono poi conseguenti e la discriminazione viene effettuata a rovescio su chi cerca un percorso di crescita al di fuori dei disvalori consumistici, dominanti anche nelle menti di medici, psichiatri e insegnanti (che sono coloro che dovrebbero formare in buona parte l'educazione dei nostri figli).

I veri ammalati quindi non sono i bambini, ma la nostra società. Può sembrare molto ovvio, ma di fatto nessuno - politici, medici, sociologi ecc. - si preoccupa di fare prevenzione in tal senso. È sempre il solito meccanismo della medicina ortodossa: curare il sintomo anziché la causa. Mettiamo in terapia i bimbi con disagio mentale senza interessarci a monte dei loro genitori, del tasso di separazioni, dei motivi che le causano, della pubblicità consumistica aggressiva che distrugge i più deboli, dello stress da lavoro che richiede questo sistema economico, del carrierismo sul cui altare si sacrificano i propri figli ecc. ecc.

E poi stupiamo dei bimbi con disagio e/o problematici. Veramente dovremmo stupire se avvenisse il contrario. Significa che ancora gli umani, nel loro intimo, sono sani, il loro seme aspira a un mondo decisamente diverso e armonioso che è in contrasto feroce con il grigio Blade runner tecnologico che ci prospetta il presente.

E quando la scienza non è eretta su basi umanistiche ed etiche sfocia in raccapriccianti orrori. Si possono fare molti esempi. La Eli Lilly risarcirà 62 milioni di dollari a 33 Stati federali americani per promozione illegale di un antipsicotico (Zyprexa) che veniva proposto anche per uso pediatrico pur non avendone l'autorizzazione. Il farmaco è accusato di provocare diabete, obesità e iperglicemia. Mica noccioline.

La compagnia ha già patteggiato la chiusura di circa 31.000 cause avviate da pazienti che hanno utilizzato lo Zyprexa, pagando 1,2 miliardi di dollari di risarcimenti. Proseguono invece le cause di assicurazioni e azionisti

La paroxetina è un altro farmaco utilizzato con minori che può essere citato per i suoi effetti estremi. Prodotto dalla Glaxo Smith Kline sotto vari nomi commerciali come Paxil (negli USA), Seroxat (in Italia), è costato alla sua azienda produttrice 40 milioni di dollari di sanzione (la notizia è sempre dello scorso ottobre, come per la Eli Lilly). L'accusa è di promozione e diffusione di utilizzo presso bambini e adolescenti nei quali, sperimentazione clinica alla mano, l'effetto sulla depressione pediatrica non superava l'effetto placebo dello zucchero in compresse.

Al contrario, il ricorso a questo farmaco nei minori ha dato luogo a tendenze suicide e autolesioniste anche su soggetti mai prima affetti da turbe psichiatriche di questo tipo. Dato che il farmaco non era approvato per la depressione dei bambini, nel foglietto illustrativo non c'erano avvertenze particolari. Questo non ha impedito alla macchina del marketing della multinazionale di promuoverlo in tal senso, né ai medici di prescriverlo con assoluta e totale leggerezza/fiducia (alcuni poi sono stati indagati per questo).

E non abbiamo preso in considerazione il Ritalin su cui si sono scritti fiumi di articoli rispetto ai danni che esso provoca nei bimbi (cui viene prescritto in funzione anti-iperattività), tra cui un aumento del rischio suicidio. E sono solo alcuni esempi.

Che cosa ci vogliamo allora aspettare da un sistema di questo genere? Stigmatizziamo i bambini e li isoliamo in un mondo di pillole della felicità? Pensiamo che scansionare loro il cervello alla ricerca di traumi psicologici li aiuti davvero o stiamo semplicemente rovistando nella spazzatura? Uscirne con le mani pulite è impossibile.

Andrebbe prima fatta la raccolta differenziata, evitati i rifiuti inutili e mantenuto uno stile di vita sobrio e moralmente integro. È la strategia “rifiuti zero”. Allora tutto il resto viene da sé. Senza pericolosi effetti collaterali e discariche abusive.
http://www.terranauta.it/a736/salute_e_alimentazione/rifiuti_mentali_zero.html

domenica 4 gennaio 2009

BOSNIA : Vaccini avvelenati.......


Più di dieci bambini sono stati avvelenati da dosi di mercurio contenute nelle soluzioni mediche dei vaccini, mentre circa 22 bambini sono stati avvelenati con dosi di mercurio. Questo il drammatico epilogo dello scandalo per i vaccini per bambini donati dall’UNICEF alla Bosnia Erzegovina nel 2004. Ora si sta diffondendo il panico tra i genitori dei bambini che, dal 2002 al 2007, hanno assunto quei vaccini, temendo per la vita del proprio figlio.


Oltre dieci bambini sono stati avvelenati da dosi di mercurio contenute nelle soluzioni mediche dei vaccini. Questo il drammatico epilogo, scoperto dalla NGO SOS telefono 1209, dello scandalo per i vaccini per bambini donati dall’UNICEF alla Bosnia Erzegovina nel 2004. La NGO, nel corso delle sue indagini, ha scoperto che circa 22 bambini sono stati avvelenati con dosi di mercurio, impiegando più di un anno per denunciare un crimine compiuto da una delle organizzazioni internazionali di maggior prestigio come l'UNICEF. Ora si sta diffondendo il panico tra i genitori dei bambini che, dal 2002 al 2007, hanno assunto quei vaccini, temendo per la vita del proprio figlio. Sead Cizmic, genitore di un bambino di 10 anni, ha messo a disposizione dei media la sua testimonianza confermando che lo stato di salute di suo figlio, dopo aver effettuato il vaccino, è peggiorato.

"Mi sono recato a Novi Sad e ho parlato con un dottore che mi ha confermato che la salute di mio figlio è stata compromessa da un vaccino DTP tossico. Però, quando ho chiesto se avrebbe potuto confermare pubblicamente questa cosa, con il suo parere medico, è sparito". Secondo Jadranka Savic , direttrice del Telefono SOS, ritiene che la paura dei genitori non è certo immotivata, visto che gli esami elaborati dall'istituto Philippe Ogist hanno rivelato tracce di mercurio nel corpo delle due bambine di Banja Luka. L'istituto francese è stato contattato dai genitori e dalla stessa SOS, che hanno preso i primi provvedimenti per scoprire cosa contenessero i vaccini del DTP dell’Unicef, mentre i Ministeri della Salute della RS e della Federazione non hanno ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale a tal proposito.

"Sino ad oggi tutti tacciono, anche in presenza delle prove fornite dall'istituto francese di Parigi. Tantissimi bambini sono stati avvelenati con dosi di tiomersal, sostanza contenuta nei vaccini DTP dal 2002, ed è davvero scandaloso che nessuno degli ufficiali abbia ancora detto niente", dichiara Savic, denunciando così apertamente che le istituzioni sanitarie della Bosnia abbiano nascosto per lunghi 6 anni il coinvolgimento di organizzazione locali ed internazionali. "Posso confermare che l’Istituto per la salute della Federazione della BiH era a conoscenza di quanto accadeva sin dal 2002, quando sono i vaccini stati messi sul mercato e quando si sono verificati i primi catastrofici episodi - continua Savic - e mi riferisco sopratutto alla responsabilità di Zlatko Vucina, direttore dell’Istituto". A sua discolpa, l’Istituto della Salute della Federazione ha confermato che nessun bambino, che abbia assunto il vaccino DTP, è stato avvelenato. "Il vaccino DTP è stato fornito dalla compagnia australiana CSL Limited, che ha presentato tutti i certificati di garanzia dell’Organizzazione Mondiale per la salute. Tiomersal viene utilizzato per la produzione di tutti i vaccini a partire dal 1930 e non esiste alcuna prova che il vaccino sia tossico", dichiarano delle fonti dell’Istituto, negando così ogni rilievo dell'esistenza del mercurio all’interno dei vaccini somministrati con la collaborazione dell’Unicef.



La Savic cita tra i probabili responsabili anche il Ministro della salute della RS, Ranko Skrbic, considerando che in quel periodo era uno dei principali collaboratori dell'UNICEF. Non vi sono ancora prove certe che Skrbic sia stato citato come diretto destinatario delle donazioni Unicef, ma ad ogni modo la sua posizione potrebbe essere a rischio, secondo la Savic, se verrà confermato dall’Istituto di Parigi che sono stati avvelenati anche altri tre bambini. Savic prevede che presto vedremo scorrere sul tavolo del Governo le prime dimissioni dei responsabili per la vigilanza sanitaria sia della Federazione della BiH che della Srpska, e gli stessi tribunali saranno inondati dalle cause dei genitori contro gli ufficiali coinvolti. Inoltre, la NGO SOS, tramite la Istocno Sarajevo, ha accusato presso la procura di Banja Luka il Ministro della salute della RS Ranko Skrbic, con l’accusa di aver agito per nascondere la verità sui vaccini DTP.

Jadranka Savic ha confermato che anche l’Istituto per la tutela della salute della RS ha mentito sui vaccini al mercurio dichiarando - sulla base della documentazione fornita dall'UNICEF - che gli stessi vaccini sono stati testati presso l'Agenzia medica della Serbia a Belgrado. La "SOS telefono 1209" ha infatti reso noto che l'agenzia serba non ha confermato quanto affermato dall'istituto della RS.“Nel nostro archivio non esistono neanche i dati dei vaccini UNICEF del 2002. Forse perché si non si sono riscontrati particolari problemi, ma la prassi vuole che vengano registrati in quanto danno sempre degli effetti collaterali. Ad ogni modo occorre identificare quale carica del sistema non ha fatto bene il suo lavoro", riporta la dichiarazione rilasciata dall’agenzia serba rispondendo alle domande della NGO SOS.

I risultati dei test sono stati pubblicati dal quotidiano Press, provocando la dura reazione del Ministro Skrbic, il quale ha minacciato di ricorrere a mezzi legali contro l’offesa della professionalità e dell’onore della sua persona commessa dal redattore dei servizi. "Mi interessa sapere se avete considerato quali saranno le conseguenze della pubblicazione di false informazioni che spaventano i genitori e provocano il panico tra la popolazione. Come tutti i media, avete ricevuto le informazioni del Ministero secondo cui i vaccini DTP non sono dannosi per la salute dei bambini. Durante più di 70 anni per la loro produzione, nessuno mai ha trovato qualcosa che non fosse confermata anche dall'Organizzazione mondiale per la salute. Se questo non vi bastava, perché non avete contattato un esperto neutrale per ottenere giuste informazioni da pubblicare. Titolando "Skrbic protegge agli avvelenatori dei bambini" avete diffamato sia il Ministero della salute, sia la mia persona. Così al vostro giornale di porgere le vostre scuse ufficiali per tutte le informazione false che sono state pubblicate. Se non farete ciò che vi viene chiesto, il Ministero reagirà legalmente", scrive il Ministro Skrbic nella sua lettera di avvertimento rivolta al quotidiano Press. A tali minacce risponde lo stesso giornale, controaccusando il Ministro, il quale ha dimostrato una gravissima irresponsabilità non rispondendo alle quattro lettere inviate al suo ufficio stampa, e rifiutando sino all'ultimo minuto di effettuale un' intervista il quotidiano Press.

Accanto al Ministro Skrbic, secondo la stessa SOS, esistono delle evidenti responsabilità a carico sia dell’Organizzazione Mondiale per la salute (WHO) , sia dell’Unicef, che hanno sempre sostenuto che i vaccini non avevano alcun problema. "Non esiste nessun collegamento con le malattie contratti dai bambini e i vaccini DTP. Il mercurio si trova ovunque intorno a noi, e ognuno di noi ha una certa quantità di mercurio dentro il proprio corpo, ed ogni analisi che viene effettuata può confermare che non potrebbe collegarsi al vaccino o allo sviluppo neurologico dei bambini", ha dichiarato Skrbic dopo giorni di silenzio. A suo parere, il tiomersal viene aggiunto per proteggere i vaccini dall’attacco di batteri e funghi, come forma di conservante utilizzato ovunque nel modo per la produzioni di vaccini. Conferma inoltre che, dopo il test dell'UNICEF, i vaccini hanno superato un altro test presso l'Istituto Torlak di Belgrado, ed ogni effetto sui bambini è risultato negativo. Tuttavia ora bisogna chiarire una situazione che ha gettato nel panico sia genitori dei bambini che hanno assunto i vaccini in quel periodo, sia tutti i cittadini che, a questo punto, hanno meno fiducia sulla reale provenienza delle medicine che vengono vendute nelle farmacie e che, dall’oggi al domani, potranno seriamente danneggiare la salute del popolo.

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sabato 13 dicembre 2008

SOS bambini SOS


Crescono del 2 per cento l'anno le neoplasie infantili in Italia. Con picchi spaventosi in prossimità di aree industriali o inquinate. Colpa di smog e pesticidi. E della contaminazione della catena alimentare

Nelle Marche tra il 1988 e il 1992 il Registro tumori ha segnalato 93 bambini malati. Dieci anni dopo, sono diventati 171. Un raddoppio secco. A Parma i casi sono passati da 27 a 53. A Sassari, nello stesso arco di tempo, gli under 14 ammalati di tumore sono triplicati. Il bollettino è agghiacciante, la fonte autorevole: i numeri che nessuno vorrebbe leggere li sciorina il rapporto Airtum 2008, il primo del suo genere, cofirmato dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, dall'Associazione di ematologia e oncologia pediatrica e dall'Istituto superiore di sanità.

Lo studio evidenzia che nel nostro Paese, tra il 1988 e il 2002, c'è stato un aumento medio dei tumori infantili del 2 per cento l'anno. I tumori sono bastardi, nessuno sa esattamente quale sia la causa. Per ogni cancro ci sono diversi fattori di rischio possibili, e tutti lavorano insieme ad avvelenare l'organismo. Così davanti al trend gli epidemiologi intervistati invitano a non trarre conclusioni affrettate, ma quasi nessuno nega che tra i maggiori sospettati ci siano l'inquinamento, i pesticidi e la contaminazione della catena alimentare.

Basta pensare alla diossina che, attraverso le carni, il latte e l' acqua, arriva direttamente sulle tavole: se da giorni l'Europa dà la caccia ai maiali e bovini irlandesi avvelenati, nei mesi scorsi la sostanza cancerogena ha già compromesso interi greggi di pecore che pascolavano a ridosso dell'Ilva di Taranto e migliaia di bufale vicino Caserta.

Il dottor Gianfranco Scoppa il rapporto sui tumori infantili non l'ha letto. Ma la sua percezione sull'andamento delle malattie è addirittura peggiore dei dati pubblicati dall'Airtum. Il radioterapista, ex oncologo del Pascale, oggi dirige l'Aktis di Marano, uno dei più grandi centri di radioterapia della Campania. "Crescono sarcomi, linfomi, leucemie. Vedo entrare troppi bambini, stiamo diventando una struttura pediatrica", spiega. A 800 chilometri di distanza, a Mantova, pochi giorni fa uno studio di una società privata ha messo in allarme la città e la vicina Cremona: nelle due province la frequenza di leucemie infantili sarebbe rispettivamente 20 e dieci volte superiore a quella registrata mediamente in Lombardia.

"I numeri sono abnormi, credo abbiano confuso i singoli casi con il numero, più alto, dei ricoveri", spiega Paolo Ricci, epidemiologo dell'Asl mantovana. "Ma in provincia un dato da approfondire c'è davvero". A Castiglione delle Stiviere, meno di 20 mila abitanti, negli ultimi anni sono stati accertati sette casi di leucemie infantili. "Un fatto anomalo, l'incidenza è rilevante. Ricordiamoci che si tratta della zona più industrializzata della provincia, un distretto dove la mortalità rincorre quella di Brescia".

Anche a Lentini, in Sicilia, i bambini si ammalano con frequenza eccessiva: i tassi del periodo 1999-2003 del registro territoriale di patologia segnano una media dieci volte superiore rispetto a quella della provincia di Siracusa. Picchi anomali che hanno convinto la Procura ad aprire un'indagine per tentare di capirne le origini.

Di sicuro in Italia il trend è anomalo rispetto al resto dei paesi industrializzati: doppio rispetto a quello europeo, addirittura cinque volte più alto rispetto ai tassi americani. Molti si affrettano a spiegare la tendenza con la diagnosi precoce e le nuove tecniche che permettono di cercare le malattie con strumenti più raffinati rispetto al passato. Ma la risposta, per gli esperti più attenti, è insoddisfacente: equivarrebbe a sostenere che tedeschi, francesi e svizzeri (dove l'incidenza è più bassa) sarebbero meno bravi di noi a individuare il male.

Non solo: l'incremento è troppo rilevante. Entrando nello specifico, se nel Vecchio Continente i linfomi infantili aumentano con una media dello 0,9 per cento annuo, in Italia la percentuale sale al 4,6 per cento. Anche le leucemie viaggiano a tasso quasi triplo, mentre i tumori del sistema nervoso centrale crescono del 2 per cento, contro la riduzione dello 0,1 registrata in Usa.
"I dati dei nostri registri trovano un utile complemento in quelli raccolti da registri ospedalieri e di mortalità", commenta secco Corrado Magnani del Centro di prevenzione oncologica del Piemonte: "I risultati concordano con le indicazioni di tassi di incidenza relativamente elevati nel panorama internazionale e indicano un incremento statisticamente significativo dell'incidenza".

In Italia ogni anno si ammalano circa 1.500 bambini e 800 adolescenti dai 15 ai 19 anni. Soprattutto di leucemia (un terzo del totale), linfomi, neuroblastomi, sarcomi dei tessuti molli, tumori ossei e renali. I numeri assoluti sono bassi, e fortunatamente i tassi di mortalità diminuiscono grazie all'efficacia delle cure. L'incidenza, però, sembra destinata a crescere.

"Per i bambini le previsioni non sono rosee", dice l'Airtum: "Le stime, calcolate utilizzando le informazioni raccolte nelle aree coperte dai registri e i dati di popolazione Istat, indicano che ci sarà un aumento dei casi". Se la tendenza resterà costante, nel periodo 2011-2015 si ammalerà il 18 per cento di under 14 in più rispetto al quinquennio 2001-2005. Il fenomeno riguarda sia il Nord che il Sud. Gli epidemiologi hanno preso in considerazione solo i registri che rilevavano i tre periodi presi in esame: quello che va dal 1988 al 1992, il periodo 1993-1997 e quello 1998-2002. A Sassari i bimbi ammalati passano da 12 a 40, a Napoli da 33 a 114. A Latina si passa da 38 a 52, a Modena, Parma, Ferrara e Reggio Emilia stesso rialzo, il registro della Romagna ha raddoppiato i suoi iscritti. Identico trend per l'Alto Adige, mentre l'aumento è meno preoccupante per il Friuli. In Liguria e in Piemonte, che può vantare il registro più antico, l'incidenza è invece stabile, come a Salerno e Ragusa.

Ma cosa sta succedendo? I medici dell'ambiente dell'Isde non hanno dubbi, e considerano l'aumento delle neoplasie dei bambini un indicatore assai preoccupante. Puntano il dito sull'inquinamento selvaggio, sui danni provocati dai rifiuti tossici e dall'uso dissennato di sostanze nocive in agricoltura e nella produzione dei beni di massa. Gli epidemiologi puri - in mancanza di evidenze dimostrate da studi scientifici definitivi - sono tradizionalmente più cauti su cause e fattori di rischio. Stavolta, però, anche loro non escludono che l'inquinamento ambientale e lo stile di vita di bambini e genitori possano avere responsabilità rilevanti sul fenomeno. Benedetto Terracini è uno dei luminari dell'epidemiologia dei tumori, e da qualche settimana ha iniziato un carteggio con alcuni colleghi per cercare di dare un'interpretazione al rapporto, insieme a indicazioni operative per possibili misure di salute pubblica.

"Non si può affermare con certezza che l'aumento sia dovuto all'inquinamento", chiosa, "ma è plausibile che influiscano fattori esterni a quelli genetici: sono decenni che sappiamo che le frequenze tumorali sono correlate all'ambiente. I cinesi che emigrarono in Usa si ammalano oggi esattamente quanto e come gli americani, proprio come accade ai pugliesi a Milano e agli italiani partiti per l'Australia. Il lavoro dell'Airtum è il massimo che si può fare in termini statistici, ma ora bisogna agire". Terracini dubita che in tempi brevi gli scienziati potranno dimostrare definitivamente il coinvolgimento di fattori legati all'inquinamento. "Ma anche se non si può dire che benzene e smog fanno venire il cancro agli under 14, si possono applicare rapidamente politiche precauzionali: non servono certo altri studi per sostenere che vivere vicino a una strada a grande traffico non fa bene alla salute. Bisogna difendere i bambini a priori, senza fare allarmismo usando un tema delicatissimo come le neoplasie infantili".

Se i 'ragionevoli dubbi' sul rapporto tra inquinanti e tumori non sono ancora diventati legge scientifica, serpeggiano con sempre maggior insistenza nelle conclusioni di autorevoli ricerche internazionali. Nel 2005 un report dell'ateneo di Birmingham ha evidenziato che i piccoli che abitano nel raggio di un chilometro da uno snodo di traffico 'importante' hanno un rischio 12 volte più alto di ammalarsi, mentre due anni fa ricercatori delle università di Milano e Padova mostrarono un legame tra inquinamento da diossina prodotto da inceneritori per rifiuti industriali e urbani e l'insorgenza di sarcomi nella provincia di Venezia.

Anche a Mantova un rapporto dell'Asl (che a breve verrà pubblicato dall'Istituto superiore di sanità) ha ufficializzato un nesso tra sarcomi dei tessuti molli e le sostanze diossino-simili osservate intorno al polo industriale di Mantova, dove insistono il petrolchimico dell'Enichem, le Cartiere Burgo, tre centrali termoelettriche, tre discariche per rifiuti tossici e un inceneritore per rifiuti industriali e sanitari. Basata sul contributo di esperti di rilievo come Pieralberto Bertazzi, Pietro Comba, Paolo Crosignani e il compianto Lorenzo Tomatis, la ricerca spiega che il rischio più alto che ha la popolazione residente vicino all'area industriale di ammalarsi (bambini compresi) è legata probabilmente non solo alla diossina e ai Pcb, ma anche ad altri inquinanti: "Sempre comunque di origine industriale". Altre analisi hanno evidenziato i nessi tra leucemie e campi magnetici. La faccenda è molto discussa, ma a tutt'oggi, spiega Magnani, "il dato scientifico non è stato ancora confutato".

Se il rapporto Airtum ha avuto scarsa pubblicità, gli scienziati non mancano di mettere insieme le indicazioni che arrivano da questi studi scientifici con le cifre delle neoplasie infantili in Italia. E non nascondono la loro preoccupazione. Tutti, dal decano Terracini a Franco Berrino dell'Istituto dei tumori di Milano, concordano sul fatto che occorre studiare le sostanze sospettate sia sul piano epidemiologico (ovvero andare a vedere come e quando si correlano agli aumenti di incidenza), sia su quello tossicologico e genetico, per capire in che modo possono indurre il male. All'indomani del rapporto Airtum, qualcuno si spinge anche più in là, e comincia a comporre il puzzle.

Come Gemma Gatta, ricercatrice all'Istituto dei tumori di Milano: "L'aumento generale c'è di certo. E i fattori di rischio sono numerosi: radiazioni, farmaci antinfiammatori usati in passato in Europa, ormoni per l'interruzione della gravidanza. Poi, il consumo di tabacco e alcol da parte della madre in gravidanza, il traffico veicolare, le infezioni e la professione dei genitori". In particolare, l'esperta sottolinea il rischio di chi vive parte della giornata a stretto contatto con sostanze cancerogene come benzene e pesticidi. Ma non è tutto. "Negli ultimi anni le madri allattano meno al seno, fumano di più, i giovani si alimentano peggio: bisognerebbe, anche in assenza di studi definitivi, modificare stili di vita insalubri", chiosa la studiosa. Pure Luigia Miligi, dell'Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica della Toscana, è cauta su cause e concause, e preferisce andare al sodo. "Ho mandato delle mail ai colleghi mettendo l'accento sulla gestione del rischio.

Ci sono cose che possono essere fatte subito, quasi a costo zero. Si potrebbe diminuire l'inquinamento indoor delle scuole evitando l'uso di detersivi con solventi aromatici, ed eliminando i materiali che rilasciano formaldeide". Anche il controllo dei residui antiparassitari in agricoltura, dice la Miligi, dovrebbe essere sistematico: il principio di precauzione e il diritto alla salute deve essere prioritario rispetto a qualsiasi altro interesse. "Ma gli allarmi devono essere gestiti bene. Tre anni fa a Firenze ci fu un picco di leucemie in una scuola materna: le istituzioni si mossero all'unisono, in silenzio, per garantire la sicurezza dei piccoli. Analizzammo ogni rischio, misurammo persino l'eventuale presenza di radon, un gas radioattivo. Non trovammo nulla: a volte certi fenomeni sono del tutto casuali".

di Emiliano Fittipaldi